Banche verso un rapporto personalizzato con le imprese

Diversificazione degli investimenti ed evoluzione del modello di servizio delle banche verso l’utilizzo, in maniera prevalente, di strumenti di supporto remoti (social media, customer care, etc.). Ma anche un cambio dell’organizzazione delle filiali per una riduzione dei costi e un rapporto efficace e personalizzato con il mondo imprenditoriale. 

Sono questi i trend che i prossimi anni guideranno l’attività degli istituti di credito italiani, stando a quanto è emerso da una indagine condotta da Luciano Munari, docente di Economia degli Intermediari Finanziari dell’Università di Parma e presentata durante il seminario organizzato da Master Information «A caccia di buoni affari con B2B- Bank to business opportunities- Non c’è banca senza impresa».

Secondo Munari, «il processo di risk management nelle banche italiane è così concentrato su una visione interna da far sì che non ci si renda conto che il vero rischio è che le banche restino senza clienti». Senza contare, come sottolinea Francesco Cesarini, economista e banchiere, che «la situazione delle banche è molto grave poiché nel 2014 ci sono stati 350 miliardi di crediti deteriorati e 197 miliardi di sofferenze (soprattutto nel settore edilizio), il che implica un immobilizzo molto forte del sistema e la difficoltà di concedere prestiti. Le banche dovrebbero avere un atteggiamento più deciso (evitando che il carico di una banca fallita crei problemi alle altre sane) e iniziare a ridurre filiali e personale».

In questo contesto, per Vincenzo Perrone, professore di Organizzazione Aziendale dell’Università Bocconi, «dal 2011 a oggi il credito bancario nelle imprese è calato di circa 10 miliardi e anche se c’è una stabilizzazione, ancora non c’è una vera ripresa e i motivi sono le sofferenze, le regole stringenti, la redditività più bassa, l’ingente costo delle filiali e la frammentarietà del sistema bancario, infine la bassissima propensione all’investimento». Sarebbe quindi opportuno, secondo Perrone, «personalizzare il rapporto con l’impresa, offrendo un vantaggio competitivo attraverso un’offerta diversificata e personalizzata, senza pretendere di azzerare i rischi ma, piuttosto, dotandosi di capacità di discernimento e quindi valutando ogni caso singolarmente».

A questo proposito, dalle recenti ricerche sul cambiamento e il dinamismo imprenditoriale nel territorio dell’Università milanesi Cattolica, Bocconi e dall’Università degli Studi di Parma è emersa l’esistenza di un’evidente spaccatura, anche all’interno di un solo settore, tra le imprese che sono riuscite ad ottenere buoni risultati e imprese che, invece, non ce l’hanno fatta e, ad oggi, si trovano in difficoltà. A generare questa discrepanza è stata l’attitudine di alcune aziende a investire in certificazioni ambientali e a innalzare la qualità, generando tratti distintivi propri dell’impresa; le aziende che si trovano in difficoltà, invece, non hanno fatto alcun salto qualitativo o ricambio generazionale.

Sarebbe quindi importante «la comprensione del contesto – sottolinea Alberto Naef, manager di UniCredit, – e dunque la necessità di nuove forme di collaborazioni, utilizzo di prodotti flessibili e digitali, servizi di supporto della crescita finanziaria e personalized pricing».

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