Ecco i bankers in campo per l’Opa su Pirelli
Destinazione, Cina. Il viaggio di Pirelli verso la terra del dragone è cominciato. E terminerà il prossimo 13 ottobre, con lo scadere dell’Offerta pubblica di azioni che la Marco Polo Industrial Holding, la società controllata dal colosso cinese ChemChina (65%) e partecipata da Camfin (35%), ovvero Marco Tronchetti Provera più Intesa Sanpaolo e Unicredit e i russi di Rosneft con il veicolo Lti.
Nutrita la schiera di advisor che seguono l’operazione. Per ChemChina e Tronchetti lavorano Rothschild, con un team guidato dall’amministratore delegato in Italia Alessandro Daffina e partecipato tra gli altri da Luca Jelmini e Riccardo Alessandro Rossi, Lazard, con il managing director Marco Samaja e il director Luca Schinelli, Jp Morgan, con un team della sede di Londra composto da Francesco Magrì, Giovanni Ciani Bassetti e Luca Santini, e Intermonte, con l’ad per il settore corporate Fabio Pigorini e Andrea Lago.
Pirelli è affiancata da Deutsche Bank, che agisce con Giuseppe Baldelli e Laura Lazzarini, e Goldman Sachs, tramite i managing director Antonio Gatti e Paolo Battaglia, mentre i consiglieri indipendenti sono seguiti da Citigroup, con Andrea Nappi e Pierpaolo di Stefano.
L’obiettivo della Marco Polo è dunque conquistare il controllo della società di pneumatici, di cui oggi hanno in mano il 20,3% dopo aver acquisito le azioni che erano di Camfin per 1,5 miliardi circa.
Si tratta in sostanza del 76,5% del capitale ordinario più 12 milioni di azioni di risparmio. Una quota per la quale Marco Polo metterà sul piatto oltre 5,6 miliardi di euro, nel caso di totale adesione all’offerta. All’esborso la partecipata di ChemChina e Camfin farà fronte con 2,1 miliardi «mediante apporti di capitale che saranno messi a disposizione da parte del suo socio unico HoldCo» (uno dei veicoli della lunga catena di controllo) e per massimi 3,6 miliardi attraverso finanziamento bancario. Le linee di credito sono per 4,4 miliardi in totale.
Il prezzo dell’Opa, si legge nel prospetto, resta lo stesso dell’operazione iniziale: 15 euro per azione. Un limite che non potrà essere superato neanche in caso di esercizio del diritto di recesso.
Tra i vari possibili scenari, se l’Opa dovesse andare a buon fine con una adesione tra il 90 e il 95% del capitale, si procederà alla fusione con ChemChina senza difficoltà e al delisting del gruppo dalla Borsa.
In mancanza di delisting, invece, se l’opa portasse l’offerente a una partecipazione di almeno il 55% si procederà comunque alla fusione, da approvare però con un voto in assemblea. In questo caso i soci dissenzienti hanno diritto al recesso, che è pari alla media del prezzo degli ultimi sei mesi prima della convocazione degli azionisti.
Il riassetto di Pirelli, attraverso varie fasi e al termine dell’opa, prevede infine che Camfin (Coinv) possa aumentare la sua partecipazione fino al 37,3% con un’opzione prevista dagli accordi e chiamata “additional capital increase”. I russi di Lti resterebbero al 12,6% (49,9% la somma quindi delle quota Camfin), mentre ChemChina scenderebbe al 50,1% dal 65%.
I soci italiani di Camfin (Coinv) avranno 6 mesi di tempo per esercitare tale opzione nella newco. Se non lo faranno, passato un anno dalla conclusione dell’Opa potrà in alternativa essere attivata una procedura di vendita forzata fino al 15% della quota detenuta da ChemChina (che quindi scenderebbe al 50,1%). In questo caso i soci italiani di Camfin (Coinv), spiega il documento d’offerta, avranno 6 mesi di tempo per trovare un investitore, o fino a un massimo di tre. Se Camfin decidesse di non utilizzare tale facoltà, nei 6 mesi successivi potranno essere i soci cinesi a trovarli. Tale opzione consentirebbe di far entrare un nuovo socio senza mutamenti della governance societaria.