Generali, Del Vecchio arriva al 5,4%: tutti i passaggi della lotta per il Leone di Trieste

È di ieri l’ultima mossa di Leonardo Del Vecchio nella sfida con Mediobanca: il patron di Luxottica, attraverso la holding Delfin, ha comprato circa 560mila azioni Generali, pari a poco meno dello 0,03% del capitale della compagnia triestina. In questo modo la quota vincolata al patto con Francesco Gaetano Caltagirone e la Fondazione Crt sale al 13,23%.

Ma cosa sta accadendo esattamente in Generali?

La partita vede due schieramenti contrapposti: da un lato Mediobanca, guidata da Alberto Nagel, che si presenterà in assemblea con un 17,22% in Generali, dall’altro l’asse Del Vecchio-Caltagirone che ora detiene quota appena superiore al 13%. Sul piatto, il controllo del Leone triestino, non tanto in termini azionari quanto sul piano della governance.

Le prime mosse da parte dei due veterani della finanza risalgono a fine estate. Tra il 31 agosto e il 2 settembre Francesco Gaetano Caltagirone ha ripreso lo shopping sulle azioni di Assicurazioni Generali acquistando 3 milioni di titoli. In questo modo ha raggiunto il 5,8% confermandosi primo socio privato.

Dopo aver rafforzato le proprie posizioni, hanno annunciato l’intenzione di siglare un patto di consultazione sulle rispettive partecipazioni in Generali. L’accordo, aperto alle adesioni di altri azionisti, ha lo scopo di favorire una gestione “più profittevole ed efficace di Assicurazioni Generali”, come si leggeva in una nota diffusa dai due imprenditori. Del Vecchio e Caltagirone hanno così mostrato apertamente l’insoddisfazione per l’operato di Philippe Donnet, nonostante il Ceo del gigante delle Assicurazioni abbia conseguito i target del piano industriale. Nonostante il raggiungimento di tutti gli obiettivi, Generali resta però ancora lontano dai concorrenti stranieri: capitalizza infatti 27,5 miliardi di euro, meno della metà di Zurich (59,7 miliardi) e circa un terzo di Allianz (80 miliardi). I due imprenditori auspicano una governance più dinamica, che permetta un rapido sviluppo della compagnia. E non sono i soli: il 18 settembre anche Fondazione Crt ha aderito col suo 1,232% al patto.

Donnet è però appoggiato da Mediobanca, primo azionista di Generali, che sostiene la sua ricandidatura in vista del rinnovo del cda previsto per il prossimo aprile. Da qui la contromossa di Piazzetta Cuccia: il 23 settembre l’istituto di credito ha comunicato di aver sottoscritto con “una primaria controparte di mercato”, ancora ignota, un prestito titoli per 70 milioni di azioni del Leone, pari al 4,42% del capitale sociale. Mediobanca, che deteneva già il 12,8%, è arrivata al 17,22%, staccando nettamente le quote conferite nel patto di consultazione da Caltagirone e Del Vecchio.

I due imprenditori, che detengono anche un quarto del capitale di Mediobanca, hanno risposto aprendo un fronte all’interno dello stesso istituto di credito. In questo modo è infatti stata interpretata l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea di Mediobanca voluta da Delfin, la holding di Leonardo Del Vecchio. Se approvata, la modifica in questione renderebbe più agevole la presentazione di liste alternative degli azionisti attraverso la rimozione dell’obbligo della presenza nel consiglio di amministrazione di tre manager interni. Sempre attraverso Delfin, il patron di Luxottica ha inoltre aumentato la partecipazione detenuta in Generali al 5,318% del capitale. In questo modo la quota complessiva del patto è salita a una percentuale appena inferiore al 13% (12,939%).

Nagel, dal canto suo, ha rafforzato il patto di consultazione dei soci industriali di Mediobanca, con l’ingresso del gruppo Monge, che ha riportato al 10% la quota vincolata, in vista dell’uscita dei Benetton. La famiglia veneta detiene anche il 4% in Generali, ma sua questo fronte della partita si mantiene ancora in disparte.  

In attesa dei prossimi sviluppi, la Consob sta seguendo con grande attenzione i movimenti tra Milano e Trieste attraverso gli uffici competenti.

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