Orrick lancia un corporate venture fund per investire sulla legaltech

Negli scacchi si dice spesso che “la miglior difesa è l’attacco”.  La massima potrebbe riassumere anche la strategia di molte categorie professionali che si trovano a giocare una partita importante con le nuove tecnologie. Attaccare, quindi studiare, esplorare e investire, con lo scopo di non farsi trovare impreparati a un cambiamento ormai in atto.

È il caso, per esempio, dello studio legale Orrick che nelle scorse settimane ha lanciato un’iniziativa nuova per il settore: un corporate venture fund da 250mila dollari complessivi per investire in startup di tutto il mondo impegnate nella legaltech innovation.

 

Cliente beta

«Guardiamo a società impegnate nello sviluppo di sistemi tecnologici in grado di migliorare e alleggerire l’attività dello studio, sia nella gestione interna sia per ciò che riguarda il servizio ai clienti – spiega a MAG (scaricalo qui) Alessandro De Nicola (nella foto), senior partner dello studio e curatore del progetto in Italia – e in particolare realtà che stanno sviluppando applicazioni dell’intelligenza artificiale per implementare l’attività legale ad esempio nella gestione dei dati dei contratti».

La law firm si pone nel triplice ruolo di finanziatrice, a supporto e auspicabilmente in co-finanziamento con fondi di investimento quali anchor investor che lo studio si rende disponibile a cercare, consulenti delle startup selezionate, affiancandole nella crescita e nello sviluppo della loro offerta, e di “cliente beta” «per testare il prodotto e affinarlo prima di immettere la versione finale sul mercato», spiega.
Nel dettaglio, le startup che si proporranno – utilizzando i riferimenti sul sito dello studio – saranno selezionate attraverso uno screening tecnico realizzato dagli Orrick Labs, team di sviluppatori interni alla firm, e successivamente, aggiunge De Nicola, «verrà valutata l’utilità della proposta e la coerenza con il diritto e le attività dello studio. È nostro interesse sperimentare la validità di quanto proposto per avere buoni prodotti a disposizione perché al momento non sappiamo il “quando” e il “come”, ma il “se” l’intelligenza artificiale cambierà il mercato non è in discussione». A questo proposito lo studio è già in contatto con università, incubatori e progetti come “Le Village” di Credit Agricole, un hub che vuole accelerare le iniziative imprenditoriali delle giovani realtà e che ospiterà dalle 40 alle 50 startup per 200 postazioni di lavoro, di cui Orrick è partner.

 

Mezzo milione di potenziali clienti

Ma quante giovani società del legaltech ci sono in Italia? «È ciò che vogliamo scoprire – osserva De Nicola – al momento non ce ne sono molte sul mercato, però esistono divisioni di realtà fintech dedicate ad esempio all’area regolamentare che non sono ancora emerse e che hanno difficoltà a trovare le risorse, economiche ma anche nella consulenza, per implementare la loro idea». Di fatto, aggiunge l’avvocato, «la nostra ambizione è creare un mercato che qui non è ancora pienamente sviluppato». Le potenzialità, d’altronde, sono enormi. «Pensiamo soltanto al fatto che in Italia ci sono, per fare qualche esempio, 250mila avvocati, 80mila consulenti del lavoro, 5mila notai. Se contiamo anche le altre figure professionali consumatrici di diritto arriviamo a una platea di oltre 500mila potenziali clienti, cioè mezzo milione di professionisti di livello medio-alto che potrebbero fruire di questi servizi».

Tuttavia l’avvocato riconosce che bisogna fare i conti con il contesto italiano. «Per sviluppare il venture capital in Italia sarebbe necessario stimolare di più le idee innovative e investirvi – osserva De Nicola -. Chiaramente ci vuole tempo, la Silicon Valley esiste da oltre 50 anni e solo con il passare del tempo è diventato un riferimento globale». Inoltre, aggiunge, «occorrerebbe cambiare il contesto giuridico. In Italia ci sono stati molti strumenti normativi, come ad esempio Industria 4.0, che però sono episodici e non creano la giusta fiducia».

 

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