Quando la nuova sinistra parla di banche e finanza nella crisi

“Le banche ora ti possono tradire, lo abbiamo capito, e per questo abbiamo bisogno di sapere come funziona questo mondo. Non possiamo farci trovare impreparati”. Scene da una Festa de l’Unità in stile milanese. A parlare è una signora del pubblico a cui abbiamo chiesto cosa l’abbia spinta a venire a seguire questo dibattito su “Banche e finanza a Milano e in Europa”. 

Un incontro con ospiti d’eccezione, come il presidente di Equita Sim Alessandro Profumo, l’avvocato e onorevole Gregorio Gitti, l’amministratore delegato di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi, ma anche l’ad di Pioneer Investments Giordano Lombardo, l’imprenditore e finanziere Francesco Micheli e l’assessore al Bilancio del Comune di Milano Roberto Tasca, in una location altrettanto d’eccezione.

La domanda alla signora è infatti lecita.

Siamo alla festa dell’Unità di Milano 2016, un grande spazio all’aperto in cui, tra tendoni adibiti a sale conferenze o punti di ritrovo, carretti di fast food e bancarelle, una specie di corridoio centrale conduce a un palco dove da lì a poco sarebbe iniziato un concerto musicale.

Per i nostalgici o per gli idealisti, quella organizzata vicino la fermata della metro Lodi quella dell’altra sera non è stata la classica festa dell’Unità dei lavoratori post rivoluzione industriale. Il tempo per l’”astio storico” verso il liberismo è finito da un pezzo. O come forse ricorda la signora, una neuropsichiatra infantile in pensione da tempo, dall’aria colta e in un elegante completo rosso, “gli intellettuali di sinistra hanno sempre parlato di finanza”. Di fianco a lei, un signore annuisce. “Sono questioni che ci riguardano sempre più da vicino”, chiosa, mentre guarda la sala riempirsi di persone, tutti circondati dai libri del tendone-libreria dove si svolge l’evento.

Le sedie sono in fila, circa una cinquantina di posti. Gli altri tutti in piedi. Pronti all’ascolto un pubblico nutrito e variegato. Uomini e donne di tutte le età, addetti ai lavori ma non solo. Neo-comunisti in camicia, espressione di una cultura che “ha capito l’importanza e l’impatto del mondo della finanza su quello del lavoro”, introduce il moderatore, Fabrizio Barini esponente Pd e banker di Intermonte. Ma anche persone piene di domande, risparmiatori che vogliono capire e sapere perché le banche stanno vivendo ora questa crisi così dirompente e che soprattutto vogliono vederci chiaro su chi ha la responsabilità della situazione in cui ci troviamo.

Sapere, appunto, per non farsi più trovare impreparati. Non solo perché in gioco, soprattutto dopo l’entrata del bail-in, ci sono i propri risparmi. Non solo perché “la banca siamo noi perché i soldi sono i nostri”, come afferma qualche giovane presente che incarna perfettamente il contesto dell’evento. Ma soprattutto perché la crisi economica ha reso evidente una possibilità che prima era solo uno spauracchio: le banche possono fallire. E trascinare nel baratro anche le imprese, il vero cuore del nostro sistema italiano che batte per oltre l’80% solo attraverso la trasfusione di credito bancario, in una più totale dipendenza.

Questo intricato rapporto tra finanza, impresa e soprattutto politica è stato svelato ed è diventato evidente con la caduta di alcuni istituti di credito che fino a poco tempo prima erano il riferimento per i cittadini e le piccole e medie imprese della loro stessa provincia.

Dal ruolo dei banchieri all’etica della finanza

Naturale dunque che al centro del dibattito ci siano stati questi meccanismi di potere, che per Profumo “ci sono e vanno scardinati: il tema chiave oggi è che bisogna cambiare totalmente il modo in cui queste aziende (le banche ndr,) sono governate. C’è bisogno di cambiare classe dirigente, trovare persone che non fanno parte del giro”.

Sono stati proprio questi meccanismi ad aver provocato in parte la crisi. In parte però, perché, ha aggiunto il numero uno di Equita, il problema è più complesso: “Se prendiamo però ad esempio una banca come Monte dei Paschi di Siena, che per tutti è stata rovinata dalla politica, possiamo vedere che in realtà non è esattamente così. Guardando al cosiddetto sistema-Siena o delle grandi imprese, dei 47 miliardi di crediti deteriorati, non sono neanche 7 i miliardi legati a quella situazione. Dopodiché ci sono 40 miliardi di crediti dati alle piccole e medie imprese e alle famiglie che non sono stati restituiti”. Per Profumo, Mps è stata “la banca delle piccola e media impresa, che nella crisi ha sofferto molto di più di altre”, ed è per questo motivo che “la banca, che voleva crescere, erogare e tenere il passo delle grandi banche, ne ha risentito”.

Secondo il finanziere gli istituti di credito stanno fungendo da “capro espiatorio per tutti i problemi del Paese” principalmente perché “troppo legate alla politica”, e spesso sono accusate di “non erogare credito all’economia reale” quando in realtà il grosso problema delle banche è in realtà che “l’economia reale non cresce, abbiamo avuto negli ultimi anni un calo del 10% del Pil” e per questo “è quasi un miracolo che sono Mps abbia avuto bisogno di un intervento statale”.

Di visione opposta Micheli, secondo il quale “questa stagnazione di due decadi è dovuta da una crisi di classe dirigente in generale nel nostro Paese e in particolare nel sistema bancario: la cattiva gestione di un settore così importante per l’economia di oggi e per un paese come l’Italia non è stato affrontato in questi 20 anni nel modo giusto e anzi la politica è stata esternamente tollerante”. Anche per questo “non sono stati presi per tempo i provvedimenti necessari come avvenuto in Spagna o in Irlanda”. Dunque se noi non abbiamo una crescita del Pil il motivo è che questo sistema bancario “non ispira fiducia alle imprese”.

Tra due visioni opposte, la questione principale è quella che per Tasca è “l’etica della finanza, soprattutto dal momento in cui consideriamo la finanza come supporto sul quale si fonda l’economia reale, anche se dovrebbe essere il contrario”. 

Ciò implica che nonostante tutto la finanza può comunque avere un ruolo positivo per le imprese, illustrato da Jerusalmi attraverso la spiegazione del progetto Elite e il segmento Aim di Borsa Italiana, così come anche l’industria del risparmio gestito, “un settore – spiega Lombardo – in cui l’Italia è centrale in termini di raccolta ma che ancora non è abbastanza attrattiva per gli investimenti”.

L’incontro termina dopo poco più di un’ora e mezza. Spazio per le domande, putroppo, non ce n’è, nonostante molti dei quesiti che avevano spinto il pubblico a partecipare non abbiano trovato risposta. 

 

SHARE