Banca Carige una preda “appetibile” nel processo di consolidamento

Al momento non ci sono trattative in corso con un’altro istituto, ma Banca Carige, che di recente ha nominato Mediobanca e Jp Morgan come advisor, ha alcune caratteristiche che possono renderla appetibile nell’atteso processo di consolidamento del settore. Come ad esempio dimensioni «non ingombranti», bilanci puliti, la presenza geografica in una regione interessante e la struttura dell’azionariato. 

A riferirlo è lo stesso amministratore delegato Piero Luigi Montani (nella foto) nel corso della conference call con gli analisti sui risultati del terzo trimestre. «Carige porta sicuramente un carico importante di sofferenze ma in un ambito di sistema sono molto marginali», ha poi spiegato Montani sottolineando che sulla componente sofferenze la banca sta lavorando «pesantemente». Inoltre «credo che i dati che rappresentiamo siano molto puliti, con programmi di lavoro avviati che potranno portare in proiezione dei benefici», aggiunge.

Il gruppo genovese ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un risultato netto sostanzialmente in pareggio (0,1 milioni di euro) rispetto al rosso di 328,8 milioni di euro del corrispondente periodo dello scorso anno. Nel terzo trimestre il risultato è stato negativo per 16,6 milioni rispetto alla perdita di 283,2 milioni del terzo trimestre 2014 e alla stima del consenso di un rosso di 29,5 milioni.

Cala invece il margine d’intermediazione nei nove mesi del 22,8% a 445,8 milioni con il margine d’interesse sceso a 212,3 milioni (-24,5%) per il minor contributo del portafoglio titoli. Dall’altro lato però le commissioni nette sono aumentate del 3,7% a 197,5 milioni, grazie alla buona performance del risparmio gestito e dell’attività di bancassurance.

Solida la posizione patrimoniale della banca con un Common Equity Tier 1 phased-in pari al 12,2% dall’8,4% di fine 2014 e un Total Capital Ratio al 14,9%. In calo, invece, le rettifiche di valore su crediti a 196 milioni dai 315,8 milioni dello stesso periodo del 2014 che includevano i maggiori accantonamenti individuati in sede di Credit File 10 Review sui portafogli interessati dall’Aqr (-37,9%) e si sono tradotte in un costo del rischio di 92 punti nei nove mesi. La riduzione, ha spiegato la banca, “riflette la continua e progressiva normalizzazione del costo del rischio di credito della banca in linea con le previsioni del piano industriale”.

Continua anche nel terzo trimestre la ristrutturazione di parte del portafoglio non performing attraverso la sottoscrizione di ulteriori accordi di rinegoziazione per 400 milioni di euro, portando le posizioni ristrutturate a 1,2 miliardi su un totale di 1,7 miliardi di accordi deliberati (oltre al 50% delle posizioni in inadempienze probabili). Oltre 500 milioni nel 2016, ha fatto sapere la banca, potranno essere riammesse in bonis.

Al 30 settembre i crediti deteriorati lordi per cassa verso la clientela sono risultati stabili a 6,8 miliardi rispetto al primo e al secondo trimestre. In particolare, le sofferenze lorde sono ammontate a 3,4 miliardi e sono cresciute nei nove mesi del 9,5% mentre in termini netti sono risultati stabili nel trimestre a 1,4 miliardi con una percentuale di copertura pari al 41%, in aumento di 110 bps rispetto a quella registrata a fine 2014; in particolare, le sofferenze hanno un coverage del 59% (61,4% inclusi i write-off), le inadempienze probabili del 23,7% e le esposizioni scadute del 14,2%.

L’indicatore cost/income è risultato pari al 92%; valore che scende all’86,4%, includendo le risultanze economiche dei nove mesi relative all’attività di credito al consumo di Creditis. 

 

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