Private banking, masse servite a quota 763 miliardi

Il valore delle masse servite dal private banking cresce del 5% rispetto ai 726 miliardi di euro del 2015 e raggiunge quota 763 miliardi. Lo rileva l’Associazione degli operatori del Private Banking (AIPB) nell’analisi annuale dedicata al “Mercato Servito dal Private Banking in Italia”, che studia la gamma di offerta che le banche hanno pensato e dedicato esclusivamente a un target di clientela individuato come private (tendenzialmente con patrimoni superiori ai 500 mila euro) e il profilo del cliente finale con le sue preferenze di investimento.

In particolare, il 5% di aumento delle masse registrato da AIPB al 31 dicembre 2016 è il frutto della raccolta sviluppata dalle reti commerciali al netto di masse in uscita (raccolta netta +1,5%) e dell’andamento dei mercati che ha prodotto un effetto negativo pari a -1,9%.

La complessiva crescita del sistema Private è frutto di ulteriori flussi in entrata (5,4%) che sono confluiti nel settore grazie a una migliore identificazione della clientela alla quale le banche offrono un modello di servizio dedicato. Nel corso del 2016 è cresciuto di conseguenza anche il numero di professionisti che banche e istituti hanno dedicato esclusivamente al segmento “private”, con 14.856 private banker rispetto ai 13.433 del 2015 (+10,6%). 

distribuzione-aum-private-banking.png

Quanto ai servizi, dalla ricerca emerge che il 49% delle masse sono gestite attraverso un servizio di consulenza non a pagamento, a cui si aggiungono il 18% degli asset affidati a servizi di gestione patrimoniale e l’12% al servizio di consulenza a pagamento; di contro solo il 10% delle masse sono destinate a servizi di execution only, con una iniziativa diretta del cliente senza servizio di consulenza. Il restante 11% è destinato al servizio di deposito e custodia. 

La ricerca analizza anche la composizione degli asset under management per tipologia di prodotto. L’asset mix del Private Banking è composto dal 13,5% di liquidità; il 2,1% di obbligazioni bancarie proprie; il 7,5% di altre obbligazioni; l’8,7% sono titoli di stato; il 7,9% azioni; 0,6% ETF; 1% certificates e 0,6% altri prodotti di raccolta amministrata; mentre il 23,7% è investito in fondi comuni di investimento; il 17,5% in gestioni patrimoniali; 0,2% in altri prodotti di raccolta gestita e il 16,7% in prodotti assicurativi.

“Dalla nostra Analisi – sottolinea Antonella Massari (nella foto), segretario generale Aipb – emerge un quadro molto confortante sull’industria del risparmio private. Non solo, e non tanto, dal punto di vista della crescita quantitativa delle masse (che pure è importante) ma dal punto di vista qualitativo. La crescita, infatti, segnala un peso sempre più rilevante del comparto nell’ambito della più generale industria del risparmio, e di conseguenza, il peso sempre crescente di un risparmio più consapevole, dinamico, potenzialmente aperto a investire nella economia reale, e quindi a sostenere la crescita economica del Paese. Parliamo di masse che rappresentano più di un terzo del PIL italiano, ed è quindi importante che, attraverso la consulenza di professionisti dedicati, e in una logica di educazione finanziaria, queste masse non vadano ad alimentare uno statico rendimento finanziario, ma, siano strumento, oltreché di legittima soddisfazione economica per il cliente, di promozione dello sviluppo economico”.

Analizzando i dettagli sulla clientela servita, emerge che la massa media per nucleo familiare è di 1,4 milioni di euro, valore perfettamente in linea con il dato registrato nel 2015.

Osservando la distribuzione della ricchezza dei nuclei familiari, emerge che i 763 miliardi di euro sono ripartiti secondo le seguenti fasce patrimoniali: circa il 62% dei clienti possiede un patrimonio fino ai 5 milioni di euro, mentre il restante 38% circa supera i 5 milioni di euro (in particolare: il 12,3% possiede più di 50 mln euro; il 15,2% tra i 10 e 50 mln euro; il 10,9% tra i 5 e i 10 mln euro; il 39,6% tra 1 e 5 mln euro; il 16,9% tra 0,5 e 1 mln euro e il 5,2% meno di 0,5 mln euro).

nuclei-familiari-private-banking.png

Un capo famiglia su cinque (24%) è imprenditore o libero professionista, percentuale quasi pari a quella di dirigenti e impiegati (26%), superati dai pensionati e casalinghe (36%), con un restante 14% di non disponibile. Per quel che riguarda il dettaglio dell’età del capo famiglia, nel 53% dei casi ha più di 65 anni (in particolare: 30,4% over 74; 22,9% tra 65 e 74; 22,3% tra 55 e 64; 14,6% tra 45 e 54; 6% tra 35 e 44; 3,7% meno di 34).

“La sfida per la nostra industria – aggiunge Massari – è dunque quella di promuovere lo sviluppo di questo modello, in linea con i più avanzati benchmark europei, per rispondere con servizi semplici e di valore aggiunto – anche attraverso l’impiego di nuove e innovative tecnologie – a una domanda sempre più evoluta e articolata da parte della clientela, e per alimentare un circolo virtuoso tra finanza ed economia reale”.

Un ultimo dato della ricerca, infine, riguarda la collocazione geografica delle masse: la regione che detiene la maggior quota di asset sul totale si conferma la Lombardia con il 33,2% (in crescita rispetto al dato 2015), seguita da Emilia Romagna (12,2%), Piemonte (10,9%), Lazio (10,4%), Veneto (8,8%), mentre chiudono la classifica Sardegna e Trentino Alto Adige (0,6%), Calabria (0,5%), Valle d’Aosta (0,2%), Molise e Basilicata (0,1%).

Noemi

SHARE