Venture capital, la ricetta del successo francese
Prendere esempio dai francesi. Per una volta l’Italia sembra aver messo da parte la storica rivalità e aver tentato di adottare un sistema che in Francia è risultato più che efficace. Parliamo di venture capital, un comparto che nel 2012 Oltralpe era piccolo e poco capitalizzato ma che oggi è il secondo in Europa per investimenti e raccolta: tra il 2014 e il 2016 gli investimenti in startup francesi sono cresciuti da 0,2 a quasi 3 miliardi di euro (2,7 per l’esattezza) e lo scorso anno, nel solo secondo trimestre, si sono registrate operazioni per 1,4 miliardi.
Per fare un paragone, seppur impietoso, In Italia in tutto il 2019 sono stati investiti 597 milioni. Ma lo sviluppo del mercato francese ci dice che una svolta è possibile e ora, con il nuovo Fondo nazionale Innovazione – ripreso appunto dal modello di Parigi – il governo vuole dare quella spinta necessaria per dare dignità a un comparto dalle potenzialità enormi.
Risorse, incentivi, università
In Francia, l’intervento a gamba tesa dello Stato sul settore è stato preminente soprattutto sul fronte economico. Una serie di iniziative avviate tra il 2013 e il 2014 sono culminate tre anni fa con il lancio – in collaborazione con la Caisse des depots et consignations e la banca d’investimento pubblica Bpifrance – di un fondo da 10 miliardi di euro per investire in start up e innovazione. A questa somma si sono aggiunti nel settembre scorso altri 5 miliardi raccolti tra investitori istituzionali e asset manager del paese per investire in scaleup soprattutto tecnologiche, dei quali 2 miliardi destinati alle società non quotate e 3 miliardi a quelle quotate.
«Questa inondazione di liquidità arrivata sul mercato e la proattività dimostrata dal pubblico, che per primo si è assunto il rischio di investire in un settore nuovo, hanno motivato anche gli investitori privati, dai grandi istituzionali ai professionisti del risparmio, aumentando le risorse in gioco. Ciò di conseguenza ha rafforzato la presenza dei players esistenti e ha portato alla nascita di nuovi operatori dando vitalità al settore e aumentando il numero degli investimenti», spiega a MAG Elina Berrebi (nella foto a sinistra), fondatrice assieme ad Alice Albizzati (nella foto a destra) di Gaia Capital Partners, fondo d’’investimento con sede a Parigi dedicato alle scaleup tech. Tante risorse pubbliche, quindi, ma non solo.
Come evidenzia Berrebi, «alle risorse stanziate sono stati accompagnati incentivi fiscali, ad esempio l’esenzione fiscale sul capital gain per gli imprenditori che vogliono reinvestire in fondi di venture o in investimenti diretti, e iniziative per attirare giovani startupper, come la French Tech Visa, una procedura accelerata e semplificata per chi voglia lanciare, investire o lavorare in startup tech». Nel sistema, «un ruolo fondamentale l’hanno avuto le università, che hanno aumentato corsi e iniziative per quei giovani interessati ad avviare un progetto anche attirando talenti provenienti da altre regioni».
In Italia
Fondato nel 2018, Gaia Capital Partners ha annunciato lo scorso anno il primo closing del fondo Growth I a 100 milioni – con il contributo anche di Generali – su un target di 200 milioni «che raggiungeremo auspicabilmente entro l’estate 2020», dice. La società ha anche chiuso il suo primo investimento, e cioè la partecipazione con 10 milioni quale lead investor nel round serie B di finanziamento da 20 milioni totali in Welcome to the jungle, media company dedicata al mondo del lavoro.
«In generale puntiamo a investire in operazioni di minoranza in dieci o 15 scaleup con ricavi per almeno 5 milioni di euro e con una crescita stabile, presenti sia in Francia sia in altri mercati europei, tra cui l’Italia oltre a Germania, Nordics, Uk e Spagna», racconta.
«In Italia – osserva Berrebi – c’è un ecosistema più vivace di quello che può sembrare, i molteplici fondi e business angel presenti sono molto attivi sul mercato e stanno cercando di accelerare un mercato che va ancora a rilento» ma che «presenta davvero molte opportunità, ci sono moltissime belle aziende e bei progetti, ad esempio Freeda Media o Supermercato24. Noi al momento ne stiamo esaminando un paio, ma siamo fiduciose».
Per questo motivo…
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