Marchi, Finint: «Vogliamo essere la banca d’affari delle pmi del Nord-Est»

Se il 2017 ci ha lasciato qualcosa dal punto di vista finanziario in Italia è la creazione di un canale di comunicazione tra le piccole e medie imprese e il mercato dei capitali. Lo dimostra ad esempio il boom delle quotazioni su Aim – 24 Ipo per una raccolta a +500%-  e l’aumento dei minibond – 170 lo scorso anno per un valore totale di 5,5 miliardi di euro (rispetto ai 3,47 miliardi e le 110 emissioni del 2016).

Per molti player del settore questo piccolo cambio culturale da parte delle pmi rappresenta una grande opportunità per crescere e per portare innovazioni. È il caso ad esempio di Finanziaria Internazionale – o Finint – , società attiva tra l’investment banking, il business process outsourcing e il private equity. Archiviata l’uscita dell’ex socio e co-fondatore Andrea De Vido, riorganizzato l’azionariato di Save e separati il core business industriale da quello bancario in due nuove holding, il gruppo ora guarda alla crescita.

Come spiega il presidente Enrico Marchi (nella foto) in questa intervista a MAG, «negli anni siamo cresciuti passo dopo passo fino a diventare una banca di investimento a tutto tondo, il nostro obiettivo è continuare con questa crescita che sia costante e solida, quindi attraverso un’adeguata dotazione patrimoniale, per essere la banca d’affari per le pmi del Nord-Est». Ciò implica quindi lo sviluppo di più servizi a partire dalla strutturazione di minibond (19 i collocamenti seguiti nel 2017 per 202 milioni di valore) fino alle nuove iniziative.

Di recente, ad esempio, Finint ha ideato e strutturato il primo ELITE Basket Bond, in collaborazione con Borsa Italiana, Cassa depositi e prestiti e Banca europea degli investimenti, ossia un’operazione di emissione contestuale di bond che ha coinvolto dieci società Elite. Poi ci sono gli npls e le cartolarizzazioni – «oggi in Italia gestiamo 280 miliardi di operazioni di cartolarizzazione e circa il 40% dei veicoli di cartolarizzazione operanti nel Paese», spiega – ma anche l’advisory e il private equity. E non manca uno sguardo all’estero.

 

Dottor Marchi, come siete organizzati per gestire tutte queste attività?
Abbiamo varie aree che sono coinvolte nei diversi settori. Quanto ai minibond, Banca Finint agisce come strutturatore e collocatore, Fisg si occupa della parte relativa ai basket bond, e poi Finint Investment sgr agisce come operatore del fondo strategico Trentino Alto Adige, che gestisce a oggi 250 milioni di euro, oltre che come private equity.

 

Per quanto riguarda il mercato dei crediti deteriorati che tipo di posizionamento avete?
Operiamo su più fronti attraverso Finint Revalue, che ha circa 2 miliardi di crediti in gestione, con la quale intendiamo acquisire pacchetti di crediti deteriorati, ad esempio intendiamo partecipare alla gara che sarà indetta dalla Sga per acquisire gli npls delle ex banche venete. Dall’altro lato un settore alla quale attribuiamo molta importanza è quello degli utp, un segmento che credo sarà fondamentale nel futuro e sul quale ci sarà la vera partita.

 

Voi come pensate di giocarla?
Stiamo ragionando sull’idea di lanciare, attraverso la nostra sgr, un fondo di turnaround che possa rilevare questo tipo di posizioni, non con un’ottica speculativa ma con l’idea di salvaguardia e mantenimento del sistema manifatturiero industriale del Nord-Est.

 

Come esattamente?
L’intenzione è di acquisire posizioni single name concentrandoci sulle singole aziende che possono essere ancora risanate fornendo loro competenze manageriali e cercando di coinvolgere altri soggetti del territorio.

 

Quando pensate di lanciarlo?
Ci stiamo lavorando, direi da tre a sei mesi.

 

Pensate di assumere risorse specifiche per questo fondo?
Abbiamo già al nostro interno le competenze necessarie ma poiché abbiamo intenzione di crescere sicuramente ci saranno altre assunzioni. Lo scorso anno abbiamo assunto circa 100 persone e nel complesso nell’investment banking siamo 350 divisi fra Conegliano, Milano, Roma, Trento, Firenze, Lussemburgo e Londra. Siamo presenti anche a Mosca.

 

Perché a Mosca?
Perché stiamo lavorando a possibili sviluppi della cartolarizzazione anche in Russia dopo essere stati contattati da banche locali.

 

Sul fronte investimenti invece quali sono le vostre strategie?
Vogliamo lavorare per favorire processi di aggregazione sul nostro territorio. Quello aeroportuale del Nord-Est, con Save, è un esempio ma ci sono anche altri ambiti fra cui quello delle multiutility. Nel Triveneto manca un player forte in questo settore rispetto a realtà presenti in altre regioni come A2A o Hera. Ci sono soggetti di rilievo ma spero che in futuro si possano creare processi di aggregazione.

 

Puntate anche al private equity quindi…
Siamo operativi da diversi anni sul mercato delle pmi realizzando con investimenti singoli tra i 5 e i 10 milioni. Poco fa abbiamo acquisito Spraytech completando gli investimenti del terzo fondo di private equity da 80 milioni. A breve partiremo con il fundraising di un quarto fondo di dimensione compresa tra i 120-150 milioni.

 

A livello di gruppo dove volete arrivare?
Siamo partiti in piccolo con tanti prodotti, ora cerchiamo di far diventare grandi le singole aree e crescere cercando di fornire un servizio da banca d’affari completo.

 

Quale è il vostro giro d’affari?
Il target per quest’anno è tra i 10-15 milioni di utile netto su ricavi dai 50 ai 60 milioni derivanti dalle commissioni per l’80% e per il restante dai margini di interesse.

 

A quali obiettivi economici puntate?
Le cito una frase del fondatore di Axa, Claude Bébéar, che diceva: “Management by opportunities”. La mia idea non è della crescita a tutti i costi, anche perché abbiamo visto cosa può produrre, e non ho ambizione di numeri particolari ma solo di un lavoro fatto bene…

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