IL MERCATO IMMOBILIARE ITALIANO, 57 MLD DA VALORIZZARE

Il mercato immobiliare? Quello italiano è piccolo e ancora soffoca in attesa della ripresa vera e propria, ma l'arrivo degli investitori esteri e il ritorno di fiducia nel sistema Paese possono far sperare in un miglioramento del settore nei prossimi anni.

Di questo sono convinti alcuni dei principali attori del real estate italiano ed estero intervenuti in una conferenza organizzata da Caceis ( gruppo Crédit Agricole) e lo studio Annunziata & Conso a Milano. I quali, però, hanno evidenziato anche quali sono le principali difficoltà che ancora ostacolano questo mercato, che ha un giro d'affari di 57 miliardi (inclusi fondi quotati, fondi riservati agli investitori istituzionali, Siiq e società immobiliari quotate in Borsa), stando ai dati elaborati dallo studio di Scenari Immobiliari. Solo per i 380 fondi immobiliari italiani, lo studio prevede a fine 2014 un patrimonio netto (Nav) pari 41 miliardi di euro, con un portafoglio di immobili per un valore di oltre 51 miliardi.

Cifre che la dicono lunga sulle potenzialità di questo business, ma perché quindi ancora non riesce a riprendersi? Secondo l'ad di Morgan Stanley Sgr, Silvia Rovere, uno dei problemi è l'eccessiva regolamentazione: «Pensare che deregolamentare la finanza immobiliare sia una minaccia significa annullare tutto quello che abbiamo fatto e vogliamo fare – ha affermato – i fondi devono aprirsi al mercato e far crescere quest'industria che è piccola ma è per certi versi matura». Fondi con 50 – 100 milioni di euro, ha aggiunto, «non possono essere presi in considerazione dagli investitori perché non possono assicurare una diversificazione e un'adeguata gestione del rischio». La dimensione dei fondi italiani è proprio uno degli ostacoli principali alla crescita.

«In Italia siamo così piccoli che andiamo avanti grazie a investimenti di un private equity alla volta, che arrivano nel nostro Paese portando quelle che ci sembrano quantità enormi di denaro – ha detto Carlo Puri Negri, presidente di Sator Immobiliare Sgr -. La maggior parte degli operatori, tolto Blackstone, è alla finestra». Anche l'offerta, secondo Puri Negri, non è all'altezza delle richieste degli investitori stranieri: «Qualche anno fa avevamo una grande quantità di patrimoni, posseduti da assicurazioni o da società, oggi invece sono stati soggetti a spezzatini ed è un problema perché è difficile fare operazioni con piccoli e singoli asset».

Il mercato è sicuramente rallentato «a causa della mancanza di prodotto», ha ribadito Sandro Campora, country manager di CBRE Global Investor, ma il problema principale è la «mancanza di fiducia nel sistema Paese, gli investitori stranieri non rischiano più come prima, non vanno avanti con operazioni di sviluppo, vogliono solo asset con track recod, sono spaventati dalla lentezza giudiziaria e dalla burocrazia in Italia». Va da sé che «la ripresa vera e propria non ci sarà fino a quando non potremmo puntare sull'intero sistema Italia».

In questo contesto c'è però qualche segnale di ripresa, dovuta soprattutto alla presenza degli investitori stranieri e dei fondi, che creano competitività. Lo sostiene tra gli altri anche Rodolfo Petrosino, direttore asset management di IDeA Fimit Sgr: «Il volume degli investimenti che abbiamo fatto quest'anno è stato superiore di tre volte quello dell'anno precedente. Bisogna creare masse critiche che siano attrattive per gli stranieri e aumentare la liquidità». La normativa sulle Siiq, che ammorbidisce i parametri per entrare a regime, «può anche rappresentare un impulso sul mercato», ha aggiunto. E anche la specializzazione, secondo Rovere, potrebbe essere un elemento per «essere credibili sul mercato».

Durante la conferenza sono stati presentati anche i dati del 5° Monitor sulla Finanza Immobiliare, condotto dall’Università degli Studi di Parma in collaborazione con CACEIS Investor Services. L’analisi del portafoglio dei fondi compiuta nella ricerca indica come sia aumentato il ricorso agli strumenti finanziari (il 10,4% degli attivi, contro il 7,6% dello scorso anno) per le varie operazioni. All’interno di questa categoria, oltre la metà (55,3%) sono le partecipazioni non quotate (in leggero aumento rispetto al 52% di giugno 2013), di cui la maggior parte di controllo “spesso in società immobiliari con cui il fondo detiene rapporti a vario titolo strategici”. Lo studio ha preso in analisi 47 fondi immobiliari, di cui 23 quotati, per un totale di attività al 30 giugno 2014 pari a 10,5 miliardi di euro.

In termini di asset allocation, i fondi analizzati detengono una quota di asset immobiliari (immobili e diritti reali immobiliari) pari all’83%, in lieve calo (-4%) rispetto alla rilevazione precedente. La prevalente destinazione d’uso di questi asset è il terziario direzionale, seguito da commerciale (centri e parchi commerciali, supermercati), residenze sanitarie-assistenziali e hotel. L’8,6% (in calo rispetto al 9,4% dell’anno precedente) degli strumenti finanziari è rappresentato da titoli di debito (principalmente obbligazioni corporate di società non quotate, italiane o europee, o titoli di stato italiani quali CTZ, BTP, BOT), mentre le quote di OICR (fondi aperti mobiliari, fondi chiusi mobiliari, fondi riservati, speculativi, fondi immobiliari e fondi di fondi), per lo più non quotati, pesano per il 36% (dato sostanzialmente in linea con quello di giugno 2013). Solo lo 0,01% (era il 2,08% a giugno dell’anno scorso) della composizione dei fondi, invece, è riconducibile a strumenti derivati (swap, opzioni put e call, cap, interest rate swap plain vanilla) che vengono utilizzati esclusivamente a scopo di copertura del rischio tasso legato a finanziamenti in essere o a contratti di leasing legati all'acquisto di immobili.

 

Noemi

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