Giovani banker a lezione da Del Piero
A pochi minuti dall’inizio dell’evento c’è ancora una lunga coda davanti alla porta d’ingresso dell’aula magna dell’Università Bocconi di Milano. Alcuni studenti protestano contro i buttafuori vestiti di nero che stanno bloccando l’ingresso. Ma è inutile, l’aula è piena, non si può più entrare.
Il brusio emozionato dei ragazzi si sente già da fuori, dalle scale, per i corridoi.
Nell’aula magna c’è un clima da stadio. E non è affatto un caso.
La sala è gremita, molta gente è già in piedi. Poi finalmente arriva lui: “Un capitano, c’è solo un capitano” è il coro unanime degli studenti. Alessandro del Piero, per 18 anni giocatore di punta della Juventus e della Nazionale italiana, oltre 300 gol segnati, si prende gli applausi e sorride. «Mi immaginavo un posto un po’ diverso, sai… l’Università…» dirà più tardi.
IN CATTEDRA
Oltre novecento persone aspettano che lui inizi la sua “lectio”. Ma cosa può mai dire un calciatore agli studenti di una fra le università più prestigiose d’Europa, aspiranti top manager, uomini d’affari ed economisti? Molto più di quanto si pensi. Perché per raggiungere l’apice della propria carriera, sia essa su un campo da calcio o seduti nel consiglio di amministrazione di una grande azienda, servono le stesse doti: passione, sacrificio e ambizione. Ma anche la capacità di lavorare in squadra, di saper ragionare per obiettivi e la preparazione. Qualità che il “capitano” ha dimostrato di avere.
Da Conegliano, il paese dov’è nato, in provincia di Treviso, a Berlino, nel 2006, con la maglia azzurra della Nazionale e la coppa del mondo stretta fra le mani. Il suo è senza dubbio un successo planetario, che va ben oltre lo stadio e arriva fino all’uomo. Un uomo che è un esempio, un modello di vita. E incarna la ricetta vincente, indipendentemente dal tipo di carriera che si insegue.
ELETTRICISTA, CUOCO E CAMIONISTA
Nel suo intervento all’Università, durato 90 minuti, Del Piero racconta il suo percorso professionale, dagli esordi a Padova a 13 anni fino al 31 maggio 2012, giorno in cui lascia il club bianconero, passando per le principali vittorie, per la gestione delle sue aziende e per le difficoltà incontrate durante il cammino. «Alle elementari dovevo fare un tema sul mio futuro. Già allora ero sicuro di voler fare il calciatore, ma pensai: “Che lavoro è? Mica posso scriverlo”. E così scrissi ‘elettricista’ come mio papà, ‘cuoco’ perché mi piace mangiare e ‘camionista’. Nel paesino in cui ero cresciuto, per me, il camion rappresentava il viaggio. E io volevo viaggiare», ha esordito tra un’ovazione e l’altra. Poi il calciatore, “grazie al cielo”, direbbero molti, lo ha fatto sul serio…
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