Le novità dei decreti attuativi sui Pir
Dopo mesi di attesa sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale i decreti attuativi con le nuove norme sui Piani di risparmio individuale (Pir). Sette articoli in cui si chiarisce la destinanzione degli investimenti, si stabiliscono i requisiti delle aziende beneficiarie e si pongono le condizioni per l’accesso all’aiuto.
I Pir sono stati introdotti nel 2016 dal governo Renzi e sono entrati in vigore nel 2017. L’obiettivo del provvedimento è rilanciare la piccola e media impresa attraverso l’incentivo a investimenti da parte dei privati, tramite agevolazioni fiscali, a lungo termine, almeno di cinque anni.
Con la nuova normativa, in vigore per i Pir attivati dal primo gennaio 2019, viene disposto che il 70% dell’ammontare complessivo dei Pir vada investito per il 5% in strumenti finanziari emessi da pmi con determinati requisiti (specificati di seguito), e per un altro 5% in venture capital, pari quindi al 3,5% del patrimonio del Pir come previsto già dalla Legge di Bilancio 2019. Ammessi anche gli investimenti in capitali di rischio o quasi-equity, ovvero quelli il cui rendimento è strettamente correlato con l’andamento dei flussi di cassa.
Il ministero dello Sviluppo economico stabilisce i requisiti per le pmi potenzialmente beneficiarie degli investimenti: devono essere italiane o avere sede in uno dei paesi membri Ue o in area Spazio economico europeo, avere meno di 250 dipendenti e non fatturare più di 50 milioni all’anno, oppure un bilancio non superiore a 43 milioni di euro.
Possono rientrare solo le pmi non quotate, o quelle che operano nel mercato da meno di sette anni dalla prima vendita commerciale. Sono ammesse le aziende quotate su mercati non regolamentati o parzialmente regolamentati come il segmento Aim di Borsa italiana.
Tra le imprese citate nel decreto come “ammissibili” ci sono anche fondi di venture capital o fondi di fondi per il venture capital che destinano almeno il 70% dei capitali raccolti alle pmi ammissibili, nel primo caso, o che destinano alle stesse l’intera raccolta, nel secondo caso.
Escluse le pmi o i fondi che abbiano ricevuto un finanziamento superiore a 15 milioni di euro a titolo di aiuto per il finanziamento del rischio. Su questo punto, ed ecco un’altra novità introdotta nella regolamentazione, è necessaria una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa, che attesti che la norma sia rispettata (e che quindi non si è ricevuto un finanziamento superiore a 15 milioni).
Che i decreti attuativi fossero particolarmente attesi, dagli operatori di venture capital e dai piccoli e medi imprenditori, è dimostrato anche dal fatto che, dal primo gennaio di quest’anno, non sono stati attivati Pir, probabilmente i potenziali investitori stavano aspettando le nuove disposizioni dal legislatore. Disposizioni che sarebbero dovute arrivare a febbraio ma che, con rinvii di mese in mese, sono state pubblicate solo martedì 7 maggio.
La norma, in definitiva, non prevede la retroattività, quindi non sarà applicabile ai Pir sottoscritti prima del primo gennaio 2019. In sostanza, non essendo stati ancora emanati, nell’anno in corso, questo tipo di strumenti finanziari, se mancheranno investitori in questo settore la legge rischia di risultare inutile, o comunque non applicata.