Mercato del tartufo in crescita nonostante il cambiamento climatico. L’intervista a Giammarco Urbani

Tra le eccellenze del made in Italy, un posto d’onore spetta indubbiamente al tartufo. Secondo le stime, il mercato globale del tartufo vale dai 5 ai 6 miliardi di euro all’anno (dato che può variare a seconda di qualità, disponibilità e domanda). Considerato un prodotto di lusso molto apprezzato in tutto il mondo, il suo valore del tartufo è influenzato da molti fattori, tra cui la stagionalità, la rarità e l’offerta. Per capire l’andamento di questo mercato, Financecommunity ha intervistato Giammarco Urbani (in foto), Amministratore Delegato di Urbani Tartufi. Attiva nella raccolta e trasformazione dei tartufi, Urbani Tartufi ha alle spalle 170 anni di storia e conta attualmente 14 sedi suddivise tra Italia ed Estero, 5 marchi e 300 collaboratori.
Il Gruppo oggi rifornisce oltre il 70% del mercato mondiale per un fatturato di 60 milioni, l’80% del quale proviene dall’estero. Per soddisfare il fabbisogno mondiale Urbani Tartufi acquista ogni anno 250 tonnellate di tartufo.

Quali sono le caratteristiche che distinguono Urbani Tartufi dai competitor? 

Oltre a essere stati i primi a commercializzare questo prodotto, Urbani Tartufi è riuscita, come azienda, e creare un’offerta differenziata a seconda del mercato e del canale ed è stata capace di soddisfare in maniera trasversale i gusti e le esigenze di clienti molto diversi tra loro: dalla grande distribuzione, all’ingrosso, passando per l’industria, mantenendo alti gli standard qualitativi e produttivi. 

Per prima, inoltre, l’azienda Urbani ha iniziato a sperimentare fin dagli inizi del ‘900 un sistema che potesse garantire un futuro al tartufo italiano, che con una domanda crescente ma un ambiente climatico in continuo cambiamento rischia di diventare sempre più incerto, rendendo difficili, stagione dopo l’altra, gli studi previsionali e di mercato di stagionalità. 

A quali fattori deve il suo successo all’estero?

È proprio dalle esportazioni che nasce la nostra storia. Una storia fatta di divulgazione del tartufo, una specialità del made in Italy tutt’ora poco conosciuta. Fu infatti per opera della prima generazione familiare Urbani che si iniziò a esportare il tartufo prima in Francia e poi nel resto d’Europa. 

La storia ci racconta che poi proprio grazie all’espansione nel mercato americano, il business ha iniziato ad aumentare ulteriormente fino ad arrivare a quello che è oggi: 14 sedi in Italia e all’estero con 5 marchi e 300 professionisti. 

Ma questo non è stato sufficiente per farsi conoscere in mercati nuovi come quelli più a est dove il prodotto non era particolarmente noto e non veniva quasi mai utilizzato. Per questo Urbani ha deciso di “farsi aiutare” nella divulgazione dai professionisti della alta gastronomia: ecco che gli chef diventano gli ambasciatori del gusto italiano nel mondo, contribuendo in maniera innovativa alle nuove sperimentazioni produttive.  

A gennaio è stato riportato che il prezzo dei tartufi bianchi era in picchiata. È vero? Come è variato negli ultimi mesi?

La stagione anche quest’anno non è stata delle migliori. La grande siccità e le elevate temperature estive hanno portato una distorsione nella stagione del tartufo bianco, facendola arrivare a gennaio inoltrato, dove la carenza di domanda di quel periodo ha fatto calare sensibilmente il prezzo. Purtroppo, l’incertezza delle stagioni degli ultimi anni non ci consente di avere una costanza sia nelle previsioni che nelle politiche di prezzo che naturalmente devono adeguarsi a quello che madre natura ci regala.  

Il cambiamento climatico sta influenzando l’andamento del settore? Quali misure vengono intraprese per limitare gli (eventuali) danni?

Come anticipato il cambiamento climatico sta influenzando negativamente l’andamento e le previsioni, per cui diventa sempre più importante preservare il prodotto quando ne abbiamo, attraverso i nostri meccanismi di conservazione industriale e i prodotti conservati, che ci aiutano ad allungare la stagionalità, dall’altro lato è necessario pensare al futuro di questa materia prima e come fare per continuare ad assicurarne la presenza nei prossimi anni. 

Proprio in questo senso, noi pensiamo che la tartuficoltura sia uno strumento sul quale puntare molto e su cui le nuove generazioni stanno lavorando, al fine di garantire, da qui a 10 – 20 anni un aumento della produttività naturale del tartufo, attraverso tartufaie piantate sul territorio. 

Truffleland, la azienda creata all’interno della Urbani Tartufi, si occupa proprio di questo: operando una micronizzazione di piantine tartufigene come lecci, carpini, querce e piantandole poi in altri terreni, dopo un adeguato tempo di messa a dimora in serra, riesce a raggiungere un triplice obiettivo: assicurare il futuro al tartufo italiano , ridare biodiversità ai terreni in cui vengono piantate per creare nuove tartufaie (terreni che molto spesso diversamente sarebbero abbandonati) e infine compensare CO2 con la semplice azione di piantare un albero.

Qual è la sua previsione sull’andamento del settore per i prossimi mesi?    

Il settore continua a registrare una crescita consolidata già all’inizio del 2023 con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. 

Il prodotto, come anticipato, è molto ambito soprattutto nei mercati emergenti dove la domanda è in crescita e la contaminazione di diverse culture sta portando il tartufo all’interno delle cucine di chef internazionali. 

eleonora.fraschini@lcpublishinggroup.it

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