Cresce il settore della difesa: sicurezza e innovazione tecnologica, i dati di Mediobanca
L’Area Studi Mediobanca pubblica il report sul Sistema Difesa in occasione dell’evento “The Defense era: capital and innovation in the current geopolitical cycle”. Lo studio, presentato in esclusiva dal direttore dell’Area Studi Mediobanca, Gabriele Barbaresco e dall’analista Nadia Portioli, esamina i dati finanziari di 40 multinazionali e di 100 aziende italiane che operano nel comparto della sicurezza, oltre a fornire un approfondimento sulle dinamiche più recenti e prospettiche del settore.

Dimensione politica ed economica della Difesa
Nel contesto attuale, caratterizzato da un’escalation delle minacce alla sicurezza globale, il settore della Difesa richiede ingenti investimenti per assicurare la protezione e la stabilità delle nazioni. Tali investimenti sono finalizzati all’aumento della protezione e all’innovazione tecnologica.
Il finanziamento della Difesa rappresenta una sfida per i governi che devono bilanciare le risorse tra gli investimenti per la sicurezza nazionale e altri beni pubblici più orientati al benessere economico e sociale della popolazione come il welfare. Inoltre, la proprietà pubblica delle imprese della Difesa pone i governi nel ruolo duplice di proprietari e clienti, complicando ulteriormente le decisioni di spesa da sostenere.
La percezione delle minacce esterne e la domanda di sicurezza giocano quindi un ruolo cruciale nel determinare il livello di spesa per la Difesa, influenzando le decisioni politiche e strategiche degli Stati.
Industria mondiale della Difesa: sopra e sotto la superficie
L’escalation delle tensioni geopolitiche innestate dal conflitto in Ucraina e da quello in Medio Oriente ma anche in Sudan e Myanmar, ha determinato una crescente attenzione alle tematiche della sicurezza e un incremento delle spese per la Difesa che hanno raggiunto il massimo storico a livello globale di 2.443 miliardi di dollari nel 2023 (+6,8% sul 2022), pari a 306 dollari a persona. Questo ha avuto un impatto diretto sia sui bilanci dei principali player del comparto sia sui loro rendimenti in Borsa, evidenziandone la dinamicità, la salute finanziaria e industriale, nonché le ottime prospettive. Il corollario è stato un processo di consolidamento particolarmente effervescente.
Se a livello globale si considerano tutte le società con ricavi individuali rivenienti dalla sicurezza superiori al mezzo miliardo di euro, il giro d’affari dell’industria mondiale della Difesa sfiora i 615 miliardi di euro nel 2023 (+9,8% sul 2022). Escludendo gli operatori per i quali non si ha visibilità di dati economico-finanziari (in massima parte i big asiatici) e quelli di minore dimensione, l’analisi dell’industria mondiale della Difesa si concentra sulle 40 principali multinazionali (TOP40) che rappresentano quasi il 60% del giro d’affari complessivo, con ricavi generati dal core business Difesa per 355 miliardi di euro nel 2023 (+6,9% sul 2022 e +18,6% sul 2019).
Le TOP40 multinazionali della Difesa
Delle 40 multinazionali con fatturato individuale superiore a un miliardo di euro nel comparto Difesa nel 2023, 17 hanno sede in Europa (quattro nel Regno Unito, quattro in Francia, due in Germania, Italia e Paesi Bassi, una ciascuna in Polonia, Spagna e Svezia), 16 negli Stati Uniti e sette in Medio Oriente e Asia (due in Corea del Sud e India, una ciascuna in Israele, Turchia e Taiwan).
