Private equity, in due anni 15 debutti

Se un mercato vivace si definisce anche dalle nuove iniziative o dall’interesse dei player stranieri, allora si può facilmente dire che il private equity italiano lo è.

Negli ultimi due anni sono infatti apparsi, fra quelli intercettati da MAG, almeno 14 nuovi player sul palcoscenico italiano, con dimensioni e caratteristiche molto diverse. Ci sono i grandi fondi internazionali che si stabilizzano nel nostro Paese, in particolare a Milano, o che per la prima volta chiudono operazioni con aziende tricolore. Ci sono nuove sgr, che vedono protagoniste le giovani generazioni di professionisti. E ci sono le grandi novità del momento: i club deal e le altre forme “ibride”, nonché i search funds, lanciati da decani del settore.

Queste ultime modalità di investimento si sono dimostrate particolarmente adatte al mercato locale, fatto di tanta liquidità privata e da un tessuto imprenditoriale di aziende piccole e frammentate. La parola d’ordine è flessibilità. Nella raccolta e negli investimenti. Così i club deal e gli altri tipi di fondi sono riusciti a intercettare meglio dei fondi chiusi gran parte della liquidità in mano alle grandi famiglie imprenditoriali e al mondo del private banking. Poi l’hanno fatta confluire in aziende di media o piccola dimensione, coinvolgendo direttamente gli investitori, che ci mettono non solo il cash ma anche l’expertise settoriale, il network, la conoscenza del territorio. Con l’intento, condiviso, di intervenire attivamente nella gestione dell’impresa.

Il sistema funziona. Al punto che quest’anno ha pesato per la metà o quasi degli investimenti totali in private capital in Italia: nei primi sei mesi del 2019, stando alle ultime rilevazioni di Aifi e PwC Deals, l’ammontare investito dai “classici” private equity e venture capital è stato di 2,5 miliardi. Se si considerano anche club d’investimento e co-investimenti la cifra quasi raddoppia, superando i 4 miliardi di euro.

 

Cinque nuovi club

Non sorprende dunque vedere che tante iniziative del genere sono fiorite sul mercato in questa nuova primavera del private equity tricolore. A fine 2017 c’è stato The Equity Club, il primo club deal lanciato da Mediobanca per coinvolgere i clienti della divisione private banking. Guidato dal managing partner Roberto Ferraresi, ex partner del private equity francese PAI Partners, e dal senior advisor Giancarlo Aliberti, già partner di Apax Partners, il veicolo ha raccolto 500 milioni da 90 famiglie italiane tra le quali i Doris, i Lucchini, i Marzotto, i Branca, Renzo Rosso, Giuliana Benetton, Roberto Bertazzoni delle cucine Smeg, Leonardo Ferragamo, i Boscolo, Sergio Dompé di Dompé Farmaceutici e Sandro Veronesi di Calzedonia, oltre che dell’avvocato Francesco Gianni e della H14, holding di Luigi, Barbara ed Eleonora Berlusconi. Dalla nascita tra il 2017 e il 2018, il club ha chiuso tre operazioni per un totale di 140 milioni, cioè Seri Jakala (marketing) nel giugno 2018 e la Bottega dell’Albergo (fornitore di hotel di lusso) e Philogen (bioteconolgie) quest’anno. Tutti i deal hanno visto un impegno di Mediobanca pari al 20% e un ticket minimo di investimento per i clienti-imprenditori coinvolti di 5 milioni. Oltre a The Equity Club, la banca di Piazzetta Cuccia ha poi lanciato quest’anno un altro club deal dedicato al real estate attraverso il quale ha già acquisito a fine agosto un immobile situato a Milano, in via Santa Margherita, 12, ceduto da Kryalos per 102,5 milioni.

 

Sempre lo scorso anno, ha chiuso la sua prima operazione Astraco, holding di investimento lanciata dall’ex Arcadia sgr Nino Dell’Arte con i partner Nicola Avi Bernardo Calculli – ai quali si è aggiunta anche Laura Della Chiara. La holding, che organizza club deal, ha investito prima in Panini Durini, azienda nota soprattutto nella piazza milanese con 14 punti vendita in città e 9,5 milioni di fatturato, e poi ha acquisito il 60% di LB Invest, holding del gruppo LB, a cui fanno capo LB Officine Meccaniche, Sermat e Sitec e che opera nel campo dell’engineering, dell’installazione e manutenzione di impianti industriali tecnologici.

