Bpm-Banco presentano il piano al 2019

Con obiettivi che appaiono chiari e una road map ben definita, avvia ufficialmente i lavori la nuova banca nata dalla fusione tra Banca Popolare di Milano e Banco Popolare. 

Stando al piano 2016-2019, l’istituto che nasce, terzo in Italia, e vuole essere una banca “solida”, ha come scopo il raggiungimento di un utile netto di 1,1 miliardi di euro entro il termine del piano, un Cet1 ratio del 12,9% dall’attuale 12,3%, a livelli “assolutamente soddisfacenti” e un ritorno sul patrimonio netto tangibile che, al netto dei dividenti, punta ad arrivare al 9% l’anno. Ma anche, ed è uno degli elementi più osservati dalla comunità finanziaria, la riduzione dei crediti deteriorati attraverso la vendita di pacchetti per un totale di 8 miliardi, una migliore copertura delle restanti sofferenze (dal 57% del 2015 al 59% nel 2019, a livello delle “tre maggiori banche italiane”) e n tasso di recupero dal 2,7% al 4,5% nel 2019. Quest’ultimo punto sarà da portare avanti con la creazione di una “npl unit”, ossia una nuova divisione focalizzata sulla gestione dei crediti deteriorati che riporterà direttamente al Ceo e conterà su 300-350 dipendenti. Così facendo, la riduzione attesa dei deteriorati è pari al 25% dello stock totale, che passerebbe dai 31,5 miliardi di fine 2015 ai 23,9 miliardi previsti per il 2019.

È un piano “ambizioso ma non velleitario”, ha detto vil futuro Ceo del gruppo Giuseppe Castagna (nella foto), oggi numero uno di Bpm, che per ora piace al mercato, tanto che i titoli sono saliti: Banco Popolare ha chiuso in rialzo del 3%, Bpm dell’1,1%. La banca lombarda e quella veronese insieme genereranno un tile netto di 1,07 milioni nel 2019, un livello dell’80% superiore a quello del 2015, calcolato al netto di elementi straordinari, con una crescita media annua del 16,1%. Un utile che la banca conta di redistribuire ai soci nella misura pari al 40% dei profitti ogni anno. 

Elemento decisivo del piano è l’attesa creazione di valore. Il nuovo gruppo, si legge nella nota, beneficerà di sinergie per 460 milioni, in particolare con riduzioni di costi per 320 milioni di euro. Qui decisivo sarà il taglio delle spese per il personale, pari a 140 milioni e per 1.800 esuberi, tutti da effettuare tramite ricorso fondo di solidarietà (già oggi 17 maggio ci saranno incontri con i sindacati), e la riduzione delle filiali, destinate a scendere dalle attuali 2.417 a 2.082, ma è possibile che in prospettiva si scenda a quota 1.700-1.800.

A regime, nel 2019, i maggiori ricavi dovrebbero essere pari a 138 milioni, pari al 2,7% dei dati combinati al 2015, anche grazie all’azione su Aletti e Akros. Una particolare menzione va anche all’investment banking, dal quale il gruppo si attende un cagr del 17%, da 67 milioni nel 2015 a 126 mln nel 2019. Questo perché, spiega Castagna, dalle sinergie dei due gruppi si potrà “recuperare” una piccola parte di mercato attualmente in mano alle major. 

Presentato il piano, il prossimo passo sarà l’aumento da un miliardo di euro del Banco, essenziale per procedere all’aumento degli accantonamenti. E in questo senso Pier Francesco Saviotti si definisce “ragionevolmente tranquillo” che l’adesione all’aumento di capitale da parte dei soci “ci consentirà di chiuderlo entro la metà di giugno”, dopo l’autorizzazione delle autorità entro fine mese.

Le linee guida del progetto sono state inviate ieri in Bce e verranno presentate agli investitori in un road-show che parte a Milano, per proseguire a Londra e Parigi La prossima settimana il Cds di Bpm esaminerà il parere degli advisor sul piano per dare martedì il parere finale (non vincolante). Il giorno successivo, martedì 24 maggio, il progetto di fusione dovrà essere approvato definitivamente dal Cdg di Bpm e dal Cda del Banco Popolare per essere inviato, insieme allo statuto, a Francoforte, che entro 90 giorni dovrà dare il suo  nulla osta.

Noemi

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