Marinoni: «Il consulente di oggi? Deve avere uno sguardo a lungo termine»

«Nel mercato m&a di oggi, oltre alla due diligence un consulente deve saper fare chiarezza, deve riuscire a guardare lontano e a individuare quelle storie imprenditoriali in grado di crescere e stare sul mercato nel lungo periodo». Per Andrea Marinoni (nella foto), partner di Roland Berger e responsabile del Restructuring e Corporate Finance Competence Center, affiancare i fondi di private equity e le aziende nelle acquisizioni significa dunque innanzitutto essere consci della complessità del mercato di oggi e aiutare i propri clienti a sbrigliare le eventuali matasse.

La società tedesca di consulenza strategica è presente in 34 Paesi al mondo e in Italia – il primo ufficio aperto dalla società fuori dalla Germania è stato proprio quello di Milano – lo è dal 1969.

Negli ultimi tre anni Roland Berger ha partecipato a oltre 1.100 operazioni di m&a e rifinanziamento, dei quali un terzo industriali e due terzi legati al private equity. Nel 2017 i deal sono stati 102, di cui 15 in Italia (tra signing e closing). Fra queste ci sono, ad esempio, l’acquisizione di De Nora, azienda nel campo delle tecnologie e dei processi elettrochimici, da parte di Blackstone ad aprile dello scorso anno, il passaggio di Europart, attiva a livello europeo nella distribuzione dei ricambi per veicoli industriali e nelle attrezzature per officina, alla Alpha Private Equity e l’ingresso di Italmobiliare in Tecnica Group, società nel mondo della calzatura outdoor e nell’attrezzatura da sci nota per i MoonBoot. Ma il gruppo è intervenuto, fra le altre cose, anche nel salvataggio di Fagioli, passato al fondo di turnaround QuattroR, e in questi primi mesi del 2018 ha già ampliato il proprio track record con l’assistenza a IDeA Taste of Italy nelle acquisizioni di Casa Vinicola Botter e Cds, società italiana specializzata nella produzione di chiusure in plastica per bevande.

Nel nostro Paese «siamo coinvolti nelle principali operazioni straordinarie che riguardano le aziende di grandi dimensioni e il mid-market, affiancando le aziende o i fondi lungo tutto il ciclo di vita dell’investimento», spiega Marinoni in questa intervista a MAG. «Lavoriamo sia sul mercato secondario, il mercato classico del private equity, ma anche sul primario che in Italia si sta evolvendo molto».

 

Dottor Marinoni, come cavalcate quest’onda positiva del mercato m&a italiano?

Cerchiamo di cogliere per primi quali sono le aspettative delle imprese che si aprono a nuovi capitali e a nuove dinamiche, ad esempio di governance e di modello di business. L’apertura alla nuova finanza è strumentale per il mid-market ed è finalizzata ad attività volte alla crescita, ad esempio per acquisizioni legate all’implemento della tecnologia o al rafforzamento del proprio posizionamento.

 

Quali sono secondo lei i driver che guidano l’m&a oggi?

Innanzitutto il consolidamento, quindi la volontà di fare massa critica e accelerare l’ingresso nei mercati globali, ma anche e più importante la necessità di acquisire competenze della catena di valore, a livello di ingegneria e prodotti, quindi trovare le tecnologie che combinate con quelle esistenti consentano all’azienda di ecrescere. Infine c’è il driver del completamento dell’offerta sul mercato. Queste esigenze sono alla base dell’apertura del capitale.

 

Che tipo di clienti seguite?

Dal punto di vista delle aziende, sia large, da 600 milioni a 1,5 miliardi di fatturato, sia mid- cap, dai 200 milioni di euro circa, ossia la fascia dove cui si concentra il mercato primario italiano. Come Roland Berger puntiamo a essere presenti sul segmento di imprese che saranno i campioni di domani. E poi ci sono i private equity.

 

Come agite?

Affianchiamo i fondi nell’avvicinamento alle imprese che vogliono crescere e svilupparsi e li aiutiamo a portare in azienda competenze specifiche, skills e tecnologie nuove, ad esempio se questi hanno già in portafoglio una società che è compatibile con la target. In sostanza puntiamo a creare un incontro positivo tra l’impresa e in fondo soprattutto quando quest’ultimo mette a disposizione della target una piattaforma di asset essenziali per lo sviluppo.

 

Quanti siete in Italia?

Siamo otto soci e un team di circa 100 persone in costante crescita. Siamo continuamente alla ricerca di talenti motivati e appassionati, con versatilità, curiosità e capacità di capire le situazioni complesse. Il consulente che affianca il cliente deve sempre essere resiliente e saper guardare lontano.

 

Come siete organizzati?

Per “competence centers” trasversali per funzioni e per settore. Sono centri nei quali ognuno mette a disposizione le sue competenze sia per attività che per industry con l’obiettivo di intercettare le eccellenze italiane e di lavorare con i private equity a livello globale.

 

Come giocate la partita della competizione?

Puntiamo innanzitutto sulla reputazione e il nostro track record. Poi siamo una realtà globale ma manteniamo una forte presenza locale e mettiamo a sistema questi due elementi.

 

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