Carige presenta il piano industriale al 2020 da almeno un miliardo

Via libera di banca Carige al piano industriale 2017/20120. L’obiettivo è quello di puntare sulla banca commerciale, quale core business del gruppo, “superando le negative eredità del passato, in particolare in termini di qualità degli attivi e livelli di cost income”. 

Per fare questo la banca guidata da Paolo Fiorentino (nella foto) metterà in pratica una strategia declinata su quattro pilastri: rafforzamento patrimoniale, qualità dell’attivo, efficienza operativa e rilancio commerciale. Attraverso questi interventi il Piano prevede di raggiungere valori al 2018 di CET1 e TCR rispettivamente pari a 12,5% e 13,8% e a fine piano pari a 13,9% e 15,1%. 

Il livello di NPE ratio netto (nel 2016 pari a circa il 22%) a seguito dell’implementazione della strategia di deleverage/derisking su sofferenze e unlikely to pay di oltre il 50% dello stock, entro la fine del 2018 calerà fino a raggiungere il valore target al 2020 dell’8,1%. I coverage ratio di tutti gli aggregati verranno contestualmente incrementati: past due da 16,3% (2016) a 18% (2020); UTP da 27,9% a 42,7% (2020) e sofferenze da 64,8% a 66,1% (2020).

La politica di razionalizzazione dei costi e la nuova strategia commerciale contribuiranno a determinare la discesa del cost/income ratio da 81% (2016) a 56,7% (target 2020); dal 2018 è previsto il ritorno ad un risultato economico positivo (25 milioni di euro), che si consoliderà fino ad un utile di 146 milioni di euro nel 2020 (ROTE 6,5%). 

Rafforzamento e qualità dell’attivo

Sul primo fronte le misure già individuate e in corso di definizione sono prima di tutto un aumento di Capitale da 560 milioni di euro da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea Straordinaria degli azionisti convocata per il 28 settembre prossimo, di cui 60 milioni di euro riservabile ai destinatari dell’operazione di liability management, da realizzarsi entro la fine di quest’anno. L‘operazione di Lme riguarderà obbligazioni subordinate del valore nominale di 510 milioni, ha spiegato Andrea Soro, Cfo del gruppo. L’aumento è assistito da un accordo di pre-garanzia siglato con Credit Suisse e Deutsche Bank.

In secondo luogo la cessioni di asset, tra cui alcuni immobili di pregio (soprattutto a Milano e a Roma), la società di credito al consumo Creditis, la cessione del ramo di business merchant book e la piattaforma di gestione degli NPL. Dalle dismissioni e dall’operazione di liability management, che verrà effettuata successivamente a valle dell’Assemblea, “è atteso un rafforzamento patrimoniale per oltre 480 milioni”, spiega la banca. 

Parallelamente la Banca ha definito un’ampia strategia di rafforzamento della qualità dell’attivo con un’azione di de-risking e de-leveraging del credito deteriorato (non performing exposures – NPE). La pulizia dei crediti deteriorati vedrà passare lo stock complessivo dai 7,3 miliardi di fine 2016 ai 3,1 miliardi a fine Piano, sarà accompagnato da una strategia di de-risking e de-leveraging, insieme ad un rafforzamento ulteriore della gestione sui nuovi impieghi.

In particolare, la strategia prevede, oltre alla cessione di un portafoglio di sofferenze di circa 940 milioni di euro assistita da GACS finalizzata lo scorso agosto, una nuova cessione, già in fase avanzata, di sofferenze per un controvalore fino a 1,4 miliardi, la cessione di 500 milioni di posizioni classificate come inadempienze probabili (unlikely to pay), nonché la cessione della piattaforma npl a un operatore terzo specializzato, al quale sarà affidata la gestione con la definizione di un servicing agreement.

Alle operazioni di deleverage, spiega la banca,si affiancherà un approccio proattivo nel recupero del credito deteriorato attraverso un nuovo modello di gestione che vede come principali leve l’implementazione della NPE Unit e nuove strategie di recupero”. L’intenzione è quella di “ridurre significativamente lo stock complessivo di NPE (-54%) passando dai 7,3 miliardi di fine 2016 a 3,4 miliardi nel 2018 (3,1 miliardi di euro nel 2020)” e al di sotto dei limiti richiesti da BCE (3,7 miliardi di euro al 2019). Il livello di NPE ratio netto scenderà così dal 21,9% all’8,1%, in linea con le best practice di mercato, mentre la copertura sull’aggregato complessivo è previsto salire di oltre 8 punti percentuali nel corso del piano, dal 49,7% del 2016 al 57,8% del 2020, grazie soprattutto agli accantonamenti effettuati sul portafoglio UTP. Il costo del rischio potrà così ritornare su livelli sostenibili, nell’ordine dei 55 bps al 2020. 

Efficenza operativa e focus sul commerciale

Il terzo fronte riguarda interventi specifici sulle singole aree della banca, che determineranno una ampia rivisitazione del modello operativo e gestionale, “con l’obiettivo di recuperare i gap di efficienza operativa rispetto al benchmark di mercato”. In particolare le macro aree di intervento andranno dalla semplificazione delle strutture centrali, la razionalizzazione della Rete con la chiusura di 121 filiali (il 21%) e la riduzione dell’organico (-20% a fine piano) con riduzioni previste per 55 milioni di euro nel corso del Piano (-26%). Gli investimenti a supporto della trasformazione ed evoluzione industriale, pari a circa 100 milioni di euro nel corso del piano, verranno indirizzati sullo sviluppo del nuovo modello di servizio/filiale con la figura centrale del direttore.

Quanto al rilancio commerciale, questo “punto nodale” della nuova visione strategica passa attraverso la concentrazione sui territori e sulla clientela “core” soprattutto Retail, Small business e PMI.  In questo contesto, centrale sarà la figura del Direttore di Filiale mentre sono previste oltre 150 nuove nomine. Prevista anche la creazione di una Innovation Unit dedicata al disegno e governo della strategia digitale e la “piena valorizzazione” al Brand Cesare Ponti per quanto riguarda il wealth management. 

Noemi

SHARE