Il private equity riparte al rallentatore
In cassa ci sono quasi 300 miliardi di dollari da spendere sul mercato. Ma lo scorso anno i fondi di private equity hanno eseguito operazioni “solo” per 94 miliardi, ossia il 31% del capitale disponibile. Per fare un confronto, nel 2007 i fondi hanno realizzato operazioni per 194 miliardi, a fronte di una disponibilità di 197 miliardi. I dati Preqin, usati nell’analisi del settore fatta da Stefano Gatti e Carlo Chiarella del centro Baffi Carefin della Bocconi in collaborazione con Goldman Sachs, indicano come il 2014 abbia visto un’attività dei fondi 1 2 3 4
IL PRIVATE EQUITY RIPARTE AL RALLENTATORE
Nel 2014 i fondi hanno investito 3,53 miliardi di euro. Le aziende che hanno ricevuto investimenti sono state 248 e 311 le operazioni effettuate, in calo rispetto alle 368 dell’anno precedente. di laura morelli estremamente ridotta rispetto al periodo pre-crisi. Come se «da un lato il mercato a zero interessi, zero inflazione, basso costo del debito e dall’altro le alte valutazioni stiano spaventando il settore», suggeriscono i ricercatori. E in effetti dal 2008 al 2014 le Borse europee sono cresciute dell’85% mentre il price/earnings ratio è passato da 10,9 a 21,2. Nella ricerca, gli studiosi hanno analizzato tutte le 31.792 operazioni registrate da Bloomberg dal 2005 al 2014, ovvero 4.088 operazioni di private equity per un valore totale di 648,7 miliardi di dollari e 27.704 corporate takeover per un valore di 2.900 miliardi, suddividendole in tre periodi: quello pre-crisi (2005-2008), quello post-crisi (2009-2011), caratterizzato da buone condizioni di credito, basse valutazioni e incertezza diffusa tra gli investitori, e infine il periodo post Quantitative Easing (2012-2014) caratterizzato da credito poco costoso, rinnovata fiducia degli investitori e alte valutazioni di mercato.
FATTORE CONCORRENZA
I motivi di questa ripartenza al rallentatore del private equity sono diversi. Ma è l’elevata concorrenza a preoccupare di più gli operatori. «I dati mostrano che, al crescere dei prezzi di mercato, la quota relativa di operazioni di private equity scende, mentre aumentano i takeover, perché le imprese sono meno preoccupate dai rendimenti delle operazioni e più interessate alle possibili sinergie industriali», osserva Gatti. A supporto di questa tesi, sottolinea, c’è la riduzione del gap tra il valore medio delle operazioni dei private equity e quelle corporate pre-crisi. Se infatti prima del 2008 la dimensione media di un’operazione di private equity era pari a 487 milioni di dollari e quella dei corporate takeover a 235,7, nel 2014 la differenza si è quasi annullata con valori medi pari rispettivamente a 319,3 e 311,5 milioni. «I capitali ci sono e sono tanti, ma c’è anche una crescente concorrenza tra i fondi stessi che riduce le opportunità offerte dal mercato – aggiunge Alasdair Warren, global co-head del financial sponsor group di Goldman Sachs – senza contare l’ingresso dei nuovi buyer provenienti dai mercati emergenti come Cina, Corea, Russia e Turchia. In Italia, e più in generale in Europa, tutti cercano le stesse opportunità negli stessi settori strategici». Quali in particolare? «Dal business consumer, al retail, ma anche quello dei servizi finanziari, come ad esempio Icbpi».
PIÙ LEVA CHE NEGLI USA
In questo contesto, ha osservato Warren, «se storicamente l’uso della leva finanziaria era più alto negli Usa che in Europa, oggi ci troviamo di fronte una situazione diametralmente opposta».
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