Private debt, raccolta in calo del 21%. Lo certificano Aifi e Cdp
Nel primo semestre del 2025 la raccolta totale (di mercato e captive) del private debt in Italia si è attestata a 464 milioni di euro, in calo del 21% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando era stata pari a 589 milioni. Il numero dellwe società finanziate è invece salito del 18%. La prima fonte della raccolta di mercato sono stati il settore pubblico e i fondi di fondi istituzionali (42%), seguiti da fondi pensione e casse di previdenza (20%) e dalle banche (poco meno del 20%). Guardando alla provenienza geografica, la componente domestica ha rappresentato pressoché il totale della raccolta (99%). Lo certificano i dati presentati stamane da Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) e Cdp.

LE OPERAZIONI
Nella prima parte dell’anno sono stati investiti 2.112 milioni di euro, in crescita del 66% rispetto ai 1.276 milioni del primo semestre del 2024. Il numero di società finanziate è stato pari a 94 (+18%). Escludendo dall’analisi le operazioni (per società oggetto di investimento) di ammontare superiore ai 100 milioni di euro, i dati relativi all’ammontare risultano pari a 1.073 milioni, in crescita dell’8% rispetto al primo semestre 2024 (996 milioni).
I soggetti domestici hanno realizzato il 61% del numero di operazioni, mentre il 78% dell’ammontare è stato investito da operatori internazionali. Analizzando il ruolo nella strutturazione dei finanziamenti1, emerge che nel 40% dei casi l’operatore ha agito nell’ambito di un club deal (numero contenuto di soggetti che ha strutturato l’operazione), nel 25% in qualità di arranger unico (operazione strutturata da un solo operatore di private debt) e nel 20% come partecipante a una sindacazione (adesione ad una operazione strutturata da altri soggetti). Il 73% delle operazioni sono stati finanziamenti, il 23% sottoscrizioni di obbligazioni. I dati relativi alla struttura dell’operazione mostrano una prevalenza di finanziamenti senior sia in termini di numero di operazioni (56%) che di ammontare investito (73%), seguiti dall’unitranche (12% dell’ammontare investito e 29% del numero di operazioni).
Guardando alle caratteristiche delle operazioni, dai dati emerge la presenza di uno schema di rimborso bullet nel 54% dei casi, amortizing nel 40% e semi-bullet nel restante 6%. In termini di garanzie, il pegno su azioni è la forma più diffusa, presente nel 61% delle operazioni, seguito dal pegno su quote, utilizzato nel 16% dei casi. Mediamente la durata delle operazioni è pari a quasi sei anni, mentre il tasso di interesse applicato consiste in uno spread medio di 4,90 punti percentuali sopra l’Euribor, che nella maggior parte dei casi è quello a 6 mesi; in circa un terzo dei casi i finanziamenti sono legati a criteri Esg. La leva finanziaria è utilizzata in modo prudente: nel 63% dei casi vale 2,5-4,5 volte l’ebitda della società acquisita.
In termini di obiettivo, il 48% dell’ammontare investito ha riguardato operazioni per lo sviluppo, all’interno delle quali la crescita esterna ha rappresentato la componente principale con il 39%, mentre il finanziamento dei buy out ha attratto il 27% del totale. In termini di numero, hanno prevalso le operazioni per i buy out (42%), seguite dai progetti di sviluppo (37%). Con riferimento alle caratteristiche delle società oggetto di investimento, a livello geografico, la prima regione resta la Lombardia, con il 41% del numero di operazioni, seguita dal Veneto con il 14%. Con riferimento alle attività delle aziende target, al primo posto con il 22% degli investimenti troviamo il settore dei beni e servizi industriali, seguito dall’energia e ambiente, con il 16%. A livello di dimensione delle aziende target, il 49% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 250 addetti.
I COMMENTI
“Lato investimenti, nei primi sei mesi dell’anno l’attività del private debt si è concentrata in egual modo sia sulle piccole sia sulle grandi imprese, fornendo capitali per la crescita, ma anche supportando gli operatori di private equity nelle operazioni di leveraged buy out. Sul fronte della raccolta, i valori rimangono bassi e si soffre di un ulteriore calo del 21%: serve un’azione di sistema per aumentare la dimensione degli operatori italiani”, dichiara Innocenzo Cipolletta (in foto), presidente di Aifi.
Vincenzo Paolo Carbonara, responsabile finanza per la crescita di Cdp, ha ricordato che “dal 2014 al 2024, lo stock di credito bancario alle imprese si è ridotto. Cdp ad oggi ha supportato 16 fondi di fondi di debito dal 2018 al 2024, mobilitando oltre 3 miliardi per le imprese in Italia e all’estero. Cdp inoltre ha strutturato e formalizzato un processo per la selezione di potenziali iniziative di investimenti in fondi di debito diversificati mediate una richiesta aperta ai gestori di Oicr (Rfp, Request for proposal). Tra i criteri prioritari di selezione rientra il supporto all’economia reale italiana tramite investimenti prevalentemente in strumenti di debito senior”.