Banche alle prese con lo tsunami compliance
I termini di attuazione della Mifid 2, la direttiva Ue che regola molti aspetti del mercato finanziario europeo, sono “estremamente avari”. Lo ha detto due settimane fa il presidente della Consob europea, l’Esma, Steve Maijor all’Economic and Monetary affairs committee del Parlamento europeo.
Per questo motivo, ha ribadito Maijor, l’organo di vigilanza sarebbe disposto ad appoggiare l’idea di prorogare di 12 mesi l’entrata in vigore della direttiva. Un ritardo necessario, secondo l’esponente della Commissione europea, «se vogliamo avere una corretta ed efficace attuazione» della direttiva, vista la complessità per i regolatori, le banche e i broker di adattare i sistemi alle nuove regole in tempo per la data prevista del 3 gennaio 2017.
La notizia, circolata giorni fa sulla stampa, sarebbe una boccata di ossigeno per molti istituti bancari. Soprattutto in virtù del fatto che la Mifid 2 è solo l’ultima di una serie di norme che nel corso degli ultimi anni sono state introdotte dai legislatori, sia comunitari che nazionali, per regolare l’attività bancaria. Una stretta che se da un lato vuole fornire alle banche i paletti entro i quali svolgere la loro attività, dall’altro ha involontariamente affidato un ruolo sempre più rilevante e significativo alla funzione compliance, che dall’essere una struttura affidata a poche decine di persone oggi è all’attenzione di un vero e proprio team organizzato che presidia tutte le attività della banca.
DALLA CRD IV ALLA MIFID2
Dal 2008 a oggi, e in particolare negli ultimi due anni, nell’ordinamento bancario italiano c’è stata una formazione «alluvionale» di norme sia per quanto riguarda i servizi bancari sia quelli finanziari. Fra le più significative, come spiega l’avvocato Dino Donato Abate, del dipartimento banking e regulatory dello studio Atrigna & Partners, ci sono ad esempio «la direttiva Ue 36 del 26 giugno 2013, chiamata CRD o Capital Requirements Directive, e il regolamento 575 del 2013, il cosiddetto CRR o Capital Requirements Regulation.
La prima disciplina, fra le altre cose, le condizioni per l’accesso all’attività bancaria, la libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi e le riserve patrimoniali addizionali, mentre il secondo introduce una serie di istituti di vigilanza e armonizza la disciplina d’ordinanza a livello comunitario». Tali norme compongono il cosiddetto “pacchetto CRD IV” che ha «l’obiettivo di aumentare la capacità patrimoniale delle banche, di migliorarne la gestione del rischio e la governance, nonché la trasparenza e l’informativa», osserva Abate. In sostanza, «il regolatore ha voluto dare una definizione maggiormente armonizzata del capitale e prevedere requisiti di patrimonio più elevati». Di conseguenza le banche ora sono chiamate ad avere un livello di capitale di migliore qualità (misurato con l’indice Common Equity Tier 1), devono dotarsi di una strategia e di un processo di controllo dell’adeguatezza patrimoniale e darne informazione al pubblico.
In questo quadro subentra anche la direttiva Ue 59 del 2014, «che armonizza le procedure per la risoluzione delle crisi degli intermediari» e che ha come novità principale «l’introduzione del cosiddetto bail-in, il principio secondo cui, per limitare l’impatto sui bilanci pubblici degli interventi per il salvataggio delle banche in difficoltà (bail-out), la copertura delle perdite è affidata in primo luogo agli azionisti, agli obbligazionisti e ai creditori», evidenzia Abate.
Contemporaneamente, ricorda l’avvocato, «negli ultimi due anni Banca d’Italia, oltre ad aver attuato le norme comunitarie, ha anche introdotto nuove normative volte a migliorare l’attività di supervisione. Ad esempio le “Disposizioni di vigilanza per le banche” del 17 giugno 2014 hanno introdotto una serie di paletti alla governance fra i quali l’impossibilità per il presidente del consiglio di amministrazione di avere ruoli esecutivi». Sul lato servizi finanziari, invece, la Mifid2, ufficializzata nel 2014, «rivoluziona lo svolgimento dei servizi di investimento e di consulenza e l’organizzazione interna degli intermediari».
COMPLIANCE A 360 GRADI
Per far fronte a questo “tsunami normativo”, le banche hanno dovuto adeguare soprattutto i sistemi di vigilanza interna, dando sempre maggiori poteri e responsabilità alla funzione compliance, che dunque ha assunto anno dopo anno un ruolo nuovo rispetto a quello che aveva prima della crisi…
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