Costruire: Vam apre il capitale ai giovani

di letizia ceriani

Da tredici anni Vam Investments cammina spedita nel private equity italiano. Con un organico di circa 20 persone, la specialità della casa rimane l’investimento nella media e grande impresa nostrana, quella desiderosa di crescere, anche a livello internazionale, sia attraverso piattaforme di consolidamento che con operazioni di buyout. Nell’ultimo quinquennio, la società, sotto la guida di Marco Piana, ha investito 500 milioni di euro in una decina di operazioni. «Ci teniamo molto a sottolineare – spiegano Marco Piana e il suo team investimenti in un’intervista a MAG – che abbiamo anche distribuito ai nostri investitori circa 500 milioni euro, e abbiamo ancora diverse aziende in portafogli, quindi, siamo riusciti a far circolare capitale, abbiamo dimostrato non solo di saper fare investimenti e di saperli gestire, ma anche di essere in grado di vendere, ultimamente la maggiore sfida per gli operatori di private equity».

Gli obiettivi raggiunti e la crescita importante hanno portato necessariamente a un cambiamento nel modo di gestire la società che da sempre ha voluto seguire le orme dei competitor anglosassoni. «Uno dei motivi per cui in Italia il private equity è meno sviluppato che altrove è dovuto al fatto che gli operatori della prima e seconda generazione, affermati negli anni ’90 e nei primi anni 2000, non hanno saputo passare il testimone alla generazione successiva, e molti sono andati out of business. Ma noi abbiamo un’altra filosofia», spiega Marco Piana. La grande novità di Vam riguarda infatti la nomina degli investment director Armando Golia, Davide Asteggiano e Luca Amedeo Masobello, entrati tra il 2016 e il 2021, a partner della società. L’ingresso dei nuovi soci si inserisce nell’ambito del rafforzamento della governance, che si arricchisce anche di due nuove figure tra gli operating partner, quelle di Michel Cohen e Valentina Manfredi. «È il segnale dell’inizio di un processo che non finisce qui ma che avrà un effetto di lungo termine. Sono convinto del fatto che ci sia spazio per tutti per crescere», spiega il ceo Marco Piana.

Sul fronte operativo, Vam coltiva un interesse spiccato per le piattaforme di consolidamento, più efficaci nei settori frammentati e ad alto potenziale, in particolare nel business to business (b2b). La prima prova, superata con successo, nel 2020, anno di nascita di Gruppo Florence, prima piattaforma industriale italiana dedicata alla manifattura di lusso che ha messo insieme ad oggi quasi 40 eccellenze artigianali con un fatturato di 670 milioni di euro nel 2024. «È stata una vera e propria palestra», racconta la squadra, che ha segnato in modo importante la nostra filosofia di investimento e strategia, fondate su alcuni punti saldi: l’imprescindibilità del rapporto con l’imprenditore – per conoscerne i tempi e per saperli anticipare –, un osservatorio diretto sul terreno manifatturiero italiano – per cogliere le opportunità e conoscere i rischi –, un network prolifico a lungo termine – per costruire legami solidi e duraturi. Il 2025 fino ad oggi, racconta il team di Vam Investments, è stato un anno record, che ha portato una crescita notevole del fatturato e delle risorse, oltre alla creazione di altre due piattaforme che si aggiungono al portafoglio della società. Entro l’anno dovrebbe arrivare l’annuncio di un altro importante progetto che rafforzerà ulteriormente il posizionamento di Vam.

In un contesto globale caratterizzato da incertezza e fragilità, non esiste una ricetta di successo valida per tutti. A fianco a pazienza e voglia di mettersi in gioco, in un cocktail davvero esplosivo non può mancare anche una buona dose di creatività. Il tutto all’insegna del costruire. In questa intervista a MAG, Marco Piana e la sua squadra raccontano le ultime importanti novità.

Vam Investments ha aperto il capitale. Da dove nasce l’idea?

Uno dei motivi per cui in Italia il private equity è meno sviluppato che altrove è perché gli operatori della prima e seconda generazione di private equity, che si sono affermati negli anni ’90 e nei primi anni 2000, non hanno saputo gestire il passaggio del testimone alla generazione successiva, e molti sono andati out of business. Fin dalla nascita Vam è stato un operatore gestito in modo professionale ispirato a modelli anglosassoni dove, cioè, i manager senior cercano di dare continuità cedendo il timone alle generazioni successive una volta giunte al livello giusto di competenze e di capacità. Ecco perché Armando, Luca e Davide sono entrati nell’equity di Vam. È il segnale dell’inizio di questo processo, che ovviamente non finisce qui ma avrà un effetto di lungo termine. Siamo convinti del fatto che ci sia spazio per tutti per crescere.

Come si compone la governance?

Diversamente da prima, passeremo a un assetto in cui le decisioni saranno condivise, dibattute e partecipate da un gruppo di persone. Al Cda partecipano anche consulenti esterni che, proprio perché esterni alla quotidianità del team, sono in grado di portare un punto di vista indipendente e diverso che può aggiungere valore. Questo siamo convinti che sia un ulteriore passo avanti nella crescita di Vam: abbiamo infatti quintuplicato le masse gestite, e le persone che lavorano qui sono triplicate negli ultimi cinque anni.

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letizia.ceriani@lcpublishinggroup.it

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