Bain: banche italiane tra risiko, incertezze e tecnologia
Non solo risiko bancario. Le banche italiane sono alle prese con tre sfide: ridefinizione degli equilibri geopolitici e finanziari globali; trend demografici e disequilibri sociali; transizione digitale e nuove tecnologie. Le hanno discusse stamattina gli esperti di Bain & Company con i principali esponenti del settore bancario al Bain Banking Event, giunto alla sua terza edizione.
BANCHE E SQUILIBRI GEOPOLITICI
La globalizzazione ha portato crescita e maggiore accesso ai mercati, ma anche a forti squilibri commerciali tra paesi importatori ed esportatori. Ci sono pochi paesi venditori (Cina e Germania in testa) e il grande compratore sono gli Usa, che ora stanno rispondendo con dazi e protezionismo. Ciò avrà un impatto sulle catene di fornitura e sul commercio globale, per cui è prevista una contrazione dell’1%. L’incertezza sulle nuove dinamiche commerciali ha portato a: un crollo dei mercati (nei soli cinque giorni dopo annuncio dei dazi, persi 10 trilioni di dollari in borsa); un aumento della volatilità (riflessa dall’andamento dell’indice Vix); incertezza nelle politiche monetarie, con l’abbandono forward-guidance e l’adozione di un approccio data-based da parte della Bce. Ciò ha sua volta ha avuto un impatto sull’economia reale, in termini di: riduzione delle aspettative di consumo; rallentamento della produzione industriale; diminuzione della qualità del credito (è atteso un aumento dei tassi di insolvenza di 100 punti base).
“Siamo di fronte a una cesura epocale: l’equilibrio commerciale globale si sta riscrivendo e le istituzioni finanziarie devono rispondere con rapidità e lucidità strategica. Oggi più che mai, il ruolo delle banche deve espandersi. Gli istituti finanziari devono essere partner attivi nel supportare la resilienza del tessuto economico e sociale”, ha chiosato Luca Penna, senior partner e responsabile financial services Southern & Eastern Europe di Bain & Company.
Giovanni Ronca, responsabile wealth management di Ubs Italia, ha evidenziato: “L’incertezza per definizione distrugge Pil, come infatti si prevede per il secondo semestre 2025. Gli investitori cercano certezze e stabilità e vogliono dalle banche i prodotti giusti per questo momento. Gli istituti di credito sono chiamati a essere i coach degli investitori e ad aiutarli a ragionare”.
ISTITUTI DI CREDITO E TREND DEMOGRAFICI
L’invecchiamento della popolazione italiana rende necessaria una pianificazione di lungo periodo, anche per il contesto di cultura finanziaria limitata in Italia: il 12% degli italiani è senza competenze finanziarie e il 65% degli italiani investe in bond e conti deposito.
Elena Goitini, ceo di Bnl e responsabile del Gruppo Bnp Paribas in Italia, ha ricordato: “L’innovazione arriva sempre dai giovani (serve l’intelligenza fluida, che si sviluppa fino a 30 anni), ma in Italia saranno sempre meno e sempre meno interessati a restare”.
“Per le banche sarà fondamentale intraprendere programmi di reskilling, upskilling, attrazione e retention dei talenti per guidare la conversione delle competenze richieste rispetto ai nuovi modelli di servizio e allo sviluppo a scala dell’intelligenza artificiale”, suggerisce Penna.
Sempre sul tema demografico, Ronca ha ricordato che la maggior parte della ricchezza deriva da eredità. Inoltre, il 30% della ricchezza passerà di mano alle donne, che hanno una diversa propensione al rischio rispetto agli uomini, infatti esercitano di più lo stop loss, mentre gli uomini tendono a perseverare nei loro investimenti sbagliati.
