Le banche non si espongono verso lo shipping, ma i fondi sì
Lo shipping piace meno alle banche che lasciano spazio ai fondi di private equity.
Stando infatti al report appena pubblicato dalla società di consulenza greca Petrofin Reserach dal titolo “Key Developments and Growth in Global Ship-Finance” le condizioni di mercato dello shipping non sono attrattive per le banche “dal momento che in quasi tutti i segmenti d’attività si registrano eccesso di stiva, pressione al ribasso sul valore degli asset navali, ampio portafoglio ordini per nuove unità e bassi ritorni economici”, si legge nella ricerca.
Non a caso, dunque, a fine 2015 l’esposizione delle prime 40 banche del mondo al settore dello shipping ammontava a 397,84 miliardi di dollari, la stessa cifra dell’anno precedente nonostante la flotta mondiale sia salita di 2 mila navi a 91.526 unità. Ciò indica, per la ricerca, che a finanziare le nuove costruzioni non sono le banche mi fondi di private equity e investitori finanziari, in particolare asiatici.
Nella classifica delle banche esposte al settore, l’unico istituto di credito italiano a comparire nella top 40 mondiale è Unicredit che al 31 dicembre scorso aveva un’esposizione verso lo shipping pari a 5,8 miliardi di dollari.
Le più esposte sono le banche tedesche con 91 miliardi di dollari di finanziamenti a fine 2015, in calo dai 112 miliardi del 2014 e soprattutto dal picco di 155 miliardi di fine 2010, seguono le banche scandinave con 67 miliardi, in aumento dai 62 miliardi del 2014 e in calo dagli 83 miliardi del 2010.