Uno scudo anti-inflazione per il risparmio degli italiani

Contributo a cura di Claudio Scardovi, fondatore e amministratore delegato di Hope Sicaf Sb

Nella sua lucida relazione annuale, il Presidente della Consob Paolo Savona ha giustamente dato grande risalto alla fase di inflazione attuale e prospettica quale “tassa iniqua che viola i principi fondanti della democrazia”. Savona propone due linee d’azione complementari tra loro: l’una, mirata a incanalare il risparmio verso le iniziative produttive delle imprese italiane; l’altra, mirata a creare portafogli che auto proteggano i risparmiatori dall’inflazione, attraverso una composizione equilibrata tra azioni corporate e immobili, entrambi collegati all’andamento dell’economia reale. Alla politica, conclude, il compito di creare la struttura giuridica più idonea per dare vita a un meccanismo protettivo del risparmio.
Alcune semplici considerazioni numeriche possono supportare al meglio la portata e il senso strategico della visione del Presidente della Consob:
Data la duration media (7,5) e il rendimento medio del debito pubblico italiano (al 2,44%), scenari inflattivi al 5% (o al 10%) ricondurrebbero il rapporto “Debito Pubblico / PIL” al 100% (o al 75% rispettivamente) al 2030, ma implicherebbero anche una perdita d’acquisto simmetrica per i detentori dello stesso (ad oggi, circa € 600 Miliardi di BTP sono detenuti da famiglie Italiane, 400 da banche). L’ingente liquidità oggi depositata dagli Italiani sui conti correnti (circa 1.600 Miliardi) subirebbe pure gli effetti della “tassa inflattiva”, con perdita del potere d’acquisto pari al 30% (53%) al 2030 per i due scenari caro-vita ipotizzati (dato l’effetto composto del tasso inflattivo).

La prima grande opportunità (la prima idea di Savona) per il risparmio domestico riguarda l’investimento “equity” (come azionisti) nelle PMI Italiane, che hanno un valore da me stimato pari a circa 3.000 Miliardi, di cui appena 500 quotato su Borsa e sottocapitalizzate, (secondo Banca Italia, 2019) per circa 500 Miliardi. Le imprese non quotate, più interessanti, sono accessibili attraverso forme di “private equity” aperte agli investitori sia istituzionali che retail. Un “private equity” che, storicamente, dati alla mano, ha prodotto rendimenti medi nell’intorno del 15-20% – a valori reali – e con limitata volatilità e basso rischio di perdite catastrofiche ;

La seconda grande opportunità (la seconda idea di Savona) per il risparmio italiano riguarda poi l’investimento diretto in fondi a gestione attiva che comprendono un mix di azioni e immobili (e infrastrutture), con massima capacità anti-inflattiva e idealmente, a mio avviso, quotati, per facilitarne l’investimento e il disinvestimento (fermo restando la proposizione da “cassettista” – di medio-lungo periodo consigliata). Un fondo quotato “multi-asset” ed anche “multi-strategy” (che investa in PMI ma anche real estate e infrastrutture) godrebbe inoltre di una maggiore diversificazione a parità di rendimento atteso – quindi di un miglior valore aggiunto economico.
Tutto questo è già oggi largamente possibile in Italia, pur richiedendo un’opera di informazione, formazione e accompagnamento da parte dei policy-maker, regolatori, istituzioni finanziarie ed operatori privati di mercato. Per la prima opportunità, la normativa cosiddetta PIR Alternative offre la piena detassazione su dividendi e capital gain agli investitori retail, alle Casse di Previdenza, Fondi Pensione e Assicurazioni Vita Italiani. Ma tale normativa è ancora spesso ignorata dagli investitori e scarsamente spinta dalle reti bancarie anche a causa delle complessità IT ad essa collegate. Per la seconda opportunità, sono oggi in fase di avvio nuovi iniziative di FIA (tra queste, quelle in forma di SICAF, a capitale permanente ed aperte anche al retail) che si qualificano come PIR Alternative e gestite su base “multi-asset” e “multi-strategy” per realizzare investimenti “equity” in Italia, alcune anche con progetto di quotazione su Borsa Italiana). Per questa seconda opportunità, nonostante il potenziale interesse degli investitori retail, la normativa Mifid 2 impone oggi filtri molto severi (“target positive”) alla promozione di investimenti illiquidi in regime di consulenza da parte delle banche rendendoli di fatto eleggibili ad appena il 3-5% della clientela e spesso con massimi di quota allocata similari. Queste (ed altre) fondamentali distonie rischiano di compromettere la visione strategica proposta da Savona: interventi di natura fiscale e legislativa sono dunque necessari e drammaticamente urgenti, per contribuire alla stagione di riforme di cui il Paese ha bisogno, per difendere il suo risparmio gestito e supportare la propria economia reale.

eleonora.fraschini@lcpublishinggroup.it

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