Private equity, scende la fiducia nel mercato. La ricerca di Deloitte

A parlare di mercato del private equity per il secondo semestre 2018, i player del settore seguono un solo imperativo: la cautela. È un segmento che va bene, soprattutto in termini di valore delle operazioni e i multipli in circolazione, ma gli avvenimenti economici e politici sembrano frenare gli entusiasmi. O almeno questa è l’evidenza del secondo il report semestrale di Deloitte dal titolo Italy Private Equity Confidence Survey.

Stando alla ricerca, le aspettative degli operatori di private equity e di venture capital per il secondo semestre di quest’anno mostrano segnali di stabilità in merito all’attuale ciclo congiunturale e ai volumi di attività di PE rispetto al semestre precedente. Considerando infatti il Deloitte Private Equity Confidence Index, un indice costruito ponderando le risposte raccolte nel sondaggio, registra un leggero calo rispetto ai semestri precedenti, riportando un valore di 114, con un numero di operazioni atteso compreso tra 59 e 63.

La ricerca

In particolare, le previsioni sulla congiuntura economica mostrano un sentiment meno positivo da parte degli operatori, con il 27,0% dei rispondenti che si attendono un peggioramento dello scenario economico. Aspettative stabili per quanto riguarda il numero di deal attesi, che per il 62,2% degli operatori resterà invariato. Questo “attendismo” non sembra però essere valido per quanto riguarda i valori dei portafogli che per il 63,9% degli intervistati sarà in aumento rispetto ai valori di acquisto. I restanti operatori prevedono un valore costante dei propri investimenti. “Questo dato – ha commentato Elio Milantoni, partner di Deloitte Financial Advisory Services e M&A leader – è in linea con i semestri passati e mostra un segnale di stabilità e rafforzamento del settore”.

Riguardo agli obiettivi di rendimento (IRR) giudicati accettabili, la maggioranza degli operatori (88,9%) colloca le aspettative nella fascia intermedia (15%-25%). Le operazioni di LBO si confermano poi la tipologia di maggior interesse (44,4% degli intervistati), seguite da operazioni di Capital Expansion (27,8%) e di supporto a MBO/MBI (19,4%). Stabile poi la presenza in portafoglio di investimenti di maggioranza, con un crescente interesse per co-investments con altri fondi (+5,7% rispetto allo scorso semestre), anche se considerando le nuove opportunità d’investimento, il 70% degli operatori si aspetta un aumento del livello di competizione nel mercato.

A questo proposito, ciò che determina il successo nel completamento delle operazioni sono, stando alla metà degli intervistati, il prezzo e le condizioni contrattuali offerte alla controparte mentre crescono il fattore network e expertise nella industry (rispettivamente +5,6 punti e +5,8 punti), a fronte di un calo dei fattori reputazione (-4,9%) e velocità e flessibilità (-5,0%).

Sul fronte exit, invece, per la maggior parte degli investitori i valori di cessione saranno stabili (57,1%) o in calo (8,6%) rispetto al primo semestre 2018 e le vendite, per il 54,3% degli intervistati, avverranno tramite Trade Sale (+17,9 punti rispetto al semestre scorso), mentre dall’altra parte cala la fiducia nel Secondary Buy-Out (-13,6%) e tramite IPO (-3,6%).

Quanto al financing, stando alla ricerca cresce poi la percentuale di investitori in pe intervistati che individua nelle banche commerciali la fonte principale di finanziamento (da 73,5% a 81,3%), con uno spread inferiore ai 200 basis point, cosi come i finanziamenti tramite banca di investimento (+3,5 punti percentuali). Le aspettative di struttura finanziaria dei nuovi deal mostrano una leggera crescita della preferenza per strutture finanziarie con un maggior utilizzo della quota di equity.osserva Milantoni”Il 34,3% degli intervistati prevede, infatti, di finanziare i propri investimenti futuri con una quota di equity compresa tra il 61 e il 100%, in crescita di 10 punti percentuali.

Infine si prevede un focus minore verso l’attività di fundraising: il 38,9% degli operatori ha in programma di svolgere attività di raccolta di nuovi fondi nel prossimo semestre, in diminuzione rispetto al semestre precedente (-15,2%), mentre la maggioranza dei rispondenti (44,4%) non si dedicherà a questa attività.

 

Società target

Il 69,4% degli operatori intervistati dichiara di avere investimenti in portafoglio con un fatturato medio fino a 50 milioni di euro e per la maggior parte di loro le aziende di interesse rimarranno  anche per il prossimo semestre di quella dimensione. Solo un terzo degli operatori ha un portafoglio concentrato in società con ricavi superiori a 50 milioni (di cui l’11,1% oltre i 100 milioni).

Il primo semestre

Nel primo semestre 2018 sono state registrate in Italia 61 operazioni di private equity per un controvalore pari a circa 7,4 miliardi di euro (considerando solo quelli comunicati).

Tra le operazioni che hanno generato il maggior deal value nello scorso semestre ci sono state, ad esempio, l’acquisizione di Nuovo Trasporto Viaggiatori da parte del fondo statunitense Global Infrastructure Partners per un controvalore di 2,4 miliardi, la cessione da parte del fondo svizzero Capvis della partecipazione in Faster, acquisita dalla statunitense Sun Hydraulics Corporation per un valore di 430 milioni e l’acquisizione di Facile.it da parte del fondo svedese EQT Partners per 400 milioni.

A livello di settore, cresce l’interesse verso il manifatturiero (+8,5%), i prodotti elettronici (+2,7%) e l’agricoltura (+2,7) mentre scende l’appeal di lusso, chimico e retail (rispettivamente -5,0, -4,6 e -4,4 punti percentuali rispetto al primo semestre 2018).

Riguardo alle tipologie di operazioni, quelle più frequenti nel semestre di riferimento restano LBO/Replacement, contando per il 52,8% del totale. Tuttavia sono in aumento le operazioni di Expansion Capital (+6,2%), mentre in calo i turnaround (-2,7 punti percentuali rispetto alla Survey precedente).

Quanto alla leva, nel 63,6% delle operazioni effettuate dal campione negli ultimi sei mesi questa è stata compresa tra le 2 e le 4 volte l’EBITDA (+5,3 punti rispetto al primo semestre 2018). Al contempo, diminuisce di 6 punti la percentuale di operatori che hanno utilizzato una minore di 2 volte l’EBITDA.

Il Senior debt rappresenta anche nel corso dell’ultimo semestre la modalità di finanziamento più diffusa, confermando la tendenza emersa nelle precedenti edizioni (85,3% dei casi). Seguono, in misura significativamente minore, il finanziamento soci e mezzanino.

Noemi

SHARE