Lo scenario è da tempo dominato dai gruppi statunitensi, con una quota del 68% dei ricavi aggregati nel 2023, seguiti dai player europei con il 27% e da quelli asiatici con il 5%. L’Italia, rappresentata da Leonardo e Fincantieri, conta per il 14% del giro d’affari europeo e per il 4% di quello mondiale. Il mercato è concentrato: le prime dieci multinazionali rappresentano oltre due terzi dei ricavi aggregati. Il grado di concentrazione è maggiore nel panel statunitense (i primi 10 operatori cubano il 92% del totale) rispetto a quello europeo (86%). Le prime cinque posizioni sono detenute esclusivamente da gruppi a stelle e strisce che da soli concentrano oltre la metà del giro d’affari generato dal core business Difesa: Lockheed Martin (€55,0mld nel 2023), RTX (€36,8mld), Boeing (€31,0mld), Northrop Grumman (€30,6mld) e General Dynamics (€26,8mld). Leonardo (€11,5mld) e Fincantieri (€2,0mld) si collocano rispettivamente in nona e 31esima posizione. I player europei appaiono di un certo rilievo, ma sono ancora lontani dai colossi statunitensi: la loro dimensione media è pari a poco più di un terzo di quella dei gruppi oltre oceano. La classifica europea è guidata dalla britannica BAE Systems (€25,8mld), seguita da Airbus (€11,8mld), Leonardo (€11,5mld), Thales (€10,1mld) e Rheinmetall (€5,1mld); Fincantieri (€ 2,0mld) è 13esima. Rendere più competitive le imprese del Vecchio Continente comporta un consolidamento industriale e una visione sovranazionale di appartenenza a un “tutto” europeo, particolarmente importante per l’ecosistema della sicurezza. L’industria della Difesa dell’UE soffre di un deficit strutturale su due fronti: minore focalizzazione sull’innovazione e minori investimenti rispetto agli Stati Uniti (circa un terzo), oltre a essere ancora frammentata, il che ne limita la portata e l’efficienza, aumenta i costi e ostacola l’interoperabilità, con il baricentro decisionale che rimane in mano ai singoli Stati membri. Per far fronte alla competitività globale e garantire la sicurezza a livello europeo, sono necessari una maggiore integrazione fra le industrie del settore e la costituzione di poli su importanti programmi sovranazionali.
La Difesa è un settore altamente tecnologico caratterizzato da innovazioni dirompenti che comportano massicci investimenti in ricerca. Le spese dell’Unione Europea in R&S per la Difesa ammontano a meno di un decimo di quelle statunitensi: 10,7 miliardi di euro versus 130 miliardi.
Nel quinquennio 2019-2023 la crescita del giro d’affari nella Difesa dei gruppi europei (tasso medio al 3,3%) risulta inferiore a quella dei player statunitensi (4,3%) e di quelli asiatici (12,2%). In risposta alle attuali sfide, per le TOP40 si attende un incremento dei ricavi del 9% nel 2024, a un ritmo più che doppio rispetto a quello del PIL globale (+3,2%), trainato dai gruppi europei in accelerazione su quelli a stelle e strisce: nel 2024 si stima che i player del Vecchio Continente mettano a segno un +11% sul 2023 rispetto al +8% dei big a stelle e strisce. Per il 2025, in un contesto di disinflazione e tassi in discesa, ma di frammentazione del mondo in blocchi sempre meno dialoganti, si prevede una crescita del giro d’affari del 12%, comunque ancora superiore a quella del PIL mondiale (+3,2%). Tale previsione si basa su un ambiente geopolitico relativamente stabile che continua a sostenere i budget per la Difesa, senza considerare i rischi legati a nuovi conflitti e a spinte protezionistiche che potrebbero determinarne un ulteriore aumento, ma include i potenziali effetti che l’amministrazione del neo-eletto Trump potrebbe avere sull’industria della sicurezza, traducendosi nell’acquisizione di ordini aggiuntivi di una certa rilevanza.
La redditività aggregata delle TOP40 appare in diminuzione: l’ebit margin scende progressivamente dal 7,7% del 2021 al 7,2% del 2023 e al 7,1% dei primi sei mesi 2024 (come nel 2019). Il podio è appannaggio delle asiatiche: le indiane Bharat Electronics (ebit margin al 26,5%) e Hindustan Aeronautics (25,9%) e la turca Aselsan (17,2%), tutte a controllo statale. Le società europee riportano margini sempre più soddisfacenti di quelle a stelle e strisce (ebit margin al 7,7% per le prime e al 6,7% per le seconde nel 2023) e i tedeschi si distinguono per la performance migliore (12,5%), quasi il doppio della media del panel. Il podio europeo vede Rheinmetall al primo posto (ebit margin al 13,5% nel 2023), davanti alla franco- tedesca KNDS (12,6%) e alla britannica QinetiQ (12,6%); seguono, con valori sempre a doppia cifra, la polacca PGZ (11,8%) e MBDA (11,1%), joint venture fra Airbus (37,5%), BAE Systems (37,5%) e Leonardo (25%).
