Intesa Sanpaolo, due diligence Prelios su 10 mld di utp a rush finale
Ancora due, tre settimane di due diligence e si concluderà l’analisi di Prelios sul portafoglio di unlikely to pay (utp) da 10 miliardi di Intesa Sanpaolo.
Chi sta lavorando al dossier riferisce a Financecommunity.it che c’è ottimismo su una conclusione positiva della trattativa, dato che entrambe le parti sono determinate in questo senso. Bocche cucite, ovviamente, sulla valutazione del portafoglio.
Il deal sta prendendo forma sulla base di una configurazione che vedrà Davidson Kempner, l’investitore finanziario a cui fa capo Prelios, acquisire crediti per poco meno di 4 miliardi, mentre i restanti oltre 6 miliardi resteranno sui libri della banca guidata da Carlo Messina (nella foto) e saranno dati in gestione a Prelios.
Il portafoglio-monstre su cui sta lavorando Prelios vede circa 10mila posizioni, che vanno da poche centinaia di migliaia di euro fino a un singolo credito di 100 milioni. I crediti si dividono tra corporate e real estate secondo una proporzione che rispecchia lo standard del mercato italiano, ovvero il 55% ha come sottostante delle aziende e il 45% asset immobiliari.
L’approccio adottato da Prelios – che sta lavorando in esclusiva sul deal da marzo – prevede un’analisi puntuale di un portafoglio cosiddetto cenfold, che copre gran parte degli utp, e l’applicazione di un modello top-down sugli altri crediti.
Si tratta di una novità per il mercato italiano, che traccerà la strada nella gestione dei portafogli di utp. Ancora una volta, come già accaduto con la partnership sulla piattaforma per la gestione di npl con Intrum, Intesa Sanpaolo fa da apripista. E alle porte di Prelios pare che abbiano già bussato banche e fondi, le prime interessate a cedere utp e i secondi, ovviamente, pronti a comprare.
I termini che ricorrono nelle parole di chi sta lavorando al dossier sono “first mover” e “disruptive”, a testimonianza del carattere innovativo del progetto, che, al contrario di quanto accaduto in passato sugli npl, non pare avere un nome.
L’obiettivo, dichiarato da Intesa Sanpaolo, è completare tutto entro fine anno. Nella conference call sui conti del trimestre, Messina aveva affermato di aspettarsi che l’esame per una possibile partnership possa completarsi entro fine giugno, inizio luglio.
Sui crediti che resteranno sui libri della banca verranno firmati i classici contratti di servicing, mentre per il portafoglio che passerà a Davidson Kempner verrà costituita una società veicolo per la cartolarizzazione, in base alla legge 130 del 1999, che emetterà delle notes.
Prelios sta reclutando personale per gestire questa massa di crediti, oltre a mettere in campo tecnologie e sistemi di analisi delle curve di recupero.
Sul mercato si dice che Bankitalia abbia acceso un faro sull’operazione Intesa Sanpaolo-Prelios per via della natura particolare degli utp, ovvero crediti vivi, che, al contrario degli npl, si riferiscono ad aziende non fallite, che necessitano di nuova finanza. Chi lavora al deal tranquillizza: il dialogo con la banca centrale procede senza particolari intoppi, portato avanti da una struttura abituata a confrontarsi con Bankitalia. Prelios, del resto, opera come intermediario finanziario istituzionale indipendente iscritto nel registro degli intermediari Finanziari gestito dalla Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 106 del testo unico bancario. La società è anche un operatore autorizzato ai sensi dell’articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Date le dimensioni del portafoglio, Prelios ha messo in campo vari advisors specializzati sui crediti non performing: PwC, EY, Accenture, Grant Thornton e BDO, nonché Bain & Co come consulente strategico. Intesa Sanpaolo è affiancata da Deloitte e McKinsey. Al lavoro, poi, le practice specializzate nel recupero crediti di almeno una decina di studi legali.
Intesa Sanpaolo e Prelios non hanno commentato.