 

Sul mercato degli investimenti in club è debuttato anche un finanziere di peso, Claudio Costamagna, già presidente di Cassa depositi e prestiti e oggi a capo della sua boutique CC & Soci. Il banker, assieme a Nerio Alessandri, fondatore della Technogym, Rosario Bifulco di Mittel e l’imprenditore Anselmo Galbusera, ha lanciato il club deal Gbac holding scommettendo, a novembre 2018, sulla New Oxidal, società familiare bresciana specializzata in lavorazioni tech per l’alluminio.

 

Alle imprese del Nord-est guarda anche H4.0, club deal ideato e reso operativo dalle due partner di Akos Finance, Camilla Narder e Veronica Striuli, sotto la guida del fondatore Giorgio Bertinetti. Lanciato ad aprile, il veicolo ha raccolto risorse da famiglie imprenditoriali venete con l’obiettivo di investire in capitale di rischio in pmi del territorio con un fatturato tra i 5 e i 30 milioni di euro, buone performance economiche e solidità patrimoniale. Entro il 2021, H4.0 vuole realizzare tre o quattro investimenti in pmi territoriali per un valore di 15 milioni, con un orizzonte temporale di impieghi di cinque anni, acquisendo quote di controllo o di minoranza in base ai progetti di sviluppo dell’impresa. Un investimento è già stato fatto: il team ha acquisito la maggioranza di Scame Forni Industriali di Mareno di Piave pmi del trevigiano attiva da quasi quarant’anni nella produzione di forni industriali, con ricavi per circa 7 milioni e 30 addetti. Co-investitore in questa operazione è stato Itago, lo spin-off delle attività di private equity di Banca Finint, Neip, e guidata da Domenico Tonussi, Nicola Bordignon, Piergiorgio Fantin e Daniele Mondi. La nuova realtà continuerà a essere l’advisor di Neip III, la terza società di investimento della banca, e allo stesso tempo nei prossimi mesi realizzerà una sgr e di un fondo di dimensione di 100 milioni sempre dedicato alle pmi.

Altro club deal in rampa di lancio è 2049 Long Term Capital Partners (2049LTCP). Socio promotore dell’iniziativa è Giorgio Luca Bruno, manager di lungo corso nella galassia Pirelli e amministratore delegato di Camfin, affiancato dai partner e fondatori Antonella Negri-Clementi, numero uno della società di consulenza Global Strategy e professionista di grande esperienza nel mondo delle piccole e medie imprese familiari; Andrea Cingoli, già amministratore delegato di Banca Esperia, prima che entrasse nell’orbita Mediobanca, e ora alla guida della banca del Lichtenstein LGT Bank in Italia, e Roberto Ghio, già partner dello studio Chiomenti, che svolge il ruolo di presidente. I manager sono già a lavoro su alcuni dossier e puntano a realizzare investimenti e co-investimenti in aziende familiari italiane che hanno bisogno di manager e necessitano di un aiuto nel processo di internazionalizzazione, con l’idea di seguire l’impresa nel medio e lungo termine. Quanto al funding, si guarda a famiglie e imprenditori interessati a partecipare attivamente alla gestione dell’impresa.

 

Nuove sgr e forme ibride

Per quanto i club deal siano la modalità di investimento del momento, sul mercato sono apparse anche altre realtà più o meno legate al modo tradizionale di fare private equity e con alcune differenze nel modo di raccogliere e gestire le risorse.

