Finanza alternativa, nel 2018 erogati 1,2 miliardi. Ma solo all’1% delle pmi

I presupposti per smettere, nel prossimo futuro, di chiamarla “alternativa” ci sono. La finanza non bancaria, infatti, sta prendendo sempre più piede tra le aziende italiane che si trovano si fronte un numero crescente di strumenti attraverso i quali reperire le risorse necessarie per la crescita.

A suggerire questa crescita è il  calcolo è degli Osservatori Entrepreneurship & Finance della School of Management del Politecnico di Milano nel primo Quaderno sulla Finanza Alternativa (scaricabile qui). Stando alla ricerca, nei primi sei mesi del 2018, 1.800 aziende hanno raccolto risorse al di fuosi del sistema bancario per oltre  1,2 miliardi di euro. Una cifra che sale a quasi 3,6 miliardi se si include nel conteggio anche lo scorso anno.

Il canale più battuto dalle imprese è quello dei minibond, che ha contribuito per il 51% del mercato (contro il 28% del periodo 2008-2018) e 1,84 miliardi di finanziamenti generati, seguto dal private equity (considerato solo per le operazioni di expansion e replacement) e dal venture capital, che rappresentano il 22% del mercato.

Significativa la presenza dell’invoice trading,  strumento adottato da 900 pmi, che vale il 16% del mercato e che nei 18 mesi ha prodotto un flusso di finanziamenti quasi pari a quello dell’ultimo decennio (580,8 milioni di euro su 612,2 a partire dal 2008). Ancora minoritari ma in crescita il crowdfunding (3%) e le ICOs (al 2%), cioè i collocamenti di token digitali su Internet grazie alla tecnologia emergente della blockchain.

Resta ancora indietro il direct lending (0,6%) che però il Politecnico considera escludendo gli investimenti del fondi specializzati sulle piattaforme fintech, già conteggiati invece tra gli investimenti delle piattaforme fintech di lending e invoice financing.

Nel complesso, come rileva il direttore scientifico della ricerca del Politecnico, Giancarlo Giudici, siamo in presenza di “un mercato che sta profondamente cambiando, dove il gap persistente e non piccolo con gli altri Paesi europei comparabili dimostra che esiste spazio per la crescita e per nuovi attori”.

Per quanto in crescita, il settore trova ancora resistenze e difficoltà, ad esempio da un punto di vista regolamentare, culturale o di informazione. Le 1.800 imprese che hanno avuto accesso a finanziamenti alternativi rappresentano appena l’1% delle Pmi che tendenzialmente potrebbero aspirare . “Serve una robusta politica di educazione finanziaria verso imprenditori e possibili investitori: per incrementare l’offerta di risorse, ma anche per superare un gap culturale che in Italia ha frenato le Pmi nella ricerca di alleanze e di supporto finanziario dall’esterno attraverso fonti alternative al credito bancario”, ha commentato Giudici.

Noemi

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