Passera-Gianni, dialogo sulla finanza (e non solo)
Prendi due professionisti di lungo corso del settore finanziario italiano e internazionale, l’uno proveniente dal mondo legale, l’altro da quelli bancario e politico, e interrogali sul futuro economico-politico dell’Italia, sul sistema delle imprese e sulla tecnologia.
Ciò che ne viene fuori è un vero e proprio dibattito tra due esperti del settore in grado di scavare a fondo e far emergere i temi principali sui quali l’attenzione pubblica dovrebbe concentrarsi. E ciò vale a maggior ragione se i due professionisti in questione sono Corrado Passera, presidente esecutivo di Spaxs e già ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e numero uno di Intesa Sanpaolo, e Francesco Gianni, partner fondatore dello studio legale Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners. I due sono intervenuti all’incontro “Dialogue on Finance” organizzato nella sede della law firm a Milano durante la Legalcommunity Week e confrontandosi sui punti nodali del settore economico-finanziario tricolore, come ad esempio il futuro delle banche, l’accesso al credito per le piccole e medie imprese, la politica economica. Ecco che cosa hanno detto.
La finanza ha avuto un ruolo molto importante sia nella nascita e formazione del nuovo governo italiano che nei contenuti proposti. C’è troppa ingerenza della finanza nella politica?
Corrado Passera: Occorre innanzitutto fare un distinguo quando parliamo di finanza, se intesa come misura di quanto accade, anche a livello politico, o come sistema che può cadere in eccessi.
Se, come è successo, si fanno annunci significativi come la volontà di non ripagare il nostro debito o quella di uscire dall’Euro, pensare che non ci sarebbero reazioni a livello finanziario è poco ragionevole. In altre situazioni abbiamo toccato con mano che una finanza eccessivamente presente ed eccessivamente sregolata, ad esempio come accaduto nel 2008, può provocare dei veri disastri.
Francesco Gianni: La finanza non è un concetto astratto ma è un elemento concreto che regola i rapporti economici e quelli tra le persone. Come tale la finanza ha bisogno di certezze e chiarezza perché se un soggetto che gestisce grandi patrimoni decide di investire lo fa dove ritiene di poter avere una maggiore sicurezza del risultato. Di conseguenza, quando a livello politico si cambiano in maniera così radicale, almeno a parole, i presupposti di un sistema economico di un Paese, ciò ha inevitabilmente dei risvolti sull’immagine e sulla fiducia di quel Paese e non mi stupisce che qualcuno decida di spostare i propri investimenti. C’è da dire però che storicamente i grandi eventi che hanno avuto impatti politici importanti spesso non sono stati determinati dalla finanza ma da altri fattori. Negli ultimi tempi, ad esempio, i social media in Italia hanno avuto delle conseguenze più importanti di quanto abbia potuto avere l’innalzamento dello spread.
Che ruolo avrà questo nuovo governo dal punto di vista finanziario e quali priorità dovrebbe darsi?
Passera: Prima di dare giudizi, sono dell’idea che dovremmo stare a vedere cosa porporrà e cosa farà questo governo e non è neanche escluso che in certi settori paralizzati dell’Italia e dell’Unione europea possano esserci degli stimoli interessanti.
Detto questo, va ricordato che rispetto all’ultima crisi l’Italia è molto più solida, la crescita è positiva e il debito pubblico a breve termine si è consolidato. La priorità è favorire questa crescita, come? Innanzitutto agevolando gli investimenti privati, e oggettivamente l’ultimo governo ha fatto delle cose positive in questo senso, e rendendo queste agevolazioni strutturali e poi aumentando gli investimenti pubblici dove i privati non intervengono, ad esempio nelle infrastrutture. In secondo luogo andrebbe investito molto sulla formazione, soprattutto perché gran parte dei lavori del passato non ci sarà più in futuro e senza un0adeguata formazione non risolveremo uno dei principali problemi dell’Italia: la disoccupazione. Questa è a mio avviso la ragione per cui due movimenti estremisti in pochi anni sono passati ad avere insieme oltre il 60% mentre i due partiti di governo sono finiti in minoranza. C’è una quota enorme della nostra popolazione che ha paura del futuro e che è arrabbiata e delusa dai governi che si sono sovrapposti nel tempo e non hanno risolto il problema del lavoro.
Gianni: Il tema della crisi esiste ma la nostra impresa ha dimostrato di saper reagire in maniera adeguata e di mettersi in posizione competitiva soprattutto all’estero, dove siamo tra i primi al mondo dal punto di vista dell’export. Il problema però è che abbiamo un mercato interno piatto e un consumo interno immobile. Ciò ci pone in posizione di svantaggio rispetto ai nostri concorrenti ed è su questo fronte che dovremmo concentrare i nostri sforzi.
