CINQUANTA SFUMATURE DI BAD BANK

di laura morelli

Bad bank si, bad bank no, questo è il problema. Anche se il dilemma vero e proprio, che nelle ultime settimane ha coinvolto molti fra i principali protagonisti del mondo della finanza, da Gian Maria Gros-Pietro di Intesa Sanpaolo e Alberto Nagel di Mediobanca, passando per il ministero dell'Economia fino all'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, riguarda soprattutto il come.

Su un punto sono tutti d'accordo: è arrivato il momento di fare “pulizia” nei bilanci delle banche dai crediti deteriorati, circa il 18% del totale (oltre 320 miliardi di euro) in modo da consentire agli istituti di offrire nuovi prestiti alle imprese e riattivare l'economia. Il 30% delle imprese esposte presso le banche, infatti, è in difficoltà nell'onorare i debiti. La bad bank fungerebbe dunque da società veicolo, dotata di un capitale di 3 miliardi, nel quale verrebbero fatti confluire almeno 100 miliardi di crediti deteriorati. I soci della newco sarebbero le stesse banche, investitori privati, fondi di private equity e lo Stato, e si finanzierebbe emettendo titoli fino a 30 miliardi di euro con garanzia pubblica per il 5 -10% delle perdite sugli acquisti.

Il premier Matteo Renzi avrebbe già messo a lavoro un gruppo di advisor, con l'idea di finalizzare l'operazione in quattro settimane. A far parte della task force, Andrea Guerra, ex ad di Luxottica, Fabrizio Pagani, capo segreteria del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, Vincenzo La Via e Alessandro Rivera, rispettivamente direttore generale e dirigente del Tesoro e Fabio Panetta della Banca d'Italia. I consulenti finanziari sarebbero Goldman Sachs, con il partner Simone Verri, BoFa Merril Lynch, Morgan Stanley, Citigroup, Mediobanca e Orlando Barucci di Vitale e Associati. Per quanto riguarda l'advisory legale, sono Chiomenti e Bonelli Erede Pappalardo gli studi coinvolti.

Al di là delle singole opinioni, quello che dovrebbe emergere, nel dibattito, è la necessità per il Paese di una soluzione «fortemente innovativa», per dirla con le parole dell'Abi, l'associazione delle banche italiane. Innovativa, come, a prima vista, non sembrerebbe essere la bad bank. Accumulare i crediti in sofferenza in un unica società potrebbe risultare inutile (non cambierebbe di fatto la situazione) se non rischioso,come sostiene Adriano Bianchi di Alvarez & Marsal. Se le banche volessero cedere i propri crediti deteriorati alle condizioni di mercato, non avrebbero bisogno di una newco ad hoc, sostiene l'advisor, e se invece la bad bank operasse secondo regole proprie, potrebbe essere vista come poco competitiva dagli investitori privati.
Un esempio virtuoso di soluzione innovativa potrebbe essere invece quello proposto con il Fondo di Valorizzazione delle Imprese, un progetto realizzato nel novembre 2014 da Opera sgr con LR Lex. In sostanza, la boutique compra il debito che le imprese hanno nei confronti delle banche e li trasforma in equity, dotando le aziende delle risorse necessarie a sostenere il bilancio. Da parte loro, le banche ricevono in contropartita una quota del fondo e possono contare su di una maggiore diversificazione del rischio e su di una riduzione di costi e miglioramento della posizione patrimoniale.

Nel dibattito sul bianco o nero, gli esperti della finanza dovrebbero concentrarsi anche sulle sfumature di grigio, per trovare la migliore soluzione a favore, prima di tutto, delle imprese.

Noemi

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