Armònia, il private equity che guarda all’Italia
Alessandro Grimaldi spiega a MAG la strategia della società che affianca gli imprenditori nei loro progetti di crescita e intercetta opportunità lungo tutto lo stivale. Al lavoro sul secondo fondo. Obiettivo 350 milioni
«La nostra linea d’investimento è questa: individuare le aziende che nella loro nicchia di mercato possono, con il nostro aiuto, diventare dei veri e propri leader. L’Italia è il Paese che ha il più alto numero di pmi che, nei rispettivi comparti, sono leader. Per il private equity è un contesto con grandi opportunità di sviluppo». Così Alessandro Grimaldi (in foto), ceo e co-fondatore di Armònia sgr (si veda il box), spiega la strategia del private equity attivo dal 2015. Armònia Italy Fund Iha raccolto capitali per 280 milioni di euro, e a breve sarà lanciato anche un secondo fondo. Il nuovo round dovrebbe aggirarsi sui 350 milioni. La prima fase si dovrebbe concludere con un closing a 150 che, tra i sottoscrittori, dovrebbe vedere casse di previdenza, banche, assicurazioni e family office. Per capire le caratteristiche di questa realtà che valorizza il made in Italy, MAG ha intervistato Alessandro Grimaldi.
Grimaldi è uno dei pionieri del private equity italiano. Nel 2003 fu tra i fondatori di Clessidra e negli anni seguenti ha messo la firma su una serie dei deal iconici con i due fondi Clessidra Capital Partner I (SGI, AdR, Sisal, Giochi Preziosi, Tirrenia) e II (Cerved, Balconi), ricoprendo ruoli al vertice nelle aziende target e nei veicoli intermedi della catena partecipativa. Con Armònia, invece, Grimaldi e soci hanno già all’attivo otto storie imprenditoriali, sei delle quali ancora in portafoglio (per Gsa e Biodue, invece, c’è già stata l’exit): Arrigoni, Aspesi, Estendo, Induplast, Riva e Mariani e Quick.
Alessandro Grimaldi, come è nata l’idea di Armònia e quali sono stati i primi passi?
La mia precedente esperienza è stata in Clessidra, in cui ho lavorato dal 2003 al 2013 gestendo i fondi Clessidra I e II. Armònia è nata nella seconda parte del 2014 e ha ricevuto l’autorizzazione da Banca d’Italia a giugno 2015. Con me fin da subito, Sigieri Diaz Pallavicini (founder), Francesco Chiappetta (founder partner), oltre a Lucia Segni (coo & head of esg), e Dario Cenci (partner), proveniente anche lui da Clessidra. Su questo nucleo iniziale abbiamo costruito un classico fondo di private equity, gestito dai manager e quindi completamente indipendente. Abbiamo poi coinvolto Fabrizio Di Amato (founder), che è l’azionista di controllo di Maire Tecnimont Group, e la famiglia Rovati, ex proprietari di Rottapharm Farmaceutici. Il fondo è rivolto agli stessi investitori che già conoscevamo, ovvero al mondo degli investitori istituzionali e delle varie casse previdenziali.
Qual è la vostra strategia di investimento e cosa vi differenzia nel panorama del private equity?
La particolarità di Armònia è quella di aver privilegiato e implementato la partnership con l’imprenditore. Tutte le operazioni che abbiamo realizzato dal 2016 a oggi, hanno infatti visto gli imprenditori investire accanto a noi. La filosofia della politica d’investimento si basa su pochi concetti. In primo luogo, ognuno deve fare il proprio mestiere: l’imprenditore continua a essere tale, mentre noi seguiamo la parte che riguarda l’organizzazione e la struttura. L’altro aspetto è che nell’operazione usiamo pochissima leva. Lavoriamo invece tanto con l’imprenditore per individuare tutte le altre piccole aziende che possiamo acquisire in un’ottica di progetto e pipeline di consolidamento.
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