In rialzo a doppia cifra gli investimenti nei primi sei mesi 2024 (+11,3% sull’1H 2023), come già accaduto nell’anno precedente (+14,9% sul 2022 e +26,7% sul 2019). Nel 2023, come per la redditività, gli operatori tedeschi si distinguono per l’intensità di investimenti più elevata (5,7% sui ricavi), quasi il doppio della media del panel. Il dato europeo (4,2% nel 2023) è superiore a quello statunitense (2,5%).
Nel 2023 l’ammontare dei dividendi distribuiti dalle multinazionali della Difesa ha raggiunto i massimi dell’ultimo quinquennio (+6,5% sul 2022 e +19,8% sul 2019), pur rimanendo appena al di sotto dei livelli del 2019 in termini di payout ratio (52,1% nel 2023 vs 52,7% nel 2019). Le imprese statunitensi confermano la predisposizione a una più marcata politica di remunerazione del capitale di rischio: il livello di payout ratio si mantiene costantemente più elevato rispetto a quello delle europee, con valori pari al 62,1% per le prime e al 40,8% per le seconde nel 2023. All’opposto figurano le società asiatiche con un’incidenza dei dividendi sull’utile netto ferma al 25,6%.
Le TOP40 della Difesa hanno occupato quasi 1,7 milioni di persone nel 2023 (+8,4% sul 2019 pari a oltre 120mila unità in più). Nel 2024 si prevede un ulteriore incremento dei dipendenti complessivi del 7%, trainato dai gruppi europei (+10%), in velocità doppia rispetto a quelli statunitensi (+5%). Le multinazionali del Vecchio Continente assumono in tutto il mondo, pur mantenendo oltre un terzo della propria forza lavoro all’interno dei confini europei: mediamente il 71% dell’organico lavora in Europa, il 17% in Nord America e il restante 11% in Asia e altre aree geografiche.
Sul fronte patrimoniale, la stabilità finanziaria è migliorata nell’ultimo quinquennio: i mezzi propri sono aumentati del 41,0% e quelli di terzi del 32,9%. A fine giugno 2024, i player asiatici appaiono i più solidi finanziariamente, seguiti dai gruppi europei i cui mezzi propri sono pari a 1,3 volte i debiti finanziari; le multinazionali statunitensi risultano meno capitalizzate, con un rapporto inferiore all’unità (0,7x). In lieve crescita anche la liquidità, pari al 39,9% dei debiti finanziari a fine 2023 dal 37,6% a fine 2019.
La capitalizzazione aggregata delle multinazionali della Difesa si attesta a 1.000,9 miliardi di euro a fine ottobre 2024, pari allo 0,9% del valore complessivo delle Borse mondiali. Le prime posizioni sono occupate da quattro player con valori superiori ai 100 miliardi di euro: RTX (€148,3mld), Lockheed Martin (€119,2mld), Airbus (€111,0mld) e Boeing (€102,8mld). La Borsa e gli investitori dimostrano di apprezzare il valore della sicurezza: da inizio 2022 a fine ottobre 2024, anni di escalation delle tensioni geopolitiche globali, il rendimento azionario dell’industria della Difesa è pari al +72,2%, oltre il triplo del +20,1% segnato dall’indice azionario mondiale, con i player europei più performanti di quelli statunitensi: +128,1% versus +59,0%. Nei primi dieci mesi 2024, il podio del Vecchio Continente in base ai rendimenti di Borsa vede primeggiare Rheinmetall (+66,2%), davanti alla britannica QinetiQ (+55,6%) e a Leonardo (+49,0%), con Fincantieri in ottava posizione (+18,3%).
A novembre 2024, l’assetto proprietario delle TOP40 vede l’88,8% riconducibile al flottante (66,4% investitori istituzionali e 22,4% azionariato disperso); la restante parte si ripartisce tra shareholders pubblici (6,9%) e azionisti privati (4,3%). Sussistono differenze fra le due sponde opposte dell’Atlantico. Il 99,2% dell’azionariato delle società statunitensi, tutte quotate, è riferibile al capitale flottante (79,8% investitori istituzionali e 19,4% azionariato disperso), in linea con il modello di public company prevalente nei mercati anglosassoni, mentre il residuo 0,8% al controllo privato. In Europa, il 70,1% dell’azionariato è riconducibile al capitale flottante (39,8% investitori istituzionali e 30,3% azionariato disperso), il 17,3% al controllo statale (-2,8 p.p. sul 2019) e il 12,6% ad azionisti privati (+3,5 p.p.).