Un esempio è Koinos Capital, lanciato nel luglio scorso da un gruppo di investitori guidato dal presidente Gianni Mion (nella foto), storico uomo di fiducia di Gilberto Benetton e oggi nuovamente vertice della holding di famiglia Edizione, composto da Marco Airoldi, che è anche amministratore delegato, Carmine Meoli, Francesco Fumagalli, Matteo Manfredi e Cristiano Cirulli. Il team ha acquisito l’intero capitale sociale di una sgr già esistente, ossia Augens Capital Partners, la joint venture tra Anthilia e Augens Capital lanciata nel marzo scorso ma poi archiviata, che è stata poi rinominata. A differenza di un private equity tradizionale, Koinos Capital potrà anche partecipare a club deal per dare agli investitori la possibilità di incrementare la loro partecipazione in alcune operazioni, mettendo insieme quelle che sono le caratteristiche positive dei fondi chiusi, cioè una regolamentazione che fa da garanzia per investitori e imprenditori e un commitment iniziale ben preciso, e la flessibilità dei club deal. Lo schema di partenza è raccogliere 150 milioni, con un primo closing previsto per ottobre a 100 milioni, ai quali aggiungere 50-100 milioni attraverso i vari co-investimenti. Target del fondo saranno aziende mid – cap italiane, con un fatturato compreso tra i 30 e i 300 milioni, senza distinzione di settore ma con una particolare attenzione alle realtà dei comparti classici del made in Italy.

A giugno ha poi debuttato sul mercato Cronos Capital Partners, società di investimento fondata da due giovani promesse del private equity italiano: Alessandro Besana Lorenzo Bovo (32 e 36 anni), entrambi provenienti da Eos Private Equity. Contestualmente al lancio, il fondo ha anche annunciato la prima operazione, cioè l’acquisizione della maggioranza del capitale di Lampa, azienda della provincia di Bergamo che produce e distribuisce accessori plastici e metallici per il mondo dell’alta moda.

Cronos Capital Partners è ciò che si chiama un fundless fund, che non gestisce cioè fondi chiusi tradizionali ma agisce deal by deal. A differenza di un club deal, parte da un soft commitment di 30 milioni proveniente da oltre venti investitori privati legati al mondo dell’imprenditoria italiana e dell’alta finanza i quali possono decidere, proposta un’operazione, quanta parte allocare del soft commitment. Il fondo è specializzato in operazioni di maggioranza di private equity nel mid market italiano, con focus su aziende industriali di eccellenza con fatturato tra 10 e 40 milioni di euro e un forte approccio operativo.

In scena non mancano neanche le sgr tradizionali. La prima, tematica, è Alternative Capital Partners, società di gestione presentata alla community finanziaria nel marzo scorso e dedicata a investimenti che rispettano i criteri esg (environmental, social and governance).

A fondarla sono stati Emanuele Ottina, ex Morgan Grenfell e Jp Morgan, ed Evarist Granata, già in Artur Little, affiancati dagli amministratori indipendenti Michele Garulli, già responsabile del mid-corporate equity investment in Mediobanca, Carlo Durante, già fondatore di Maestrale ed Eta-Blades, ed Edmondo Tudini, professore all’Università Bocconi. I primi due fondi in rampa di lancio saranno gestiti da manager fra i quali Gian Paolo Toriello, Energy Infrastructure Fund Manager & Partner, in precedenza senior investment manager presso Cassa depositi e prestiti nei settori energia e infrastrutture e senior advisor per la politica energetica e industriale del MISE, e Rosanna Saracino, chief financial officer con oltre 30 anni di esperienza. Nella compagine societaria, oltre ai soci fondatori e al senior management, figurano anche un parterre di soci industriali fra i quali le famiglie Cardano/Di Vincenzo, Ielo, Ginena, Griffo, Ferragamo e Cabassi.  Obiettivo della nuova sgr è di gestire fondi di private capital dedicati agli investimenti in progetti di energy infrastructure e fondi immobiliari che investono in infrastrutture sociali (quali co-working, co-living, student housing) con l’intento di attirare investitori professionali istituzionali (assicurazioni, fondazioni bancarie, fondi pensione, casse di previdenza ecc) e privati (family offices e realtà di wealth management), sempre più attratti da investimenti in asset alternativi illiquidi e decorrelati dai mercati finanziari.

La seconda sgr è Entangled Capital. Attualmente in attesa di autorizzazione a operare da parte di Banca d’Italia, la società di gestione di fondi chiusi, anch’essa dedicata alle pmi, è stata lanciata da altri due giovani professionisti del settore e cioè Roberto Giudici, già senior investment manager di Green Arrow, assieme ad Anna Guglielmi, già investor relator di Quadrivio e poi in Green Arrow. A loro si affiancano…

 

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Noemi

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