Spunta Amco nel salvataggio di Ferrarini
Nella partita per il salvataggio del gruppo Ferrarini, afflitto da circa 250 milioni di indebitamento e con 310 dipendenti, arriva anche Amco, la ex Sga controllata dal ministero dell’Economia e attiva nella gestione delle non performing exposure.
Lunedì 31 agosto la società guidata da Marina Natale ha presentato, in cordata con il gruppo Pini Italia, operatore nel settore della trasformazione di suini, ha presentato al Tribunale fallimentare di Reggio Emilia una proposta per il rilancio della società alimentare che si contrappone a quella già proposta ad agosto dai creditori Intesa Sanpaolo e Unicredit e le cooperative.
La nuova proposta
Nel dettaglio, l’offerta del tandem Amco-Pini prevede che la ex Sga – che detiene anche 40 milioni di crediti di Veneto Banca vantati verso Ferrarini – mettere a disposizione le risorse finanziarie necessarie a sottoscrivere e versare un aumento di capitale minimo di 10 milioni di euro estendibili se necessario a 20 milioni. Amco, una volta che il concordato sarà omologato, erogherà un finanziamento a medio termine di 12 milioni di euro ed entrerà nel capitale del veicolo di investimento Rilancio Industrie Agroalimentari con una quota del 20% sostituendo con azioni i crediti vantati verso le società lussemburghesi azioniste di Ferrarini rispetto ai quali il gruppo Pini si è reso coobbligato. Il gruppo Pini, dal canto suo, metterà a disposizione la propria rete commerciale. Il piano punta anche a soddisfare al 100% i creditori privilegiati e quelli in prededuzione e al 33% quelli chirografari, differenziati attraverso la formazione di distinte classi di rimborso.
Rilancio Industrie Alimentari (controllata da Pini e Amco) andrebbe a detenere l’intero capitale del gruppo Ferrarini. Amco potrà designare componenti degli organi societari e responsabili di funzioni di controllo, agendo come partner strategico nel turnaround mentre la famiglia Ferrarini resterà nel board, il gruppo valtellinese Pini holding si dedicherà alla gestione aziendale, ai rapporti con la Grande distribuzione organizzata «Mettendo a disposizione – si legge in un comunicato dell’azienda– la propria rete commerciale nel mondo (la medesima che consentirà presto al Gruppo di superare i due miliardi di euro di fatturato), consentendo a Ferrarini di aumentare in modo esponenziale il raggio di azione all’estero e di promuovere il Made in Italy».
Sempre nel comunicato si legge poi che se il piano di concordato verrà omologato dai giudici verrà realizzato un nuovo cottificio che sostituirà quello di Rivaltella, ma che sarà sempre situato nel territorio reggiano, mentre lo stabilimento in Polonia di Ferrarini sarà venduto dagli Organi della Procedura e che ogni produzione verrà trasferita in Italia.
La proposta di Amco-Pini si contrappone a quella presentata due settimane fa da Intesa e Unicredit, principali creditori del gruppo per 50 milioni complessivi, a sostegno del Gruppo Bonterre-Gsi,che controlla tra gli altri marchi anche Parmareggio, l’associazione degli allevatori Opas e Hp Srl, società che sostiene l’innovazione nel settore agricolo. Una proposta sostenuta da Coldiretti, Cia, agricoltori italiani e l’assessorato all’Agricoltura dell’Emilia Romagna. La cordata – aveva annunciato Intesa Sanpaolo all’epoca della presentazione del proprio progetto – metterà a disposizione dell’operazione capacità imprenditoriali e apporti di capitale a cui si unisce il sostegno finanziario di Intesa Sanpaolo che, con un ammontare di 35 milioni di euro disponibile per la durata del Piano Industriale presentato, intende sostenerne il successo.
Il tribunale ora dovrà visionare le proposte, fissare la data di adunanza dei creditori (sono in tutto 1.500) e poi ci saranno trenta giorni di tempo per rilanciare.