La startup Kellify usa l’ai per prevede le quotazioni dei beni di lusso

Arte, beni da collezione, vino e materie prime sono sempre più oggetto di investimento per i gestori. Si tratta di asset “lifestyle” per chi ha la necessità di diversificare il proprio portafoglio e che presentano basse correlazioni con i mercati finanziari che stanno assumendo maggiore interesse per il crescente numero di Ultra-High-Net-Worth-Individuals (+3,5% sul 2016). Il problema però è che spesso questi asset sono difficili da rimettere sul mercato perché l’investitore diventa, di fatto, un collezionista.

Attraverso l’intelligenza artificiale, la startup italiana Kellify punta a far emergere la futura rivendibilità di opere d’arte, di auto d’epoca, di vini pregiati o di qualsiasi asset -purché ci siano dati disponibili per un approccio quantitativo.

Gli algoritmi messi a punto da Kellify, basati su tecnologie quali machine learning (il campo di studio che dà ai computer l’abilità di apprendere e realizzare un compito senza essere esplicitamente programmati a farlo), deep learning, reti neurali artificiali (che lavorano imitando il funzionamento delle cellule neurali umane) selezionano una quantità di dati sul comportamento di case d’asta, investitori e performance di artisti, opere e beni da collezione, e sono in grado di sfruttare la collective intelligence dei player che quotidianamente operano, perdono o performano allo scopo di individuare quegli asset che non solo aumentino il loro valore nel tempo, ma che continuino a rimanere vendibili.

“La conoscenza del reale futuro valore di un bene ci consente di ribaltare l’approccio del collezionista (trasformare denaro in beni da collezione) e di stabilire se e quanto investire in un ambiente competitivo in cui non siamo gli unici acquirenti, trasformando sistematicamente i beni da collezione in nuovo capitale”, spiega Francesco Magagnini (nella foto), ceo & Product Architect di Kellify.

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