Le banche specializzate? Più redditizie e solide rispetto alle generaliste

Non sono le banche italiane in sè a essere in difficoltà, nonostante le incertezze (decreto salva-banche, bail-in, riforma delle popolari e del credito cooperativo) e le oscillazioni in Borsa, ma potrebbe essere l’intero modello di banca generalista affermatosi in tutta Europa nell’ultimo decennio.

A sostenerlo è uno studio di Excellence Consulting, società di consulenza con focus sui comparti bancario, assicurativo e del risparmio gestito. La ricerca ha analizzato i modelli di business nella distribuzione dei servizi finanziari in Italia attraverso un benchmark tra il modello della banca specializzata (ad esempio la banca rete di consulenti finanziari) e quello di banca generalista (la gran parte delle banche o dei gruppi bancari), e ha confrontato la variazione delle quotazioni in Borsa nel gennaio 2016 delle due tipologie sia in Italia che in Europa.

«Dallo studio sui bilanci dal 2010 al 2014 e dall’andamento borsistico nel gennaio 2016 –– afferma Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting – emerge che il modello delle banche specializzate, che in Italia assumono ad esempio la connotazione di reti di consulenti finanziari, genera stabilmente più crescita e redditività rispetto al modello di banca generalista, che caratterizza la maggioranza delle banche e dei gruppi bancari».

Le banche specializzate italiane dunque «non solo perdono meno del doppio delle banche generaliste, che toccano il record negativo in Europa, ma riescono ad avere risultati migliori anche rispetto agli indici del settore a livello Ue, perdendo meno della media delle prime banche di tutti i maggiori paesi».

Il campione di indagine fa riferimento ai bilanci dal 2010 al 2014 per tre cluster: Gruppi (Unicredit, ISP, MPS, Banco Popolare, Ubi, BNL, Cariparma Credit Agricole, BPM, Banca Sella), Banche (BPER, Veneto Banca, Banca Carige, Banca Popolare Bari, Banca Credem) e Reti di consulenti finanziari (Fideuram, Mediolanum, Fineco Bank, Banca Generali, Allianz Bank, Finanza & Futuro, Azimut), d’ora in avanti definite “banche specializzate”. Per ciascuno di essi, si legge nella ricerca, sono stati misurati indicatori di crescita, efficienza operativa e remunerazione del capitale investito.

Le banche specializzate mostrano maggiore capacità di crescita, in termini di aumento della raccolta indiretta (tasso medio annuo del 10,12%), superiore rispetto a quello delle le banche tradizionali (1,47%), mentre i gruppi rilevano un tasso di crescita della raccolta indiretta negativo (-2,82%).

Le banche specializzate confermano inoltre il miglior profilo di efficienza nel 2014 (54,61%), seguite dai gruppi (59,43%) e dalle banche (73,74%). Nonostante i Gruppi di banche e le banche generaliste generino fatturato superiore rispetto alle banche specializzate, esse non remunerano in modo adeguato il capitale. La remunerazione del capitale investito sia per i Gruppi che per le banche generaliste è negativa (Gruppi -9,85% e banche -9,75%), mentre per le reti è pari al 27,02%. Ciò riflette per i Gruppi e le banche generaliste la presenza di attività che implicano l’assunzione di maggiori rischi economici che si riflettono in perdite di profitto.

Quanto ai valori in Borsa nel gennaio 2016, il confronto fra i maggiori Gruppi di banche generaliste (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte Paschi di Siena, Banco Popolare) e li confronta con quelli delle banche specializzate quotate (Mediolanum, Fineco, Banca Generali, Azimut) e con quelli dei maggiori istituti di credito dei principali paesi europei (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Nord Europa, Svizzera) rivela una variazione relativa in media delle banche generaliste pari al -31,5%, con notevoli perdite per tutti gli istituti analizzati: Monte Paschi di Siena (-46,3%), Banco Popolare (-33.5%), Unicredit (-30,8%), Intesa San Paolo (-15,2%). Meno della metà della variazione relativa per il cluster delle banche specializzate: media (-12,10%), Azimut (-16,09%), Banca Generali (-14,12%), Mediolanum (-11,37), Fineco (-6,82%).

«Il modello delle banche generaliste, così come lo conosciamo in Europa – continua Primanni – è maggiormente esposto rispetto al nuovo contesto di mercato e non solo in Italia. Le perdite di valore delle banche generaliste sui mercati finanziari non sono solo conseguenza dei crediti deteriorati, ma anche della minore capacità di tali modelli di banca di generare adeguata redditività in relazione al Prodotto Bancario Lordo. Ovviamente sui mercati nel gennaio 2016 c’è stato anche un sentiment negativo di natura speculativa, ma occorre differenziare le cause congiunturali dai fenomeni strutturali. Il mercato finanziario però ci sta suggerendo anche i rimedi».

Quello della banca generalista non è l’unico modello, ci sono anche banche specializzate nella gestione del risparmio (es. le banche-reti di consulenti finanziari) e gruppi multispecialistici che si occupano sia di risparmio che di credito con aziende dedicate (in Italia ad esempio il Gruppo Mediobanca) che, remunerando meglio il capitale investito, raccolgono maggiore consenso dagli investitori. Le banche generaliste devono riorganizzarsi, assumere i paradigmi relazionali/consulenziali del modello di banca specializzata. In questa direzione spingono non solo il mercato, ma anche le evoluzioni normative attraverso l’accelerazione nella certificazione delle competenze del personale bancario che da esse deriveranno a breve.

Noemi

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