Forchielli: «Perchè posto tante gags? Fanno ridere e capire meglio la realtà»

«L’ironia è l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza», diceva nel 1800 il filosofo esistenzialista danese Søren Kierkegaard. Perché è proprio l’ironia l’unica arma che, a volte, ci permette di comprendere la realtà, afferrarne le varie sfaccettature e analizzarla con chiarezza senza lasciarsi troppo coinvolgere.

Ne è convinto anche il più attuale editorialista ed esperto Alberto Forchielli (nella foto), presidente del fondo di private equity Mandarin Capital Partners II e di Ossevatorio Asia, che nei suoi canali social pubblica spesso gags e analisi ironiche degli scenari attuali per i suoi lettori.

Il motivo lo spiega lui stesso in questo post su Linkedin:  

«1) Fare gags mi fa scompisciare dal ridere, quando alle 7 di mattina vostra, che sono le 13 mie, “Mogol” e io ci sentiamo per telefono per commentare le notizie del giorno, il ribrezzo (ahimé) si mischia a risate e lacrime che solcano le mie guance, il momento più divertente della giornata;

2) Quando poi leggo le vostre reazioni, le risate raddoppiano. Le vostre risposte argute, le contro-gags, mi insegnano cose che non sapevo e mi fanno sorridere per tutto il resto della giornata;

3) Sono 40 anni che leggo commenti seri, indignati e elaborati su ciò che succede in Italia e nel mondo, spesso sono gli stessi commenti da 40 anni a questa parte, alla fine penso che sia più dignitoso buttarla in gag, perché l’apparato istituzionale e mediatico non merita essere preso sul serio e chi legge non merita di essere preso in giro, meglio per tutti noi riderci sopra;

4) Non faccio calcoli sul fatto che le gags passino meglio dei discorsi seri. Semplicemente le gags mi divertono più dei discorsi seri che oramai ritengo ridicoli. Arrivato alla soglia dei 60 anni non voglio essere assimilato ai tanti imbazurliti che solcano il paesaggio, chi istituzionalmente in giacca e cravatta, chi in felpa, canottiera, a nuoto o a torso nudo;

5) Confermo che non ho nessuno obiettivo di fare o entrare in politica;

6) Da più parti vengo sollecitato ad assumere un ruolo più istituzionale nei miei atteggiamenti, ma chi me lo dice, anche con affetto paterno, non si rende conto che è proprio il mondo istituzionale che mi fa ribrezzo: in nome dell’istituzionalità ho assistito allo scempio di questo paese, non ci sto più! Quanti delinquenti impomatati ho visto in 40 anni!!!! Troppi!!!;

7) Io appartengo a una generazione molto fortunata, sono nato nel ’55 in pieno boom economico, ho fatto il liceo negli anni 70 in cui l’economia andava, si viveva spensierati, si studiava poco, anzi pochissimo, si passavano i pomeriggi a fare sport, ragazze e moto. Lo spettro della globalizzazione, global warming, disoccupazione giovanile e immigrazione di massa non esisteva tanto per fare degli esempi. Nel 1978 ho incominciato a lavorare: sono stati 37 anni di roller coaster in giro per il mondo, anche a Roma vicino alla politica, produttivi e fruttiferi per me e per tanti miei coetanei.

Adesso ho 60 anni, ho passato i 3/4 migliori della mia vita, il 1/4 di vita che statisticamente mi rimane (ma potrebbe essere anche meno), la vecchiaia, non splende per definizione. Mi guardo intorno e vedo lo sfascio. Ma allora non abbiamo combinato niente di buono per la nostra società in 40 anni?
C’è poco da fare i soloni e scrivere sui giornali cos’andrebbe fatto o entrare in politica con piglio fiero dicendo: “Adesso vi insegniamo noi come si fa”.

La mia generazione si deve solo vergognare e io non faccio eccezione per me stesso. Cerco di restituire qualcosa attraverso opere filantropiche, ma è una goccia nel mare. Penso che un altro utile contributo possa essere quello di farvi ridere, sdrammatizzare le situazioni, veicolare la verità e raccontarvi com’è il mondo e come si vede l’Italia da fuori, perché penso che i media, i soloni e l’apparato istituzionale continuino nella loro pervicace tendenza di nasconderci la verità, di farci solo piangere e vergognare..»

SHARE