Il venture capital in Italia, un settore da 80 milioni di euro
Cresce lentamente, ma in maniera costante, il venture capital italiano.
Secondo gli ultimi dati dell’osservatorio Venture capital monitor (VeM) realizzato dall’università di Castellanza e da Aifi, l’associazione italiana del private equity, il 2014 si è chiuso con 71 investimenti fra seed, la primissima fase di sperimentazione dell’idea di impresa, e startup. Un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente.
Nel complesso, sono stati investiti circa 80 milioni di euro, con un ammontare medio investito di rispettivamente 0.3 milioni di euro per i seed e di 1,4 milioni per le start up. Le quote medie acquisite sono pari al 50% dei seed e al 23% delle neo attvità imprenditoriali.
Fra gli investitori principali ci sono le quotate Digital Magis e LVenture, con rispettivamente 9 e 6 operazioni, e P101 con 5 deal. I primi sei operatori hanno rappresentato circa il 50% del mercato.
Quella del venture capital «è un’attività che stenta a decollare in Italia – evidenzia Innocenzo Cipolletta (nella foto), presidente di Aifi – gli operatori sono buoni ma ancora troppo pochi e con capitali limitati». Tuttavia, «entro la fine di quest’anno l’Italia farà il salto di qualità».
Per Gabriele Cappellini, amministratore delegato del Fondo Italiano d’Investimento, «il problema è che non esiste un numero sufficiente di operatori strutturati in grando di recepire i fondi. Va bene trovare i soldi ma poi bisogna che ci siano operatori che sappiano a chi dare questi fondi». L’idea è quindi quella di «dare una spinta a tutta la filiera del venture capital» per favorire la crescita delle giovani aziende. Fra le varie iniziative che il fondo sta mettendo in campo per aumentare le dimensioni del venture capital italiano Cappellini ha ricordato il fondo di fondi (che ha un obiettivo di raccolta di 150 milioni) e il progetto Caravella con il Fei.
L’altra questione è poi la «presenza asfittica dei fondi pensione e delle assicurazioni che sono ancora reticenti a investire in questo tipo di mercato», ricorda Cappellini, il quale, quanto alla possibilità di un intervento diretto a livello governativo per stimolare l’industria, ha sottolineato la carenza di risorse pubbliche e ha chiosato che, ad ogni modo, «non si devono fare iniziative a fondo perduto».
Tornando ai risultati del rapporto, il 41% dei deal è stato effettuato in cordata (rispetto al 25% dell’anno precedente) e solo il 9% sono stranieri.
Dal punto di vista settoriale, l’Ict ha rappresentato il 56% degli investmenti grazie al boom di applicazioni web e mobile.
In questo contesto, l’Aifi, in collaborazione con il Fondo italiano, si appresta a lanciare una piattaforma online dedicata al mondo venture, un “market place” che ha l’obiettivo di «è accrescere le dimensioni del settore e migliorare la qualità dell’offerta». Un luogo in cui domanda e offerta si incontrano: «È un modo che i giovani hanno per presentarsi agli investitori e lo faranno attraverso la compilazione di un form che conterrà le informazioni sufficenti a suscitare o meno l’investimento»,spiega Cipolletta.
Il sito conterrà anche dati statistici aggiornati e una sorta di “vade mecum” per i giovani che vogliano avviare una nuova iniziativa.