P101, highlander coi piedi per terra

Andrea Di Camillo (nella foto) è un highlander, sopravvissuto a mille battaglie. Ne ha anche un po’ l’aspetto: barba lunga, niente giacca e cravatta, ma jeans e camicia. Il fondatore e managing partner di P101 è uscito vivo dalla tempesta che travolse il venture capital italiano all’inizio del terzo millennio. E lo ha fatto seguendo una filosofia di investimento precisa: “Piedi per terra”.
Nato a Biella nel 1970, Di Camillo ha contratto il virus dell’innovazione in Olivetti, dove entra nel 1995 per occuparsi del marketing di ItaliaOnline. Sotto l’egida di Elserino Piol, pioniere del venture tricolore, partecipa al lancio di Kiwi I, che investe nelle prime aziende con business online, come Venere e Yoox. Nel 1999 è tra i fondatori di Vitaminic e nel 2006 di Banzai. In mezzo c’è l’esplosione della bolla speculativa che si era formata attorno al Web. Ancora in fasce, il venture capital italiano viene praticamente ammazzato nella culla. Di Camillo è tra i pochi che non mollano. Banzai segna la rinascita delle società online in Italia. Tra il 2010 e il 2012 gestisce il turnaround dei fondi Principia I e Principia II. A questo punto ha sufficiente esperienza – come fund mananger e come imprenditore – per dare vita a un operatore di venture capital.

Nasce Programma 101 (P101). Il nome si riferisce al primo personal computer venduto su larga scala nel mondo, ideato, creato e realizzato da Olivetti, «un esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della moderna tecnologia digitale, ben oltre i confini nazionali». Il primo fondo raccoglie 65 milioni: pochi in rapporto agli standard di altri Paesi europei (lasciamo perdere gli Stati Uniti, non un altro mondo ma un’altra galassia), un’enormità se si pensa agli effetti devastanti dello sboom del 2000.

Il fondo P101 effettua 27 investimenti, i write-off sono quattro, come è normale che sia nel venture capital. Le exit sono nove, tra cui Musement, ceduta a Tui Group. Nel portafoglio restano, tra gli altri, Cortilia, Tannico, Borsadelcredito, Musixmatch, Milkman, Velasca e Waynaut.

I ritorni dati agli investitori con le exit e, in generale, l’andamento delle società in portafoglio «hanno validato il nostro modo di investire», dice Di Camillo. Appunto, qual è la filosofia di investimento di P101? «Posto che facciamo venture capital, e quindi c’è una componente di rischio significativa, investiamo con i piedi per terra», risponde il managing director. Insomma, dalle parti di via Chiossetto non ci sono manager disposti a puntare tutte le fiches su un’idea. «In altri fondi magari si trovano asset con maggiore potenziale», prosegue Di Camillo, «ma anche più rischiosi». P101 «investe sulle filiere» e «accompagna le aziende nel processo di sviluppo».

Alla luce dei risultati del primo fondo, nel maggio 2018 è stato lanciato il secondo, Programma 102, con l’obiettivo di raccogliere 120 milioni. Il closing finale è atteso a marzo, «ma potremmo estendere un po’ il periodo di sottoscrizione». Di fatto, il target di raccolta è già stato raggiunto: «Abbiamo 100 milioni signed, 10 milioni di soft commitment e altri 10 milioni che sono in arrivo».
Sul secondo fondo P101 ha beneficiato dell’apertura al venture capital da parte degli investitori istituzionali, come «fondi pensione e casse previdenziali». L’auspicio, ovviamente, è che le percentuali dei portafogli degli istituzionali destinate al private capital crescano sensibilmente: da questo punto di vista, i risultati dei fondi raccolti negli ultimi anni saranno la chiave. Ma, alla luce dei rendimenti ottenuti dai fondi giunti in prossimità della fine del ciclo di investimenti, ci sono ragioni per essere ottimisti. «Siamo partiti con pochi soldi, scottati dalla bolla 1998-2001, ma il ciclo c’è stato», chiosa. Il fondo P102 ha già investito in Ostecom, Wonderflow, Colvin e Habit. Altri investimenti sono in pipeline.
Accanto a P102, la sgr guidata da Di Camillo ha messo in rampa di lancio Italia 500, fondo retail nato dalla collaborazione con Azimut…

 

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