DC Advisory: «Ci avviciniamo al numero perfetto»
di letizia ceriani
L’ultimo faccia a faccia di DC Advisory Italia con MAG risale al 2022, quando la boutique aveva appena due anni e mezzo. La storia è iniziata nell’ottobre 2019, quando il colosso Daiwa Securities – che aveva acquisito nel 2009 la vecchia banca d’affari inglese Close Brothers –, decise l’apertura dell’ufficio italiano.
Il progetto si è evoluto, la squadra è cresciuta – i professionisti dai 4 iniziali sono diventati 15 – e, se le tecniche si sono indubbiamente affinate, non è cambiato lo spirito d’intraprendenza che muove il fare del «braccio armato di investment banking» del player nipponico, che di dipendenti ne ha più di 15mila, con una market cap di circa 10 miliardi di dollari e che, con il suo secolo di storia alle spalle, svolge numerose attività finanziarie oltre al puro financial advisory negli oltre 20 uffici sparsi per il globo.
Che cos’è DC Advisory in Italia, oggi? «Una presenza nel mid-cap non solo stabile, ma significativa». A rispondere sono Francesco Moccagatta (in foto al centro) e Giuliano Guarino (in foto a sinistra), intervistati da MAG, rispettivamente ceo e co-head per l’Italia. «Il punto di partenza rimane sempre l’azienda di medie dimensioni, anche se il contesto e la size media dei deal cambiano a seconda del paese di riferimento», spiega Guarino. Le operazioni da 100 a 250 milioni di euro di valore sono la fascia «prediletta» dai professionisti di DC, anche se nell’ultimo periodo l’asticella si è alzata, con deal che hanno superato i 30 milioni di Ebitda.
Per farlo, il team ha lavorato, non tanto sui volumi, quanto sulla tipologia degli incarichi e sul capitale umano. Un modus operandi, racconta Giuliano Guarino, fondato su due pilastri: l’oculata fase di preparazione e la fidelizzazione dei clienti, con i quali si instaura «un vero e proprio legame intellettuale».
Squadra che vince…
La squadra di DC in Italia si è progressivamente allargata fino a raggiungere quota 15, ma ovviamente il piano non prevede di fermarsi qui. L’obiettivo è arrivare a 20 risorse, per raggiungere gli standard europei. Assicurano i managing director: «Restiamo opportunistici: gli ingressi saranno determinati dalla qualità dell’offerta di risorse sul mercato. Anche nel nostro settore, una situazione congiunturale più complessa determina opportunità inaspettate che bisogna saper cogliere al momento più opportuno».
Tra gli ultimi ingressi, fondamentale quello di Pietro Braicovich (in foto a destra), entrato a febbraio 2024. Banker di lungo corso proveniente da Houlihan Lokey, dove è stato co-head per l’Italia, in DC il professionista riveste la carica di executive vice-chairman e membro dello European management committee. La sua nomina, a detta di Moccagatta e Guarino, ha permesso alla boutique di ampliare le competenze nei settori del capital structure advisory e del mercato dei capitali, andando a integrarsi col progetto di sviluppo internazionale.
Questa strategicità è eredità di Daiwa, così come lo è l’approccio culturale, un minimalismo asiatico che traspare, dalle piccolezze – lo stile, il gusto estetico, persino i valori – ai dettagli più evidenti.
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