Venture Italia, raccolta stabile nel 2020, in crescita i deal. Il rapporto VeM
L’industria del venture capital italiano l’anno scorso ha raccolto 595 milioni di euro (in linea con i 597 milioni del 2019), distribuiti su 234 operazioni (+58%).
E’ quanto emerge dal rapporto di ricerca Venture Capital Monitor (VeM), nato nel 2008 dalla collaborazione tra Aifi (associazione italiana private equity, venture capital e private debt) e Liuc–Università Cattaneo. realizzato grazie al contributo di Intesa Sanpaolo Innovation Center e dello studio legale E. Morace & Co. e al supporto istituzionale di Iban (Italian Business Angel Association) e Cdp Venture Capital.
Se si guarda solo ai nuovi investimenti (initial) sono stati 200 rispetto ai 121 del 2019. Le operazioni follow-on sono salite a 34 rispetto alle 27 del 2019. E’ aumentato l’ammontare investito negli initial, passando da 436 a 489 milioni, mentre è sceso da 161 milioni a 106 milioni di euro quello nei follow-on.
Stabili i deal di startup e later stage, mentre sono saliti gli investimenti seed, grazie anche ai fondi Italia Venture II Imprese Sud e al Fondo Acceleratori di Cdp Venture Capital, ha sottolineato Giovanni Fusaro, collaboratore dell’ufficio studi e ricerche di Aifi.
Come per gli anni passati, a livello di investimenti iniziali, la Lombardia è la regione in cui si concentra il maggior numero di operazioni (83) e che continua a crescere, coprendo il 42% del mercato (era il 37% nel 2019), anche se sono in crescita, rispettivamente del 5% e 9%, gli investimenti nel centro e sud Italia. Seguono Lazio (11%) e Campania (9%).
Dal punto di vista settoriale, l’Ict monopolizza l’interesse degli investitori di venture capital, con una quota del 46%. L’Ict è costituito per un 30% da operazioni su startup nel comparto dei digital consumer services e per il 70% su società con focus sulle tecnologie a supporto dell’impresa. A seguire, il 12% degli investimenti iniziali è stato diretto verso servizi finanziari (con un crescente interesse per il fintech) e il 10% verso healthcare.
Il totale degli investimenti in TT (trasferimento tecnologico, il passaggio dalla pura ricerca all’industrializzazione) dal 2018 al 2020 è stato pari a 258 milioni di euro su 101 operazioni. Questi risultati sono arrivati grazie al lancio nel 2018 dei fondi della piattaforma ITATech, che a oggi hanno raccolto complessivamente 285 milioni di euro realizzando dal 2018 62 investimenti, per un ammontare totale superiore a 75 milioni di euro (compresi i co-investitori).
Per quanto riguarda il corporate venture capital, si è confermato il trend di una notevole presenza di imprese nei round di venture capital. In particolare, è stata registrata la partecipazione delle aziende negli investimenti a supporto delle realtà imprenditoriali nascenti o nella fase di primo sviluppo in oltre 40 round, in linea con il 2019. Complessivamente venture capital e corporate venture capital hanno investito 270 milioni su 126 round.
Le attività di sindacato tra venture capital, corporate venture capital e business angel hanno fatto registrare investimenti pari a 325 milioni di euro su 108 operazioni. I soli business angel hanno investito 51 milioni in 96 round. Il totale di queste attività ha portato la filiera dell’early stage a investimenti per 646 milioni spalmati su 330 round, in linea con i 650 milioni complessivi del 2019.
In proposito, Paolo Anselmo, presidente di Iban, ha commentato: “Il 2020 è stato un buon anno per l’angel investing, anche grazie agli incentivi fiscali previsti dal Decreto Rilancio. Le operazioni in sindacato con i fondi di venture capital sono più che raddoppiate, arrivando a un valore di 325 milioni di euro, a cui si aggiungono i 51 milioni investiti dai business angel senza i fondi. Nel 2020 più della metà degli investimenti di venture capital realizzati in Italia hanno coinvolto i business angel e mi aspetto che la crescita proseguirà nel 2021. I business angel sono tipicamente uomini HNWI, laureati, imprenditori o liberi professionisti. In questo contesto la percentuale di business angel donne è scesa dal 18% degli anni scorsi all’11%: un livello che può e deve crescere nei prossimi anni. Iban sta spingendo in tal senso”.
Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, ha osservato: “Il dati del VeM mostrano come si possa fare innovazione mettendo a fattor comune tutte le opportunità presenti nel nostro Paese: tech transfer, business angels, sistema pubblico e privato, corporate e venture capital; tutti soggetti che hanno permesso, lavorando insieme, di far crescere questo segmento. Questa strategia è vincente e se ne vedono già i primi risultati: l’innovazione è uno dei driver imprescindibili per la crescita dei Paesi industriali perché permette di restare competitivi e fungere da stimolo per nuovi investimenti e nuovi consumi”.
Anna Gervasoni (nella foto), professoressa alla Liuc–Università Cattaneo e direttrice generale di Aifi, ha aggiunto: “Il 2020 ha visto un rallentamento delle operazioni nel primo semestre, dovuto all’emergenza pandemica che ha visto gli operatori concentrarsi sul portafoglio; la seconda parte, al contrario, ha mostrato una accelerazione dell’attività, chiudendo l’anno con 200 deal initial e un incremento pari al 65% rispetto al 2019. Questo dimostra come l’attività di venture capital non si è fermata”.
Guido de Vecchi, direttore generale Intesa Sanpaolo Innovation Center, ha dichiarato: “Anche in un anno molto particolare, abbiamo contribuito con continuità al raggiungimento dei risultati riportati dal VeM: i venture capitalist partecipati da Intesa Sanpaolo e da Neva e Indaco hanno incrementato complessivamente il numero e il controvalore degli investimenti (40 milioni nel 2020 tra round initial e follow-on); i percorsi di accelerazione quali Techstars Smart Mobility e Startup Initiative sono stati completati come da programma in una rapidissima trasformazione digitale, che ha consentito l’accesso di nuovi investitori extraeuropei; inoltre la collaborazione industriale con BackToWork ha realizzato a inizio anno l’operazione record in Europa, superando i 7 milioni di euro di raccolta”.
A proposito del ruolo del regolatore, Pierluigi De Biasi, partner dello studio legale E. Morace & Co., ha commentato: “E’ positivo che il legislatore italiano abbia predisposto semplificazioni giuridiche per gestire le imprese, ma il problema è la giustizia indietro e tecnologicamente arretrata. La pandemia ha consentito di fare progressi sul profilo tecnologico, ma non basta ancora. Il differente scenario può offrire la possibilità di innovare e le startup, per loro natura, sono i soggetti più adatti per creare il nuovo, senza retaggi mentali derivanti da un passato”.
Sempre sul tema dell’innovazione, Cipolletta ha concluso: “Bene che Governo e Cdp in particolare abbiano investito molto in innovazione in Italia. Ora è importante che si aggiungano i capitali privati e che si finanzi bene il sistema universitario, finora lasciato da parte, altrimenti si concentrerà solo sulla didattica con i pochi fondi a sua disposizione e questo a differenza degli investimenti in ricerca di base non porta crescita di carattere innovativo”.