Intesa Sanpaolo passa al monistico, arriva l’ok dei soci
Via libera al nuovo statuto da parte dell’assemblea straordinaria degli azionisti di Intesa Sanpaolo. A larga maggioranza, gli azionisti hanno votato per l’addio, dopo nove anni, al sistema di governance duale e l’adozione del monistico anglosassone.
A dare un parere favorevole è stato dal 98,95% dei votanti (astenuti lo 0,28%, contrari lo 0,75%) , con una presenza per il 62,76% del capitale sociale ordinario della banca (il 39,1% è nelle mani di investitori istituzionali internazionali, mentre il rimanente 23,6% fa capo alle Fondazioni).
La banca avrà dunque un unico cda con un minimo di 15 e un massimo di 19 componenti, che sarà nominato con l’assemblea ordinaria annuale del prossimo 27 aprile. Cinque dei componenti farà anche parte del comitato per il controllo sulla gestione, che svolge funzioni simili a quelle del collegio sindacale.
«Siamo qui, a distanza di nove anni dalla nascita del gruppo Intesa Sanpaolo , a proporvi di approvare un’altra scelta antesignana imboccando una strada inesplorata in Italia, quella del modello monistico», ha sottolineato il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli (nella foto) durante l’assemblea a Torino, ricordando che la banca al momento della sua nascita fece da apripista in Italia nell’adozione di un modello dualistico di amministrazione e controllo. «Un modello che fu presupposto alla nascita del gruppo Intesa Sanpaolo», ha aggiunto.
Ora, a distanza di nove anni dalla fusione «il duale applicato da Intesa Sanpaolo ha funzionato complessivamente bene garantendo un controllo ottimale ma anche l’efficienza della gestione», ha osservato Bazoli.
Il cambio con l’adozione da parte della banca del nuovo modello monistico, in linea con le migliori pratiche internazionali, serve dunque a «sopperire all’eccessiva lontananza della gestione dal controllo e un’eccessiva compressione del consiglio di gestione».
Un riesame complessivo della governance che per Bazoli «si è reso necessario anche per la crescente quantità di investitori esteri e per la necessità di dare loro rappresentanza e ascolto» e che quindi «potrà favorire la presenza di rappresentanti di azionisti investitori istituzionali nel board della banca, che oggi già vede i fondi esteri arrivare a raggiungere il 65% del capitale».
Per Bazoli, «nessuna disposizione statutaria basterà a garantire il successo del sistema monistico. L’esito dipenderà soprattutto dal livello professionale e dall’integrità morale degli amministratori che saranno scelti». Bazoli si è poi soffermato in modo particolare sul ruolo dei membri del comitato di controllo, che «è un organismo nevralgico», perché «per un buon funzionamento di questo sistema è necessario che i suoi componenti garantiscano una gestione efficiente quando partecipano al plenum del consiglio e giudichino in modo critico l’operato gestionale dello stesso consiglio e del management quando si riuniscono nel comitato di controllo».