Con Clubhouse Brera anche il circolo diventa 2.0
Dimentichiamoci i vecchi “salotti” con gentiluomini in papillon e abito scuro, intenti a fumare sigari o a sorseggiare drink mentre discutono di politica o di economia. Scordiamoci i palazzi del ‘500, le sale illuminate dalla luce del pavimento in marmo bianco, coi divani di velluto e gli arazzi appesi alle pareti. E togliamoci dalla testa anche l’esclusività che spesso caratterizza questi luoghi, adatti (e aperti) a pochi.
Oggi il “club” è cambiato. E sta iniziando a seguire le regole che scandiscono il mondo del lavoro e la società contemporanea: velocità, rete, flessibilità e comunicazione. Ma l’incontro, il network, restano centrali, perché «sono le relazioni e le prossimità che fanno accadere il business», afferma Jacopo Muzina (nella foto), responsabile del business development & strategic partnerships di Copernico.
La società, fondata nel 2015 dei professionisti del Paese un network di spazi di lavoro e di coworking fatti da uffici, sale riunioni, caffè, ristoranti e sale lettura in cui lavorare, sviluppare il proprio business e conoscere nuove persone. Trasportata da questa evoluzione del concetto di lavoro, più flessibile e informale, Copernico ha dato vita, in collaborazione con professionisti di rilievo come Alessandra Perrazzelli, country manager di Barclays, a Clubhouse Brera, un “circolo 2.0” che unisce gli spazi pensati dal gruppo con un nuovo concetto di associazione di professionisti: la membership è riservata a 500 personalità italiane e straniere di alto profilo (250 uomini e 250 donne), appartenenti a diversi settori economici e produttivi ma accomunati dalla voglia di avere uno spazio condiviso in cui lavorare e «stare bene insieme», sottolinea Muzina. Clubhouse, che sarà anche il primo club in Italia aperto alle donne, si pone quindi in maniera totalmente disruptive, distruttiva, rispetto ai classici club.
Oltre l’ufficio c’è di più
«La società, il lavoro e la comunicazione stanno vivendo un periodo di evoluzione senza precedenti – racconta Muzina – cambiando così anche i bisogni dei professionisti. Noi ci siamo adattati a questi cambiamenti e con Copernico abbiamo pensato di fornire a questi lavoratori degli strumenti per andare incontro all’evoluzione», in particolare «attraverso il real estate: oggi il luogo di lavoro non è più solo un ufficio in quanto tale, ma è diventato un posto dinamico, muta a seconda delle necessità e quindi deve essere in grado di stimolare chi lo usa e affiancare la persona nelle diverse fasi dell’attività professionale», sostiene il manager.
Gli spazi offerti da Copernico, presenti in tutto il Paese e a Bruxelles e aperti a tutti, sono dunque luoghi «flessibili», con desing moderni, che danno la possibilità di «accedere a contenuti e conoscere nuove persone, accelerando il proprio business».
Il gruppo, che oggi gestisce spazi per 25.000 mq, 620 uffici, ospita oltre 600 aziende e 2.400 professionisti, ha però deciso di compiere il passo successivo: «Abbiamo pensato di ampliare il target e portarlo a un livello più elevato coinvolgendo i decision makers, ossia manager, imprenditori, chi fa business origination, coloro insomma che hanno il bisogno di lavorare fuori dall’ufficio o di avere uno spazio, una sorta di foresteria, in cui intrattenere delle relazioni».
Così si è arrivati a Clubhouse Brera, che ha avviato i lavori lo scorso aprile, in concomitanza con il Salone del Mobile. Un club che vuole essere totalmente «innovativo», a partire dagli interni.
Situato nel centro di Milano, nell’ex Teatro delle Erbe, il club consiste fisicamente in uno spazio grande 1000 mq arredato e reinventato in chiave contemporanea, con attenzione al design, dallo studio di architettura di Laura Stecich e composto da un’area lounge, sale meeting, un caffè e ristorante, un “giardino segreto” e office suites con chaise-longue e bagno con doccia privato per alternare le esigenze di lavoro e di relax.
In sostanza un luogo in cui «stare bene, sia nei momenti di svago che di business relation», sottolinea Muzina. Nuove necessità Sono tre le funzionalità principali della Clubhouse: «Innanzitutto essere un “soft landing” per aziende o imprenditori stranieri», spiega Muzina.
«La nostra Clubhouse è un ambiente in cui gli operatori stranieri che vengono a esplorare il nostro Paese per futuri investimenti, diventando soci con una quota di circa 3 mila euro all’anno, possono organizzare i loro incontri, pranzare con i potenziali partner economici o conoscere professionisti italiani che sappiano guidarli nel nostro mercato». Un luogo …
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