Debito pubblico, a venderlo non sono gli investitori stranieri

Oltre alla questione dei migranti e ai vaccini, il dibattito politico – e social – degli ultimi mesi si è concentrato molto spesso sul tema del debito pubblico. In particolare, molti hanno sollevato la  possibilità di un attacco al mercato obbligazionario italiano se questo debito, arrivato al 133% del pil a oltre 2.200 miliardi, venga percepito come insostenibile.

Attacco” significa in sostanza che gli investitori mettono in vendita i loro titoli, il che porta a un calo dei prezzi e, per contro, a un aumento dei rendimenti. L’aumento dei rendimenti a sua volta determina un aumento dei costi di rifinanziamento dello Stato italiano, che è uno dei paesi più indebitati al mondo.

Un’analisi di come gli investitori abbiano effettivamente ridotto le proprie partecipazioni di obbligazioni italiane negli ultimi anni offre alcuni spunti interessanti che potrebbero essere alla base di questi “attacchi”.

Nel suo grafico della settimana, Dws Investments mostra come le posizioni sui titoli di Stato italiani di vari gruppi di investitori sono cambiate rispetto all’introduzione dell’euro. Complessivamente, il debito pubblico italiano finanziato da obbligazioni è salito da 1.180 miliardi di euro a 1.995 miliardi. Di questo aumento, le banche centrali ne hanno acquistato 314 miliardi di euro, mentre le istituzioni finanziarie nazionali ne hanno aggiunti 417 miliardi. Se poi gli investitori esteri, nel complesso, hanno aumentato le proprie posizioni di 373 miliardi, chi ha venduto sono stati gli investitori italiani, quali famiglie e imprese tramite asset manager o di loro iniziativa: le loro posizioni si sono ridotte di 289 miliardi di euro.

 

Noemi

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