Tra territorialità e digitalizzazione: i progetti di Banco Desio
di eleonora fraschini
Lo scorso giugno Banco Desio ha firmato un accordo con Bper per l’acquisto di 48 filiali, decidendo così, a differenza di quanto stanno facendo altri istituti di credito, di investire sulla rete tradizionale radicata nel territorio. Con il modello di banca di prossimità, aperta alla digitalizzazione ma mai del tutto dematerializzata, la realtà, nata nel 1909 come cassa rurale, è oggi un solido gruppo bancario quotato alla Borsa di Milano. Le oltre 230 filiali sono distribuite in diverse regioni del Nord e del Centro Italia e contano circa 2100 dipendenti. Per capire le ragioni del successo di questo modello, che sembra essere in controtendenza rispetto al fenomeno delle challenger bank, MAG ha intervistato Alessandro Decio, ad e direttore generale di Banco Desio.
Decio ricopre il ruolo dal 2020, dopo una lunga carriera nel mondo bancario che è iniziata all’estero: a Londra è stato in Imi International, Morgan Stanley International, EBRD – European bank for Reconstruction and Development, per poi ricoprire ruoli di crescente responsabilità in istituti di credito in Croazia, Bulgaria, Turchia. In Italia invece, dopo aver lavorato per McKinsey, Unicredit Group e Ing, è stato amministratore delegato e direttore generale di Sace dal 2016 al 2019.
Quali sono le caratteristiche di Banco Desio?
Banco Desio è una banca un po’ anomala: è quotata ed è una banca di territorio, ma ha una maggioranza e una proprietà familiare che fanno capo alla famiglia Lado-Gavazzi. Un altro elemento particolare è che la famiglia ha da sempre deciso di separare molto distintamente la proprietà dal ruolo dei manager, che sono sempre stati indipendenti. È una banca che ha più di 110 anni, nata in Brianza, che oggi di fatto è quasi nazionale. Oltre che in Lombardia opera anche in Lazio, Marche, Toscana, Emilia, Umbria, Veneto, Liguria, Piemonte e presto anche in Sardegna. È inoltre una banca commerciale tradizionale e quindi la classica banca generalista.
Cosa vi differenzia dai vostri competitor?
Innanzitutto, abbiamo una forte attenzione al cliente. Si avrà modo magari di vedere nella nostra comunicazione che partiamo sempre dai dati che riguardano la clientela e dal livello di costumer satisfaction. Vogliamo essere una banca prudente, ben capitalizzata e molto solida. Ma soprattutto vogliamo essere una banca che si distingue dalle altre per avere impegni, soddisfazioni e livelli di stabilità da parte della clientela significativamente più elevati rispetto alle altre. L’altro elemento che ci distingue sono i colleghi che lavorano nelle filiali: la nostra sfida più grande è fare in modo che siano sempre motivati. A fare la differenza sono sempre la qualità, la formazione e l’entusiasmo delle persone.
Quello della banca generalista è quindi un modello che funziona?
Per un lungo periodo in cui si pensava che non ci fosse più futuro per banche come la nostra, anche se erano presenti sul territorio e in grado di dare risposte ai clienti. Si diceva che il futuro fosse o delle grandi banche globali oppure di banche digitali completamente dematerializzate. Noi però siamo convinti, e i dati ci stanno dando ragione, che la maggior parte delle persone vuole un servizio digitale a cui si accompagni anche la possibilità di avere qualcuno vicino con cui dialogare.
Crediamo che ci sia uno spazio nel mercato importante, perché vediamo che il cliente cerca specializzazione, quindi una competenza su un prodotto specifico, ma anche capacità di risolvere i suoi problemi.
Quali misure avete intrapreso per supportare le famiglie?
A noi…
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