Di Palma: «La riforma delle Bcc? Un pericolo per il Mezzogiorno»

«Il credito cooperativo è l’ultimo baluardo del Mezzogiorno, e questa riforma, così come concepita, rischia di erodere le capacità del sistema di finanziare le imprese e le famiglie». Emanuele di Palma (nella foto), direttore generale della Bcc San Marzano di San Giuseppe, lo ripete più volte durante questa intervista a MAG. Tarantino doc, dal 1995 alla guida di una delle Bcc più virtuose d’Italia con un utile pari a 3,5 milioni di euro nel 2015, vicepresidente di Confindustria Taranto e componente della giunta della Camera di Commercio Taranto, di Palma teme per l’indipendenza del Sud Italia, fra i territori più colpiti e martoriati dalla crisi economica e dal credit crunch a livello europeo. E per questo sta portando avanti una campagna, arrivata anche a Montecitorio, contro il decreto di riforma sulle Bcc varato dal governo lo scorso 10 febbraio, che a suo avviso potrebbe peggiorare le cose.

In questa partita si sono unite negli ultimi tempi anche le Bcc di Acquara, Monte Pruno di Roscigno, Buonabitacolo, Civitanova Marche e Mazzarino, e non si esclude che altre realtà possano aggiungersi al fronte. Sono 88 le Bcc del Sud Italia, il 24% del totale, e rappresentano un unicum in grado di erogare sul territorio 11,9 miliardi di impieghi, con una provvista complessiva di oltre 22,5 miliardi e 2,54 miliardi di patrimonio.

In generale, in Italia sono 364 le Bcc, presenti in 2.700 comuni con 4.000 sportelli, partecipate da oltre 1,2 milioni di soci. Ora il governo, attraverso il decreto, punta al consolidamento del settore.

Nato partendo dalla riforma delle popolari, il dl prevede in sostanza l’obbligo per le Bcc italiane di aderire a un gruppo bancario cooperativo guidato da una holding capogruppo con un patrimonio non inferiore a 1 miliardo di euro. L’uscita dal gruppo (way out) è possibile solo per le banche con un patrimonio di almeno 200 milioni che versino allo Stato un’imposta straordinaria del 20% sulle riserve indivisibili e che procedano con la successiva trasformazione in spa. «Con questa soglia dei 200 milioni – spiega di Palma – capirà che di fatto siamo tutte obbligate ad aderire al gruppo di bcc, con gravi conseguenze per il sistema finanziario del Sud Italia».

Perché dottor di Palma?
Innanzitutto perché c’è il rischio, concreto, che il sistema finanziario del Sud Italia perda le ultime voci indipendenti.

In che senso?
Se a gestire tutte le attività principali sarà una capogruppo, che molto probabilmente avrà sede Roma e una governance sbilanciata verso il centro Nord, le Bcc del Sud rischieranno di venir tagliate fuori dai processi decisionali, di avere quasi nessuna voce in capitolo e di veder ridotti i propri spazi di manovra. Andare incontro alle necessità di credito di cui ha bisogno il Mezzogiorno per rilanciare investimenti e sviluppo diventerebbe impossibile per noi e questo non potrà che penalizzare un territorio che si regge in piedi anche grazie alle Bcc e alle banche popolari. Ma questo non è l’unico aspetto critico…

Continui…
Mettendo tutto in un calderone unico non si farà altro che utilizzare le risorse degli istituti virtuosi, anche del Sud, per risanare i bilanci malandati di altre realtà. Pagare il conto per i dissesti di altre banche è per noi insostenibile.

Quindi è contrario alla holding unica?
Sì, anche e soprattutto perché non ne sono ancora stati definiti chiaramente i poteri. Stando al decreto, le banche che intendono aderire alla capogruppo lo fanno tramite “contratti di coesione” che disciplinano i poteri di “controllo e gestione” della capogruppo sulla singola banca. Ma cosa significa controllo e gestione?

Me lo dica lei…
Può significare tutto e niente… molto probabilmente ci sarà un accentramento delle decisioni in tema di governance, ma anche commerciali, informative, di tesoreria e informatiche. Rischiamo di non essere più banche ma filiali di un unico grande gruppo. Il patto di coesione rischia di diventare un patto di dominio. Ma non è neanche questa la cosa più grave…

Qual è?
È il fatto che noi Bcc siamo chiamate ad aderire a questo patto di coesione senza però sapere esattamente quali poteri avrà questa capogruppo su di noi, poiché saranno definiti dopo 18 mesi dalla formazione della holding. È come accettare di sposarsi senza sapere esattamente con chi e secondo quali modalità. Noi a oggi non sappiamo fino a che punto potremmo mantenere la nostra autonomia. Ad esempio, se una Bcc vuole aprire una filiale, finanziare un’impresa o ricevere finanziamenti dalla Bce potrà farlo da sola? Io non credo …

Ma almeno sul fatto che il sistema vada riformato è d’accordo?
Certo, che si debba ammodernare il sistema per renderlo più solido è indubbio, così come è scontata la necessità di un’azione che traghetti la rete delle Bcc verso un ulteriore efficientamento più aderente ai tempi e alle esigenze dei mercati moderni.

Cosa servirebbe per migliorare il sistema, secondo lei?…

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Noemi

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