Intesa guarda a possibili combinazioni industriali con Generali
Per arginare l’avanzata francese alla conquista dei gioielli italiani, per creare un polo nazionale del risparmio gestito (con 60 miliardi di capitalizzazione e oltre 800 miliardi di risorse amministrate), o per crescere e confermare la propria leadership. Non è ancora chiaro quale sia l’obiettivo ultimo ma ciò che è certo è che Intesa Sanpaolo sta davvero valutando l’ipotesi di “possibili combinazioi industriali” con le Assicurazioni Generali.
A metterlo nero su bianco è la stessa banca guidata da Carlo Messina (nella foto), con una nota che ha confermato i rumors dei giorni scorsi.
“Con riferimento a recenti notizie di stampa in merito a una possibile operazione di aggregazione con Assicurazioni Generali – si legge -, Intesa Sanpaolo conferma, in coerenza con il Piano di Impresa 2014-2017 reso noto al mercato, il proprio interesse industriale per la crescita nel settore del risparmio gestito, del private banking e in quello dell’assicurazione in sinergia con le proprie reti bancarie, anche con possibili partnership internazionali”.
Il management di Intesa Sanpaolo “valuta regolarmente le opzioni di crescita endogena ed esogena, incluse quelle proposte dalle banche d’affari”, prosegue la nota, secondo ” stringenti criteri di preservazione della leadership di adeguatezza patrimoniale e coerentemente con la politica di creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti”. In quest’ottica, “il management di Intesa Sanpaolo valuta e continuerà a valutare con attenzione ogni possibile opportunità di rafforzamento del proprio posizionamento competitivo e di conseguenza dell’andamento prospettico economico-patrimoniale del Gruppo. Tali opportunità, incluse possibili combinazioni industriali con Assicurazioni Generali, sono oggetto di valutazioni in corso da parte del management”.
Si tratta dunque di una fase iniziale di un percorso che potrebbe potenzialmente sconvolgere gli assetti del panorama finanziario italiano. Ma per conoscere i dettagli, quindi le modalità con la quale la prima banca italiana, tra le meglio posizionate per patrimonializzazione e redditività, possa combinarsi con la compagnia del Leone, si dovrà aspettare ancora un po’.
Le ipotesi allo studio sono diverse ma nessuna di queste possibilità sarebbe stata dunque formalizzata al consiglio di amministrazione, convocato venerdì con un ordine del giorno sul budget stabilito alcune settimane fa.
Per capirci qualcosa, la Consob ha nel frattempo convocato a Roma, in audizione, alcuni dei protagonisti della partita, quali i rappresentanti di Intesa e del Leone di Trieste e di Unicredit, in quanto azionista principale di Mediobanca, con quasi il 9%, a sua volta prima azionista di Generali.
Dal canto suo Generali lunedì scorso, in una mossa anti-scalata spinta dai rumors emersi nel weekend, aveva comprato a sorpresa il 3% dei diritti di voto della stessa Intesa Sanpaolo, per evitare che a sua volta la banca acquisti azioni per oltre il 3% per via delle regole sulle partecipazioni incrociate. Una scelta che potrebbe rivelarsi inutile però nel caso Ca’ de Sass voless procedere con un’offerta pubblica di acquisto o di scambio per almeno il 60% della società. Si vedrà come reagirà il board del Leone, convocato in prima istanza per oggi 25 gennaio per mettere il sigillo a un cambio di governance con l’uscita del direttore generale Alberto Minali e la potenziale nomina di Luigi Lubelli a cfo.
Il quadro è dunque in movimento e tra gli scenari presi in considerazione da analisti e banche d’affari c’è pure quello di un ingresso di Intesa in Mediobanca attraverso Unicredit. Per gli analisti di Equita per i quali al lancio di un’offerta di scambio sulle Generali potrebbe essere preferito l’ingresso in Piazzetta Cuccia atraverso l’acquisto della quota di Unicredit e il successivo lancio di un’offerta su Mediobanca stessa. Così facendo, Intesa Sanpaolo, oltre a controllare un business «più affine» diventerebbe indirettamente il primo socio di Generali con il 13% e potrebbe formare una minoranza di blocco in chiave anti-scalata, difendendo così il Leone dalle mire di potenziali pretendenti esteri, a partire da Axa. Senza contare che sulla carta scalare Mediobanca costerebbe meno, 7 miliardi di capitalizzazione per Piazzetta Cuccia contro i 25 miliardi di Generali, e l’operazione sarebbe più semplice da costruire.
Tutto ancora da vedere. Resta il fatto però che essendo Intesa partecipata per la maggioranza da investitori istituzionali prevalentemente esteri, è a loro che la banca dovrà alla fine rendere conto. E subito il fondo Harris che ha il 2,8% di Intesa ha sottolineato i rischi di un’eventuale fusione. Secondo le nuove regole, i coefficienti previsti nel caso di investimento assicurativo sono infatti più stringenti. Dopo la distribuzione di un dividendo da 3 miliardi nel 2016, la cedola promessa da Messina e per l’esercizio in corso è di 4 miliardi. Un bonus al quale gli azionisti non vorranno rinunciare.