Stefano Barrese, responsabile della divisione banca dei territori di Intesa Sanpaolo, ha discusso il tema del passaggio generazionale della ricchezza. “Nei prossimi 10 anni ci saranno passaggi generazionali nelle aziende e quelle che non l’hanno pianificato saranno vendute a fondi internazionali oppure operatori industriali esteri. Si guarda al mercato come soluzione, ma non ne abbiamo uno liquido e spesso come quello americano. Inoltre, un’azienda non strutturata e con bassa capitalizzazione inoltre rischia di soffrire se portata sui mercati. Servirebbe uno schema per aiutare il mondo assicurativo a investire nelle imprese, visto che assicurazioni già investono nell’immobiliare. Una soluzione potrebbero essere strumenti di ramo I”.
BANCHE E TECNOLOGIA
La spesa in IT è salita del 20% negli ultimi cinque anni per le principali banche italiane, con oltre 900 milioni investiti su progetti con tecnologie innovative. La tecnologia però richiede anche un’evoluzione delle competenze: il 40% di quelle oggi presenti potrebbe diventare obsolete secondo il World Economic Forum (Wef); il 30% delle nuove assunzioni in banca proviene dalle discipline Stem (Science, technology, engineering and maths), ma l’offerta non tiene il passo. La tecnologia può essere usata anche come strumento competitivo perché abbatte le barriere all’ingresso, ponendo tre punti di attenzione per le banche: disintermediazione della catena del valore; ascesa dei digital attacker; clienti sempre più multibancarizzati, per cui le banche devono puntare a essere la primacy bank (la banca di riferimento del cliente), affermano gli esperti di Bain.
Per Barrese “la tecnologia diventa un fattore critico di successo, perché consente di mantenere aggiornata l’infrastruttura. Però impone anche nuovi modelli tecnologici e di servizio per stare vicini a clienti che saranno sempre più anziani. Ciò richiede tempo per svilupparli e per dare risultati”. La tecnologia però ha anche un lato oscuro da gestire. “Il rischio maggiore oggi è che la tecnologia sostituisca il lavoro umano nei servizi e nelle catene di produzione, portando a un aumento della produttività del lavoro (occorreranno metà persone per fare il doppio del lavoro). Però le persone dovranno vivere meglio e guadagnare più alti, altrimenti questo andrà solo a beneficio degli azionisti e andrà a discapito delle banche con l’ampliamento del mass market, che oggi mediamente ha 5 mila euro da investire”, ha avvertito Barrese.
Goitini sottolineato che la tecnologia ha cambiato il modo in cui i clienti entrano in banca, per cui quest’ultima nel 2030 sarà molto diversa da quella che conosciamo oggi. “La banca del 2030 sarà: ibrida o duttile: avrà sistemi di relazione fisica e digitale, con un modello di servizio ibrido tra i due; umana: nel senso che le persone saranno sempre presenti, parallelamente a robot e AI; sostenibile: l’Esg è già entrato nella strategia delle banche, ma morirà il paradigma di massimizzazione del profitto, perché gli istituti di credito dovranno considerare anche l’impatto della generazione del valore. In ultima analisi, le banche dovranno personalizzare il servizio e al contempo industrializzarlo, ossia abbassarne il costo”.
IL RUOLO DEL PRIVATE EQUITY PER LE PMI
Goitini ha auspicato un sostegno al private equity e una semplificazione delle regole per le pmi, per sviluppare una cultura dell’equity ancora non presente in Italia tra le famiglie e tra le imprese. Anche perchè ad oggi il 70% delle fonti di finanziamento alle imprese proviene dalle banche. Inoltre, sono in atto transizioni epocali come quella digitale ed energetico che richiedono ingenti investimenti (500 milioni di euro l’anno), che lo Stato da solo non può sostenere.
Mario Elio Rottigni, direttore generale di Abi (Associazione bancaria italiana) ha auspicato un premio ai capitali pazienti tramite gli incentivi fiscali.
Infine Goitini sul tema del risiko bancario ha commentato: “In Italia stiamo a discutere su operazioni di risiko per creare banche più grandi guardando al contesto italiano. Ma se guardiamo a livello europeo, ci rendiamo conto che il nanismo affligge anche il sistema bancario italiano”.
Nella foto, da sinistra a destra, Luigi Penna, Stefano Barrese, Giovanni Ronca, Mario Elio Rottigni, Elena Goitini e Maurizio Molinari