Kryalos, 5 miliardi di asset in cinque anni
Il mercato italiano vede da sempre un forte interesse da parte dei grandi investitori, ma «ciò che manca è il prodotto». E il compito dei player del settore è quello di «crearlo, sia costruendo ex novo sia restaurando asset esistenti. Solo così è possibile alimentare la richiesta», spiega in questa intervista a MAG Paolo Bottelli (nella foto), considerato il golden boy del real estate italiano. Seguendo questa convinzione, l’ex referente in Italia di Blackstone e manager di Prelios ha deciso di affrontare il mercato da indipendente fondando la società di gestione e asset management Kryalos che proprio quest’anno spegne cinque candeline.
Dal 2013 a oggi, la società è cresciuta rapidamente arrivando a gestire 34 fondi per 5 miliardi di euro di asset in gestione e registrando 60 operazioni, alcune delle quali in co-investimento, con cessioni all’attivo per 1,26 miliardi. Il team conta oggi 50 persone operative negli uffici di Via Brera 3 a Milano anche se Bottelli è a lavoro per trovare un’altra sede, sempre nel centro di Milano, con l’idea di spostarsi entro gennaio.
La crescita della società è stata sicuramente supportata da un contesto di mercato favorevole: negli ultimi dieci anni il comparto immobiliare italiano ha ripreso la sua attività arrivando al picco del 2017, quando il volume degli investimenti ha superato il record storico registrato nel 2007 con oltre 11,3 miliardi di euro. Ora però il comparto sembra aver rallentato la sua corsa e al terzo trimestre 2018 gli investimenti sono arrivati a quota 5,4 miliardi di euro, il 25% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, stando ai dati Cbre, complice appunto l’assenza di proposte interessanti.
Trovarle e valorizzarle è stato un punto di forza di Kryalos che negli anni si è distinta sulla piazza per l’acquisizione di una serie di edifici storici e iconici soprattutto su Milano. Fra questi c’è ad esempio l’headquarter di Pirelli: situato nell’area a nord di Milano e cuore del quartiere Bicocca, è costituito da tredici piani fuori terra, oltre ad un piano interrato con funzione di parcheggio e due piani ammezzati. Poi ci sono anche le sei gallerie commerciali distribuite in tutta Italia del Fondo Dante, per una superficie complessiva di circa 79.300 mq e oltre 250 unità. Anche se l’acquisto più pop, realizzato per circa 100 milioni di euro, è sicuramente l’ex Palazzo delle Poste di Piazza Cordusio che da quest’anno è la sede della Starbucks Reserve Roastery in Italia. «È stato un percorso lungo – racconta Bottelli – abbiamo acquisito l’immobile nel 2014 e dopo sei mesi abbiamo avuto i primi contatti con Starbucks che voleva entrare nel mercato Italiano e cercava un immobile iconico e d’effetto. Poi i colloqui sono continuati e adesso il palazzo ospita la terza Starbucks Reserve Roastery al mondo, dopo quelle di Seattle e Shanghai». L’edificio è occupato per 3mila metri quadrati dalla catena di caffetterie mentre i restanti 7mila metri quadrati sono dedicati a uffici: «Siamo attualmente in fase di commercializzazione e in trattative avanzate con alcuni locatari».
Dottor Bottelli, l’apertura di Starbucks sembra un buon modo per festeggiare il vostro quinto compleanno, qual è il bilancio della vostra attività?
Devo dire di essere molto soddisfatto di ciò che abbiamo costruito, siamo partiti da zero e abbiamo registrato una crescita costante e senza strappi. Oggi contiamo 5 miliardi di asset in gestione per 34 fondi immobiliari, con un team di 50 professionisti.
Lei è stato il referente per le attività immobiliari italiane di Blackstone, che oggi è vostro investitore, e ha molta esperienza sul campo. Non è proprio partire da zero…
Certo, Blackstone è il nostro investitore principale, dei 5 miliardi in gestione circa il 50% è riferibile a loro, ma non è l’unico. Contiamo nel complesso una dozzina di investitori ai quali è piaciuta la nostra proposta di business realizzata grazie anche alla presenza di un management team con forti competenze immobiliari che è stato finora in grado di individuare e gestire opportunità interessanti in tutte le asset class più tradizionali.
Lavorate soprattutto con investitori stranieri?
Sì, la maggior parte delle operazioni sono stare realizzate con capitale straniero, che rappresenta circa il 75% del mercato.
Come li avete intercettati?
Molti di questi investitori sono nuovi sul mercato. La loro presenza è aumentata progressivamente a partire dal 2012, l’anno con meno transazioni del recente passato. Erano e sono tuttora in cerca di opportunità. Noi siamo partiti con un’iniziativa nuova, senza vincoli ma con molta esperienza e conoscenza del mercato.
Cosa vogliono gli investitori?
Quelli che non sono già presenti cercano Milano, che è il punto di partenza di chi decide di investire in Italia, ma è una città relativamente piccola e quindi bisogna essere in grado di accompagnarli nel resto del Paese.
E per quanto riguarda i ritorni?
Naturalmente questo è un tema fondamentale per gli investitori. Oggi il rendimento richiesto, tra il reddito corrente e il capital gain dalla vendita, si inserisce in una forchetta compresa tra l’8% e il 20% a seconda della classe di rischio…
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