Le TOP100 Maggiori Aziende Difesa Italia
L’Italia è uno dei pilastri della base industriale della sicurezza europea ed eccelle in alcuni settori cruciali come l’elicotteristica, l’elettronica e la cantieristica navale. L’industria italiana della Difesa è estremamente sviluppata e diversificata e può essere rappresentata come una piramide al cui vertice si trovano i due big player Leonardo e Fincantieri (attivi anche in altri settori), entrambi a controllo statale, che agiscono come prime contractors nei segmenti più rilevanti del mercato, in termini di volume d’affari e di contenuti tecnologici. In seconda fascia si collocano società di dimensioni più contenute specializzate spesso su singoli apparati o sottosistemi. Infine, una terza fascia di aziende è costituita da una galassia di piccole e medie imprese, eccellenze da tutelare e sviluppare.
Le 100 Maggiori Aziende italiane della Difesa (TOP100), ognuna con fatturato maggiore di 19 milioni di euro e con una forza lavoro superiore alle 50 unità nel 2023, sono tipicamente dual use, ovvero venditrici di prodotti e servizi sia nel mercato civile che in quello della sicurezza. Per questa ragione, il loro fatturato aggregato, pari a 40,7 miliardi di euro nel 2023, non è attribuibile interamente alla Difesa, ma solo in una sua porzione, stimabile nel 49% del totale e pari a circa 20 miliardi (+6,6% sul 2022 e +14,7% sul 2021). Anche per la forza lavoro, che ammonta complessivamente a oltre181mila persone nel 2023, la quota riferita alla sola Difesa e basata in Italia si stima si attesti a oltre 54mila unità. Il valore aggiunto attribuibile all’industria della Difesa è pari a circa lo 0,3% del Pil italiano nel 2023.
Sui 40,7 miliardi di euro di ricavi aggregati spiccano il comparto dell’aerospace/automotive, che determina il 49,0% del giro d’affari complessivo, e la cantieristica navale (23,3%). Insieme a Leonardo e Fincantieri, le aziende che superano il miliardo di euro di ricavi sono solo otto che concentrano tre-quarti del fatturato aggregato.
Di primaria importanza è il contributo delle società a controllo statale italiano che si attesta al 59,3% dei ricavi aggregati. Rilevante la presenza di gruppi stranieri nella Difesa italiana: 36 delle 100 aziende hanno una proprietà estera che controlla il 25,1% del fatturato aggregato (di cui il 12,2% europeo e il 10,1% statunitense). Le aziende a controllo familiare italiano contano per il 15,6% del totale, sebbene siano più numerose (56) delle estere e quindi dimensionalmente più piccole.
La filiera della Difesa vanta una lusinghiera quota di esportazioni, pari al 68,2% nel 2023 che, però, escludendo i due big player a forte vocazione internazionale scenderebbe al 49,4%. I principali mercati di sbocco delle TOP100 sono l’Europa che accoglie oltre la metà delle vendite (61%), le Americhe sostenute in massima parte dagli Stati Uniti (29%) e gli altri continenti (10%).
Nel 2023 le spese in ricerca e sviluppo si attestano mediamente al 6% dei ricavi. La redditività segna una dinamica crescente, con l’ebit margin in salita dal 5,7% del 2021 al 6,2% del 2023. Le medie imprese familiari italiane performano meglio di tutte le altre, sostenute dalla propria struttura più snella e flessibile (12,2%).
Gli utili netti cumulati delle TOP100 nel triennio 2021-2023 sono stati pari a 4,5 miliardi di euro; nel 2023 sono stati registrati profitti record per 1,6 miliardi (+11,2% sul 2021), con utili medi netti per azienda di 43mila euro al giorno.
Le aziende hanno messo in atto una buona campagna di investimenti che nel 2023 sono aumentati del 46,5% sul 2021 e si sono intensificati, salendo dal 3,1% del fatturato nel 2021 al 3,9% nel 2023. Come per la redditività, le medie imprese familiari italiane si distinguono per la crescita più incisiva degli investimenti (+71,9% nel 2021-2023) e per la più elevata intensità (5,2% nel 2023).
Sul fronte patrimoniale, le TOP100 rafforzano la propria struttura finanziaria (debiti finanziari sul capitale netto al 61,3% nel 2023 dal 70,2% del 2021), con incremento dei mezzi propri (+20,2%) oltre quattro volte più intenso rispetto a quello dell’indebitamento (+4,9%). La liquidità cala a livello aggregato dal 47,2% dei debiti finanziari nel 2021 al 42,7% nel 2023.