Tutta Cdp, partita per partita

Da un lato soggetto che affianca le piccole e medie imprese, dall’altro asso nella manica dello Stato da tirare fuori nelle partite di sistema. A un anno dalla nomina di Fabrizio Palermo quale amministratore delegato e Massimo Tononi quale presidente (nella foto da sx), Cassa depositi e prestiti (Cdp) è oggi impegnata su diversi fronti.

Se guardiamo l’attività degli ultimi 12-14 mesi, non sfugge che la Cassa, con i suoi 250 miliardi di attivo proveniente dal risparmio postale degli italiani e 36,7 miliardi di patrimonio netto, sia stata talvolta usata come “cassa” (nomen omen), per partite industriali e necessità del momento. Un esempio è stata la cedola straordinaria da 960 milioni di euro sui dividendi 2018, dei quali 800 richiesti dal ministero dell’Economia, azionista all’82,77% di Cdp, per portare il deficit a 2,1% e convincere l’Europa a non avviare la procedura d’infrazione (come effettivamente è stato).
Ma non è l’unico. L’istituto di Via Goito è stato fatto intervenire, nell’aprile scorso, anche nella partita su Tim giocata dall’azionista di riferimento Vivendi e il fondo attivista Elliot.
A deciderlo era stata la precedente gestione del duo Claudio Costamagna e Fabio Gallia, ma quest’anno la quota in mano a Cdp è passata dal 5% del 2018 a quasi il 10%. Di mezzo c’è la questione Open Fiber, di cui diremo più avanti.

A maggio di quest’anno, poi, Cdp è stata nuovamente chiamata in ballo sul dossier Alitalia – si è parlato addirittura di un suo possibile ingresso in Atlantia, selezionato proprio la scorsa settimana quale nuovo socio industriale nella cordata per il rilancio della compagnia di bandiera. Per il momento, però, Cdp non sembra coinvolta nella soluzione che sta maturando, anche se quando si tratta della compagnia aerea nazionale nulla è certo. Certo è, invece, che lo statuto di Cdp la impegna a promuovere lo sviluppo delle imprese e l’innovazione più che a impegnarsi in operazioni di salvataggio di aziende in crisi (era stata tirata in ballo anche per Ilva, ma anche in quel caso senza effetti). Si vedrà.

Ciò su cui si può essere interessante ragionare, invece, è il piano industriale al 2021 presentato a dicembre. La promessa, fatta in sede di presentazione, era di mobilitare 203 miliardi di risorse (111 miliardi proprie e 92 da investitori privati e altre istituzioni) da destinare a piccole e medie imprese, progetti infrastrutturali e “partecipazioni strategiche”.
E coerentemente nell’ultimo anno non sono mancate le iniziative dedicate alle imprese, sia attraverso accordi di finanziamento con altre istituzioni sia con interventi diretti, soprattutto sul debito. Il tutto mentre è in corso un riassetto delle controllate (si veda il box). Ecco alcuni dei fronti principali che tengono impegnato il gruppo nazionale.

I dossier strategici
Se si dovessero inquadrare i tavoli con le partite più “calde”, anche in termini finanziari, uno di questi sarebbe sicuramente quello relativo a Open Fiber. Cdp, che possiede il 50% della società di telecomunicazioni assieme a Enel, è da tempo a lavoro assieme a Tim per la creazione di una società unica delle reti. L’ultima nota ufficiale sulla questione, datata 20 giugno, è quella di Tim in cui comunica di aver sottoscritto con Cdp ed Enel un “accordo di confidenzialità volto ad avviare un confronto finalizzato a valutare possibili forme di integrazione delle reti in fibra ottica di Tim e Open Fiber, anche attraverso operazioni societarie”. Telecom Italia sarebbe dunque pronta a rilevare il 100% della rete di Open Fiber, pagando Enel in contanti e riservando un aumento di capitale in favore di Cdp, che si ritroverebbe in mano poco meno del 24% della società guidata da Luigi Gubitosi, diventando primo azionista. Uno degli interrogativi riguarda la valutazione che Tim fa di Open Fiber. Le stime più prudenti parlano di un valore intorno ai 3 miliardi, ma una valutazione di Mediobanca porterebbe il valore della società a 8 miliardi. Da considerare anche la situazione debitoria di Open Fiber che nell’ultimo bilancio ha raggiunto gli 800 milioni. Una svolta è attesa dopo il consiglio di amministrazione di Telecom Italia convocato per il prossimo primo agosto, in cui oltre alla presentazione dei dati semestrali il cda potrebbe dare il via ufficiale all’operazione di acquisizione e al cambio dell’assetto societario.

