Private debt, la raccolta punta a 5,5 miliardi di euro
Se per crescere e diventare una pianta qualsiasi seme ha bisogno di un terreno fertile su cui attecchire, lo stesso vale in finanza per i nuovi mercati. E quello del private debt non fa eccezione. Parliamo di tutte quelle emissioni di obbligazioni e cambiali finanziarie, compresi anche i minibond, e altri strumenti ibridi provenienti principalmente dalle medie imprese, che negli ultimi tempi sono aumentate, in termini di volumi, tanto da diventare oggetto dell’attenzione degli operatori della finanza. Non a caso, alcuni di loro stanno lanciando fondi ad hoc per sfruttare le potenzialità di questo settore, in particolare in termini di sinergie con il private equity.
Nato per far avvicinare le medie imprese al mondo della finanza, oggi il private debt sta dunque diventando un vero e proprio mercato. Ciò anche in virtù di un contesto “favorevole” per lo sviluppo di questi strumenti.
Da un lato infatti, c’è stato il rallentamento del credito bancario provocato dalla crisi economico-finanziaria del 2008. Un’eventualità che, in un paese come l’Italia in cui il 90% dei finanziamenti ha origine bancaria (contro il 78% della Spagna, il 45% della Francia e il 55% della Germania), ha provocato e sta ancora provocando gravi conseguenze soprattutto per le piccole e medie imprese che hanno bisogno di capitali per sostenere la propria crescita.
Dall’altro, queste stesse pmi, spinte dall’esigenza di trovare queste risorse, hanno iniziato a guardare con meno sospetto e più attenzione il mercato dei capitali, nonostante l’assenza di un vero e proprio rapporto tra il mondo della finanza e gli imprenditori (si veda l’intervista seguente). Una spinta forte in questa direzione è poi arrivata da alcune norme contenute nei decreti Crescita (2012) e Destinazione Italia (2013) che hanno agevolato soprattutto a livello fiscale l’uso di strumenti come i minibond. Questo mix esplosivo ha fatto sì che a partire dal 2012, con il peggioramento delle condizioni di accesso al credito, ci sia stata in Italia una forte ripresa delle emissioni obbligazionarie come fonte di finanziamento alternativa, tanto da diventare, appunto, un mercato a tutti gli effetti che si sta imponendo come un valido complemento al credito bancario.
Un mercato da potenziali 5,5 miliardi
Stando a quanto rilevato da Aifi nella sua prima analisi specifica sul private debt, dal 2013 ai primi mesi del 2016 il settore ha raccolto 1,2 miliardi di euro, dei quali 200 milioni solo nei primi mesi di quest’anno. Il target previsto è di 5,5 miliardi. Una cifra, per Aifi, raggiungibile considerando che al momento sette operatori sono in fase di closing entro l’estate. Sono risorse destinate in buona parte a progetti di sviluppo e di crescita portati avanti da imprese di medie dimensioni.
In particolare il 60% delle realtà interessate ha oltre 250 dipendenti, mentre il 40% è costituito da pmi. Le imprese con meno di 50 milioni di euro di fatturato rappresentano inoltre il 21% del totale, rispetto al 69% di aziende con un fatturato maggiore. Una platea ancora di dimensioni ridotte ma che ha un grande potenziale, basti pensare che in Italia, stando ai dati Cerved, ci sono oltre 50 mila aziende virtuose con un fatturato compreso tra 5 e 100 milioni di euro, distribuite in vari settori, l’80% delle quali ha un margine operativo lordo positivo e oltre il 70% ha una capacità elevata di assolvere alle proprie obbligazioni di pagamento verso terze parti. A livello europeo questo mercato vale oggi 60 miliardi di dollari – contro i 117,4 del Nord America – trainato principalmente da Paesi come la Germania e la Francia.
Dal Fondo Italiano d’Investimento a Zenit
Quanto ai volumi, nel biennio 2014-2015 sono stati 406 gli investimenti complessivi portati avanti dagli operatori coinvolti, principalmente in obbligazioni (89%), in particolare quelle con una durata media di poco inferiore ai 6 anni, un rendimento medio del 5% e un valore tra i 5 e 10 milioni di euro (69%), che è il classico taglio dei minibond.
Complessivamente, nello stesso periodo di riferimento i fondi specializzati, escluse banche e assicurazioni, hanno investito 513,9 milioni in minibond e altri titoli di debito delle pmi italiane.
In particolare sono 26 gli operatori attivi su questo segmento individuati da Aifi, tra fondi misti di private equity e private debt e fondi specializzati promossi da sgr e altre realtà…
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