PwC: Npl, transazioni a 190 miliardi. Ora tocca agli Utp
Che la partita dei crediti deteriorati si giocasse sugli unlikely to pay e non più sui non performing loans è ormai chiaro a tutti. E la consueta ricerca di PwC lo conferma, svelando l’entità di questo tipo di crediti in circolazione sul mercato.
Di positivo c’è che l’interesse degli investitori potenziali – grandi fondi e servicer – non manca e in pipeline ci sono operazioni per circa 15 miliardi di utp. Il report evidenzia che le transazioni annunciate si caratterizzano, rispetto allo scorso anno, sia per volumi lordi maggiori che per la presenza di crediti con sottostante industriale: si vedano a titolo esemplificativo le iniziative di operazioni di cessione/servicing annunciate da Intesa Sanpaolo e Unicredit in relazione a due portafogli UtP rispettivamente pari a 10 e 3 miliardi di GBV.
Gli UtP rappresentano inoltre un asset class complessa e variegata – rispetto al mercato maturo delle sofferenze – anche per gli investitori. Una gestione efficace degli UtP, volta a riportare il debitore in bonis richiederà infatti forti e specifiche competenze tecniche oltreché capacità finanziarie per (ri)finanziare il debitore stesso.
La gestione degli UtP comporterà infatti non solo conoscenza del settore economico e del mercato di riferimento del debitore, solide competenze di ristrutturazione e turnaround e conoscenze legali, ma anche la capacità di provvedere al (ri)finanziamento del credito. In un mercato in crescita ed evoluzione, l’emissione di nuova finanza, necessaria per accompagnare il debitore UtP nel percorso virtuoso verso lo status di debitore in bonis, potrebbe realizzarsi mediante diverse strutture alternative: dalle forme più tradizionali di finanziamento diretto (da parte dell’investitore solo o in partnership con la banca originator dell’UtP), alle soluzioni più innovative e strutturate quali ad esempio il ricorso a fondi di ristrutturazione e cartolarizzazioni.
In questo contesto, spiega Pier Paolo Masenza, Financial services leader di Pwc, “un ruolo cruciale nell’affrontare il problema degli UtP sarà assunto dalle cosiddette challenger banks e dai NPL servicer. I primi, combinando insieme capacità di ristrutturazione, capacità finanziarie e strategie di recupero flessibili, tecnologiche e specializzate, potranno configurarsi come i partner ideali delle banche tradizionali nei loro piani di deleverage. I secondi, attraverso i loro consolidati modelli di business, economie di scala e la conversione in corso da un approccio massivo del credito su logiche di portafogli granulari ad uno “sartoriale” definito sulla base delle caratteristiche dello specifico credito, potrebbero diventare un partner esterno fondamentale per le banche tradizionali nel guidare i processi di ristrutturazione degli UtP di queste ultime”.