Altro fronte da tenere sotto osservazione è quello relativo a Sia. A fine maggio la cassa, affiancata da Jp Morgan, si è mobilitata per scalare la società di servizi e infrastrutture di pagamento. L’intenzione era quella di arrivare all’83% della società acquisendo prima le quote in mano a F2i (17,05%) e Hat sgr (8,64%) – assistiti da Vitale & Co. e Nomura – per 625 milioni, salendo al 75%, e successivamente attraverso un’opzione call le quote di proprietà di Unicredit e Intesa Sanpaolo complessivamente pari all‘8% circa. Obiettivo finale della mossa? Un’operazione straordinaria, secondo i rumors, probabilmente una fusione – si è parlato insistentemente di Nexi. Se infatti le due società si fondessero, la quota di Cdp sarebbe a quel punto pari a circa il 25-30% della nuova realtà.
Da quel maggio però nulla si è più saputo e la partita è ancora aperta.

Progetto Italia
Prende invece forma l’altro tavolo “caldo” della Cdp, cioè Progetto Italia, il piano di rilancio delle costruzioni voluto da Salini Impregilo in asse proprio con Via Goito, che agisce attraverso Cdp Equity. L’iniziativa passa attraverso il salvataggio di Astaldi da parte di Salini Impregilo che proprio la scorsa settimana ha inviato alla società una nuova proposta di offerta. Nel dettaglio, secondo quanto anticipato da Financecommunity.it a fine giugno, Cdp – che non può entrare direttamente nel capitale di Astaldi per vincoli statutari – sottoscriverebbe l’aumento di capitale di Salini per 250-300 milioni, rilevando il 30% circa e fornendo così la liquidità per il salvataggio di Astaldi e degli altri gruppi di costruzioni. Cdp avrebbe anche il diritto di nominare cinque consiglieri su 15, tra cui il presidente.
Il salvataggio di Astaldi sarebbe dunque solo il punto di partenza del Progetto Italia, un’operazione che punta a creare le condizioni per il rilancio del settore delle costruzioni. La nuova Salini Impregilo dovrebbe aggregare, nel breve, Rizzani de Eccher e Pizzarotti. E poi, più avanti, diventare la calamita attorno a cui coagulare Condotte, Trevi Costruzioni (partecipata dalla stessa Cdp), Fincosit, Vianini, Maltauro e Cmc. In altri termini, nascerebbe un mega-player del settore con Cdp e Salini al comando, protagonista in Italia e capace di giocare anche a livello internazionale.

Pmi e debito
Oltre ai grandi dossier, l’attività di Cdp si concentra, in maniera sostanziale, anche sulle pmi italiane, sia nel finanziamento sia a supporto dell’internazionalizzazione. Fra le altre cose, l’impegno della Cassa è stato rilevante sul fronte bond e minibond. Ci sono stati investimenti diretti, come quello da 35 milioni totali di Cdp e Sace Simest (per 17,5 milioni ciascuno) in due distinte obbligazioni del Gruppo Casillo, azienda pugliese attiva nel settore agroalimentare di trasformazione e commercializzazione del grano, o quello nel minibond da 15 milioni – sottoscritto da Cdp per 10 milioni – di Cogne Acciai Speciali player a livello mondiale nella produzione e distribuzione di prodotti lunghi in acciaio. A marzo poi Cassa depositi e prestiti ha sottoscritto il 50% dell’importo complessivo di due minibond di Imi Fabi per 30 milioni, assieme a Mediobanca Fondo per le Imprese 2.0 (10 milioni) mentre i restanti 5 milioni sono stati sottoscritti da Finint Investments.

Nello stesso ambito, lo scorso mese la Regione Puglia, tramite la sua finanziaria Puglia Sviluppo, in partnership con Cdp e tre banche locali, ha messo in pista un fondo minibond con una dotazione di 100 milioni…

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Noemi

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