Vendita degli npls e aumento di capitale, ecco il piano per rilanciare Mps

Prima la cessione di un pacchetto da circa 10 miliardi di euro netti (27 miliardi lordi) di non performing loans, circa la metà di quanti la banca ora ne possiede. Poi l’aumento di capitale da 5 miliardi in modo da presentare al mercato una banca ripulita, solida e pronta per un eventuale matrimonio.

È sostanzialmente questa la tabella di marcia che impegnerà i dirigenti di Banca Monte dei Paschi di Siena e gli advisor, Jp Morgan e Mediobanca, nei prossimi mesi. Un piano serrato che deve realizzarsi già da subito, in vista del primo grande scoglio da superare: la pubblicazione dei risultati degli stress test dell’Eba, l’autorità bancaria europea, prevista per il 29 luglio prossimo.

Per quanto l’esito dei test sia già conosciuto, in particolare da Mps che sarà probabilmente l’unica delle italiane esaminate a essere bocciata, questa deadline sembra rappresentare l’inizio del conto alla rovescia sul futuro della banca di Rocca Salimbeni. Ci si aspettano importanti reazioni sui mercati. E per correre ai ripari ed evitare che il valore della banca in Borsa scenda ulteriormente (oggi è pari a 837 milioni) bisogna attuare in fretta il piano, presentato ieri 26 luglio dalla banca alla Bce.

Ora Francoforte dovrà accendere il semaforo verde prima del consiglio di amministrazione di Mps che venerdì approverà i conti della semestrale ed eventualmente l’intera operazione.

Nel dettaglio, il piano prevede la cartolarizzazione degli npls. Il collocamento delle tranche senior della cartolarizzaizone sarà garantito da un prestito ponte da circa 6 miliardi emesso da Jp Morgan in primis e sottoscritto da un pool di banche. Il prestito poggia a sua volta sulle Gacs, le garanzie di natura pubblica sempre sullo stesso tipo titoli senior.

È qui che entra in gioco il fondo Atlante che a sua volta dovrebbe farsi carico delle tranche junior della cartolarizzazione. Per far questo, il fondo sta raccogliendo i capitali necessari all’acquisto di questi crediti. Parliamo di 3-3,5 miliardi che arriveranno in parte (1,7 miliardi) dalla precedente sottoscrizione, a cui si aggiungono 500 milioni di Cdp e Sga (Banco di Napoli) e altrettanti delle Casse di Previdenza, che proprio ieri hanno accettato di partecipare al fondo. Altre risorse sono in arrivo anche da altre banche (Intesa e UniCredit insieme dovrebbero mettere circa 3 – 400 milioni già promessi) e dalle assicurazioni, fra le quali Generali che starebbe valutando un partecipazione da 150 milioni.

Tolti dal bilancio questi 9,7 miliardi di npl, il passo successivo è dunque l’aumento di capitale per un ammontare pari a 5 miliardi, circa tre volte il valore attuale della banca. Su questo fronte sarebbe attiva sempre Jp Morgan, che ieri avrebbe ricevuto dal cda di Mps il mandato come capofila nell’aumento. Ad affiancarla ci sarebbe, ancora una volta, Mediobanca, che secondo quanto risulta a financecommunity.it starebbe lavorando all’aumento con il team guidato da Stefano Rangone assieme con Francesco Spila.  

Oltre alle due capofila all’aumento dovrebbero partecipare anche Morgan Stanley, Goldman Sachs e Bofa-Merrill Lynch.

Questa parte non sarà semplice. Un aumento da 5 miliardi è un passo enorme per una banca che negli ultimi anni ha già raccolto capitale per 10 miliardi negli ultimi anni – 2,149 nel 2011, 5 nel 2014 e 3 nel 2015 – ma che oggi in Borsa vale appena 827 milioni. In questo senso, il supporto del colosso guidato da Jamie Dimon potrebbe essere cruciale, nonché scongiurare un eventuale e pericolossissimo bail-in. 

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