In secondo luogo, la capacità competitiva degli individui è la vera ricchezza del nostro Paese e per questo l’istruzione dovrebbe essere un elemento fondamentale di qualsiasi programma di governo come il nostro ma al momento non mi sembra che questo tema venga affrontato dal contratto politico.
A livello normativo e burocratico, oggi la nostra produzione legislativa è troppo complicata ed estesa, per fare un esempio abbiamo decine di migliaia di leggi rispetto alle 3mila della Germania e abbiamo una normativa secondaria molto complessa, pensiamo al ritardo nell’emissione dei decreti attuativi che è un vizio ormai endemico nel nostro Paese. La certezza del diritto è un elemento fondamentale nello sviluppo economico di ogni Paese.
Molta della retorica delle ultime settimane si è concentrata sul debito pubblico italiano, arrivato a oltre 2300 miliardi. È davvero così insostenibile?
Gianni: Ritengo che il debito sia un vero problema, è aumentato in termini assoluti ma anche perché è sceso il Pil a causa di una diminuzione della crescita evidente. Una situazione che avremmo dovuto gestire meglio con i tassi di interesse bassi mentre adesso che torneranno ad alzarsi temo che il debito sarà un peso perché toglierà le risorse necessarie a quelle riforme sociali per la crescita del paese.
Passera: È ovvio che un Paese con oltre 2000 miliardi di debito ha una zavorra importante ma credo che il problema sia sostenibile perché l’Italia è uno dei pochi paesi ad avere ha un surplus primario. Ciò che però può renderlo insostenibile sono due elementi, il primo è uno stop della crescita – se non cresciamo non possiamo ripagare il debito – il secondo è l’incertezza sulla volontà di ripagare questo debito. Se si instaurasse l’idea che non vogliamo ripagarlo o che vogliamo ripagarlo ad esempio in lire, rischieremmo di andare in default e ciò avrebbe una serie di conseguenze molto gravi.
Un aspetto importante della crescita è la necessità di far avvicinare le piccole e medie imprese al mercato. Come si può facilitare l’accesso al credito per queste aziende?
Gianni: Questo è un tema centrale per lo sviluppo del nostro Paese e che in Italia dovrebbe essere affrontato in maniera molto più approfondita rispetto agli altri Paesi.
Non dimentichiamo innanzitutto che siamo il secondo Paese per risparmio a livello mondiale dopo il Giappone. Abbiamo importanti risorse a disposizione dell’economia, prendiamo ad esempio i fondi previdenziali che hanno una quantità enorme di denaro che raccolgono. Il problema è che queste risorse non confluiscono nel mondo dell’impresa, attraverso ad esempio i private equity, e questo è un tema che va affrontato, anche per le banche non sono più in grado di rispondere alle esigenze finanziarie degli imprenditori.
Oggi c’è un tentativo, avviato dal precedente governo, di far arrivare alle imprese le risorse provenienti dal risparmio. Tuttavia non è sufficiente soprattutto a livello di sistema. C’è da dire che rispetto al passato oggi c’è sicuramente più disponibilità a parlare di questi argomenti e pensare a degli investimenti, e certamente la disintermediazione bancaria diventerà più frequente.
Passera: Negli anni lo scenario del credito italiano è molto cambiato. In passato il monopolio era garantito per le sole banche e prima della norma del credit funds e dei minbond solo le aziende quotate potevano ricevere credito da entità non bancarie. Poi questo monopolio si è incrinato e anche altri operatori hanno potuto fornire risorse e aziende non grandi hanno avuto accesso al mercato
Stessa cosa è successa con il fondo centrale di garanzia che dotato negli anni di più risorse ha potuto consentire a tutta una certa fascia di aziende di ottenere una garanzia statale sui prestiti. Al contempo le spac si sono mostrate uno strumento facilitante del portare equity direttamente alle imprese. Tuttavia occorre fare di più, soprattutto per quelle imprese che hanno rating inferiore ad A o che sono in situazioni vicine alla crisi.
Di fatto gran parte delle banche tradizionali oggi non riesce a fornire credito a queste aziende a causa dei criteri interni che spesso le paralizzano ma c’è una grande necessità di mercato considerate le tante aziende ancora recuperabili che non trovano un interlocutore. In questo contesto, mi sono detto perché non fare una banca che si inserisca dove c’è spazio nel settore crossover che vale oggi 3-400 miliardi di valore, oltre ai 100 miliardi di utp. Con Spaxs abbiamo dunque voluto destinare una banca che sia dedicata a questo tipo di credito.
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